Sebbene l'idea di una drammatica manomissione della datazione storica sia stata avanzata e argomentata nei secoli passati da vari autori e in diverse salse (per esempio secondo Morozov, Fomenko, Nosovski, Hardouin e Isaac Newton la storia raccontataci a scuola avrebbe almeno mille anni in più del dovuto) noi qui seguiremo esclusivamente la dimostrazione che riguarda la Pompei romana degli scavi archeologici.
In questo modo riduciamo la quantità di materiale e di osservazioni che è necessario prendere in considerazione, ma il risultato è lo stesso: se si dimostra che le persone seppellite dal Vesuvio negli scavi di Pompei vivevano nel 1600, allora questo riporta tutto ciò che fu seppellito a Pompei, templi, oggetti e storia dell'arte “romana” tra il 1100 e il 1600 d.C., cioè di 1500 anni più vicino alla nostra epoca, avallando l'ipotesi dei mille anni inventati.
Alla fine di questo articolo ci troveremo a valutare, forse per voi per la prima volta, se è possibile che Scaligero, Petavio e altri fondatori della nostra cronologia nel XVI secolo avrebbero avuto la possibilità di spalmare scritti e cronache storiche alla meno peggio su un periodo reso artificialmente troppo lungo.
Il solo Fomenko ha sviscerato questo tema nelle circa 8.000 pagine dei suoi libri. Gli antichi testi e le antiche cronologie cui fanno riferimento gli storiografi sono dovuti passare per le mani dei centri benedettini in Italia e in Francia, oppure per le tipografie di ricchi mercanti-banchieri del XV-XVI secolo (invenzione della stampa: 1455). A quel punto ebbe gioco facile la catalogazione di Scaligero (1484- 1558) e Petavio (1583-1652), fondatori della cronologia ufficiale, che per ottenere I risultati a tutti noti dovettero dare delle date sbagliate a certe eclissi o fenomeni astronomici (vedi il canale YT Fomenko in Italia)
Dunque veniamo a Pompei. Nel 1592 il conte del Sarno Muzio Tuttovilla commissionò all'Ing. Domenico Fontana la realizzazione di un canale artificiale che sequestrava una delle sorgenti del Sarno ad Episcopio, dopo aver percorso la piana di Poggiomarino per 16 chilometri si trovava davanti Pompei e 4 chilometri più in là sfociava nel mare a Torre Annunziata.
Ringrazio l'ing. Andreas Tschurilow e il prof. Anatoly Fomenko per avermi consegnato con le loro ricerche questa specie di Codice da Vinci che mi fa comprendere quanto la storia umana sia veramente una situazione tragicomica.
Tschurilow ha avuto una persistenza incredibile nel cercare elementi concreti in base ai quali poter dire che la Pompei romana seppellita dall'eruzione del Vesuvio risaliva al 1600.
Le argomentazioni su Pompei sono molteplici, ma la prova definitiva sta nel fatto che il canale del Conte del Sarno era in funzione prima che il Vesuvio seppellisse gli scavi. Pompei è attraversata per un tratto di 1.6 Km, dalla Porta Est fino all'estremità ovest, da questo piccolo bacino fluviale artificiale che sappiamo fu costruito tra il 1593 e il 1605.
Poiché secondo la storia a noi nota Pompei nel 1605 dormiva seppellita già da 1500 anni abbondanti, l'unica spiegazione che ha superato la prova della storiografia ufficiale fu che il cunicolo che passa per Pompei dev'essere stato fatto lì per caso.
Il percorso di 20 chilometri prima di Pompei e quello dopo gli scavi corrispondono ad una linea diritta. Se Pompei non c'entrava niente con la rivoluzionaria rete idrica dei borboni, la soluzione sarebbe stata una continuazione del canale in pianura e in linea dritta.
Perché l'ingegnere doveva andarsi a cercare il passaggio nel rialzo, fino a 45 metri più alto del tratto in pianura, e fare questa deviazione che si vede nella prossima foto in basso? Ma naturalmente perché doveva servire la città viva, non ancora seppellita.
Tanto più la versione ufficiale è traballante se si pensa che il canale è perfettamente integrato con i pozzi della necropoli e che la presenza di segni di corde di secchi in tensione sui muri dei pozzi, nella direzione della corrente del canale, dimostra che i pozzi antichi, la maggior parte dei quali venuti alla luce solo il 1955, erano usati quando il canale già era in uso.Quindi i pozzi antichi furono usati dopo il 1600? Nonostante secondo la versione ufficiale e le mappe degli archeologi borbonici e post-borbonici fossero rimasti sepppelliti e non ancora venuti alla luce?
Se escludiamo che i pozzi fossero stati usati tra il 1740 e il 1930, ci rimane solo da pensare che siano stati usati tra il 1600 e il 1631, prima dell'eruzione che effettivamente li seppellì insieme a Pompei.
Per non essere vera questa ipotesi, deve essersi verificato che nel perimetro degli scavi ci siano stati pozzi all'aperto senza che i vari sopraintendenti, Alcubierre (1748-), Bonnucci (1815-), il senatore Fiorelli (1863-1875), Ruggiero (1875-1893), Sogliano (1894-1905), Spinazzola (1906-1923) e Maiuri (1924-1961) se ne fossero accorti.
E anche volendo accettare questo, è difficile pensare che, con un canale che 200 metri prima è sempre stato a cielo aperto negli ultimi secoli, adiacente alla strada principale e che offriva un bocchettone per l'irrigazione proprio lì a pochi passi, qualcuno abbia sentito il bisogno di andare ad usare quei pozzi della zona scavi recintata.
Da notare che già nel periodo borbonico gli scavi furono recintati e non ci sono testimonianze o mappe in cui compaiano pozzi borbonici o pozzi all'aperto (Murano 1884).
Per capire meglio le possibili verità dimenticate su Pompei, bisogna sapere che ci sono molte testimonianze e cronache secondo cui l'eruzione del Vesuvio del 1631 fece vittime a Pompei ed Ercolano. E qui ancora altri paradossi: Pompei non era stata dimenticata fino alla sua riscoperta nel XVII secolo? Perché allora almeno una decina di libri riportano che a Pompei città nel 1631 ci furono numerose vittime?
A noi oggi rimane un canale del conte del Sarno proveniente da Poggiomarino che si avvicina a Pompei puntando il “Castellum Aquae” di Porta Vesuvio. Da notare che per tutto il suo percorso da Episcopio a Torre Annunziata il canale artificiale segue una linea dritta ed è in modalità a cielo aperto, con l'unica eccezione appunto di quello che è stato realizzato quando arriva all'altezza di Pompei. Il tragitto si sviluppa su un percorso che per il 70% è quello di un cerchio prima di rientrare nella traiettoria che aveva abbandonato in direzione Torre Annunziata.
Evidentemente questo può servire solo come forte indizio in una dimostrazione più ampia. Il conte del Sarno quale altra necessità aveva di far fare al canale una pesantissima deviazione fuori tragitto, proprio in tempo per entrare negli scavi dalla Porta Est, per poi tagliare in diagonale una città seppellita? Per apprezzare la grossa deviazione vedere questo video.
È noto che la mancanza di sorgenti o anche di corsi d'acqua provenienti dall'altopiano avessero impedito il popolamento della piana di Poggiomarino e Pompei nelle epoche remote.
A dirla tutta, si potrebbe facilmente pensare che fu quel canale a giustificare la creazione del gioiellino della cittadella romana di Pompei, con le sue terme, le fontane pubbliche ogni cento metri in tutte le direzioni, la lavanderia, le piscine e ben 46 fontane pubbliche. Il canale del Sarno entrava a Pompei dalla Porta Nord, percorrendo la città fino a sud, e dalla Porta Est, percorrendola fino all'estremo ovest.
Appena oltrepassate le mura di Pompei, il tratto del canale del Sarno che per comodità chiamiamo Est-Ovest, incontra un paio d'imponenti costruzioni idriche, laddove per oltre 150 anni di scavi non era mai stato segnalato nessun pozzo o costruzione, né dalle cartine degli scavi borbonici, né da quelle del Romani, 1884, né da quelle del Maiuri, 1931. I loro scavi furono effettuati a partire dal 1955.
Ebbene l'incontro tra il canale del conte del Sarno e queste strutture avviene sempre alla base dei pozzi ed esattamente nel centro (vedi foto in basso). L'integrazione è perfetta. Che possibilità c'era per una cosa del genere, se il canale non era stato costruito nella città viva, ma come cunicolo su un rialzo del terreno che nascondeva la Pompei già seppellita?
Inoltre il canale del conte del Sarno incrocia allo stesso modo una serie di altri otto pozzi perfettamente allineati con esso (guarda video). E che possibilità c'era che un cunicolo lungo 1.6 Km, costruito alla cieca fosse perfetto da tutti i punti di vista per la città romana funzionante? E che evitasse persino tutti i vari tumuli cimiteri romani che non erano nemmeno pochi?
Ma allora il canale doveva esistere già prima, direte voi, e risalire al 79 d.C.? La datazione del canale è a prova di bomba, perché scorse molto oro e anche molto odio in quei dieci anni di realizzazione. Nelle cronache del 1600 non si parlava d'altro: intere nuove colonizzazioni della piana di Poggiomarino furono rese possibili dal significato economico di quel canale. Molti si lamentarono della minore portata del fiume Sarno e dunque del danneggiamento di business pre-esistenti. Il progetto del Conte del Sarno di deviare una sorgente del Sarno veniva considerato megalomane. L'opera sicuramente viene celebrata come opera d'ingegneria e intraprendenza industriale dei borboni.
Quel progetto di arricchimento personale pianificato dal conte del Sarno alla fine subì portò ad un tracollo finanziario clamoroso a causa dell'eruzione del Vesuvio che impedì il rientro dei costi incorsi nella costruzione del canale. La famiglia Tuttavilla perciò soccombette ai debiti e vendette tutto quello che possedeva.
Un grosso pezzo del rientro economico previsto era stato quello a Pompei. Pompei era viva a mio avviso e gli introiti su quel fronte erano parte del piano. Perché altrimenti troviamo un mulino appena oltrepassata la Porta Est (zona II-5), che fu portato alla luce per la prima volta nel 1954? Un altro mulino si trova nella zona I-18, anch'esso attraversato dal canale. Perché altrimenti l'ing. Fontana avrebbe dovuto preferire andare a trotterellare lungo tutto il lato est per infilarsi nella collinetta dove poi il canale attraversa sotterraneo Pompei da est ad ovest, se invece avrebbe potuto benissimo continuare il canale scoperto e in linea d'aria che si trova dall'altra parte, evitando Pompei scavi e il promontorio?
Quella deviazione risulta giustificata solo nel caso che lo scopo fosse di servire la città “viva”. Riferendosi all'eruzione del Vesuvio del 1631 e al canale di Domenico Fontana, Antonio Gerardi (1632) scriveva: "Un canale d'acqua che alimentava vari mulini a Pompei fu messo completamente fuori uso dall'eruzione”.
La prova che la città e il canale erano un tutt'uno ci viene dalle osservazioni pubblicate di recente da Rispoli e Paone (Pompei scavi, lavori di sistemazione e rifunzionalizzazione 2009-2011, Rivista di Studi Pompeiani. 22/2013, pp. 126-133), secondo cui sulle pareti dei pozzi romani che il canale incrocia sul suo tracciato est-ovest nella direzione di scorrimento del canale, sono riscontrabili i solchi lasciati dalle corde dei secchi per l'acqua.
“I secchi venivano calati dall'alto dei pozzi per attingere, e a causa della corrente che li trascinava, la corda in tensione faceva attrito col bordo a valle generando questi segni nei conci di tufo”. Così scrivono i responsabili della bonifica del canale del conte del Sarno, senza però rendersi conto che quest'osservazione dell'utilizzo dei pozzi in connessione al canale faccia tremare tutta la “baracca”.Questi pozzi, a parte due eccezioni verso il tempio di Iside, sono venuti alla luce verso la metà del secolo scorso. Prima di allora nessuno li aveva visti o usati perché erano seppelliti.
Murano (1884) segnala la recinzione degli scavi della civita sin dall'epoca degli scavi borbonici. Dopo il 1950 nessuno può aver usato i pozzi del recinto scavi per attingere l'acqua dal canale non più in funzione. I segni delle corde dei secchi ci dicono che i pozzi venivano usati in congiunzione con il canale.
Incredibilmente, la scomoda presenza di quel canale del 1600 era stata spiegata come pura casualità.
Il fatto che i pozzi seppelliti abbiano funzionato contemporaneamente al canale del Conte del Sarno restringe decisamente le opzioni disponibili. Anche il reverendo Canonico Nocera si diceva convinto nel 1882 che dovevano essere state le acque della sorgente di Episcopio del Sarno ad aver alimentato i castelli acquari della città romana (“La valle del Sarno, memorie storiche sarraste, nocerine, stabiane e pompejane", 1882).
Ma parliamo un attimo anche dell'eruzione del Vesuvio che travolse Pompei nel 1631. C'è un epitaffio di cui si sa poco o niente, che ancora troneggia sulla strada Regia delle Calabrie, ora via Nazionale, verso Torre Annunziata, al Km 15, addossato alla facciata della Villa Faraone Mennella, epitaffio in latino riportato in vari libri dell'Ottocento e del Novecento, dedicato alle vittime dell'eruzione del 1631, che travolse Pompei, Ercolano (Lisina), Ottaviano e Portici (link).
Pompei fu travolta nel 1631. Vedere anche il libro del 1633 di Mascolo Giovanni Battista (1583- 1656), l'intera descrizione dell'eruzione che raggiunge e distrugge Pompei.
Ma se la cività era stata davvero seppellita nel 79 d.C., perché non è stato ritrovato uno strato d'eruzione che travolse Ercolano e Pompei successivamente, secondo quanto descritto da libri ed epitaffi? Dunque l'ipotesi che gli antichi romani della Pompei seppellita dal Vesuvio vivessero in realtà nel 1600 non è affatto illogica.
Dobbiamo affrontare in un altro appuntamento l'argomento a 360 gradi sulla possibilità che quella Pompei degli scavi possa essere stata una città del XV e XVI secolo. Qui solo qualche accenno immediato. I primi vetri trasparenti furono creati a Venezia nella metà del XV secolo da un certo Angelo Barovir. Ma allora perché lo stesso know-how già era utilizzato a Pompei? Addirittura prima del 79 d.C.? (foto sotto e fonte)
Esposti i fatti, le ipotesi di Fomenko e altri autori che hanno lavorato sullo stesso filone si presentano con un fascino ancora più intenso: la civiltà romana è di mille anni più vicina a noi rispetto a quanto ci ha indotto a credere la cronologia stabilita da Scaligero e Petavio nel XVI sec. 1000 anni inventati (approfondimento).
Resta da fare, magari in sede appropriata e con spazi adeguati, l'analisi di come fosse possibile che Pompei in quella posizione fosse dimenticata ma allo stesso tempo commemorata da carte e autori vari. Nella nostra ipotesi, nel periodo 1200-1700 fu fatto un certosino lavoro di cernita dei testi contemporanei. Quelli che parlavano di Pompei (salvo alcune eccezioni che si contano sulla punta delle dita) furono tradotti in latino e inviati indietro nella cronologia inventata.
Fomenko nei suoi libri ci ricorda che non esiste alcun documento ufficiale in latino, greco o ebraico che sia precedente al XII secolo d.C. Alla catena di montaggio necessaria per la cronologia distorta che è entrata nei libri di storia parteciparono tutti coloro che erano i diretti fruitori della possente iniezione di cultura e di tecnologia che ci fu poco prima del 1100 d.C. dalle nostre parti; per esempio la signoria dei Medici, i benedettini o le monarchie (anche dal punto di vista politico-religioso una cronologia riscritta ad hoc potesse essere utile a molti poteri - n.d.A.).
In quanto si trattava di una catena di montaggio, molti non se ne accorsero proprio, oppure riuscivano ad essere miopi abbastanza per non farsi venir dubbi. Agli occhi di coloro che invece erano più direttamente esposti queste falsificazioni erano necessarie per fini personali o per rinforzare rivendicazioni territoriali e culturali di vario tipo.
Il celebrato poeta Sannazaro nel suo capolavoro Arcadia (1504) diceva di vedere davanti a sé, nel XVI secolo, Pompei con i suoi templi, le sue case, le sue torri. Ciò è stato interpretato come una immaginifica visione poetica. Meglio questo, hanno pensato gli scribi, che dover mandare indietro nell'epoca latina anche il Sannazaro e il suo Arcadia!
Un altro esempio: lo scritto (in greco) dello storico latino Dione Cassio diceva che l'eruzione che stava narrando avveniva a Pompei a “fine autunno” (vedi), che sarebbe stato vicino al 10-17 dicembre della eruzione del 1631. Ma gli storici e i loro collaboratori tradussero la corrispondente espressione greca con “fine estate” (vedi), nonostante le cantine di quella Pompei erano stracolmi di castagne, uva e simili raccolti di fine autunno.
Volendo entrare in qualche dettaglio nel lavoro in cui Andreas Tschurilow mette sotto esame il canale del Conte del Sarno, ricorderò varie cose al volo.
(1.) Il pozzo in Vicolo del chitarrista, non a caso, è l'unico ad avere una porta. Infatti sotto di esso non solo passa il canale del conte del Sarno, ma anche un canale secondario il cui scopo era di regolazione del flusso idrico e manutenzione ordinaria. Per questo il pozzo ha una porta. Ma dunque Domenico Fontana non può aver scavato un cunicolo qualsiasi, ma quello che serviva alla città non ancora seppellita!
(2.) Il pozzo che segue quello del Vicolo del chitarrista è costruito con una finestrella. La spiegazione che il Fontana abbia costruito i dieci pozzi sopra il canale del conte del Sarno decade una volta di più, perché in cunicoli sotterranei scavati in una presupposta collinetta (questa la versione ufficiale) le finestrelle incorporate ai pozzi non hanno senso.
(3.) Casa del Menandro presenta un pozzo attraversato dal canale del conte del Sarno. Questo pozzo è posizionato esattamente dove si poteva posizionare nel giardino, cioè a ridosso di una fila di colonne che gli passano sia a fianco che dietro. Quindi un pozzo integrato al canale è, una volta ancora, posizionato come se fosse stato costruito nella città non seppellita. Insomma non fu costruito da un Fontana che scavava attraverso una collina e che aggiungeva pozzi al suo canale man mano che scavava.
(4.) Il tempio di Iside ha un pozzo, anch'esso centrato in pieno dal percorso del canale del conte del Sarno. La scoperta di questo pozzo a scavi inoltrati del tempio di Iside è perfettamente documentata. Cioè si scava per scoprire tutto il tempio e si porta alla luce il pozzo. Incredibile che il pozzo venga perfettamente servito dal canale del conte del Sarno. Incredibile il numero di cose impossibili che sarebbero dovute succedere con lo scavo al buio del canale da parte dell'Ing. Domenico Fontana.
(5.) Volendo ribadire le parole dell'Ing. Domenico Murano (1884, p.128): “Prima di passare poco discosto dalla Porta Tertia [Porta Nord], il canale regolato di Domenico Fontana si svolge con forte gomito attraversando Pompei da Est ad Ovest con leggera curvatura, esce dalla città poco lungi dalla casa di campagna di Diomede, Il luogo per dove arriva il detto tratto e quello per dove esce si riscontrano in direzione e quasi a filo; ciò rafforza la congettura esposta avanti secondo cui il canale stesso si continuava secondo la linea che si potrebbe tirare pei luoghi indicati, tra Porta Tertia e Porta Secunda, le quali erano direttamente esposte alla prepotenza dell'eruzione del Vesuvio."
Ricordiamoci qui che gli ingegneri moderni hanno dimostrato che il Castellum Aquae della Porta Tertia (Porta Vesuvio) era il punto di partenza di un sistema di tubature che attraversavano la città romana da nord a sud. Già nel 1884 Domenico Murano sostenne che era esistito un secondo ramo del Canale artificiale del Sarno che entrava in città dalla “Porta Vesuvio” per alimentare la città con canali che la percorrevano da nord a sud.
(6.) La data attribuita alla morte di Pompei (24 agosto del 79 d.C.) fu basata solo su due considerazioni:
- (a.) che Pompei fosse stata vittima dell'eruzione descritta nelle lettere di Plinio il giovane a Tacito.
Ma come scriveva Lippi nel 1816 contestando I dati su Pompei, l'autore non dice una parola sola dell'eccidio delle due città. “Come va questo, se Plinio era contemporaneo? Se egli era letterato e scrittore? Io per me non posso attribuire il silenzio di Plinio, che o ad una. somma indolenza, o al non evento del fatto. Mi attengo a quest'ultima opinione, non potendo supporre in Plinio un'indolenza così grande. Come Plinio ci parla tanto prolissamente della morte del zio, ossia d'un sol uomo, accaduta nell'eruzione del 79, e non ci dice una parola sola della distruzione intera, di due così celebri città!
Questo viene anche confermato dal seguente passo della seconda lettera a Tacito, nella quale parlando Plinio di quella eruzione dice così: Non è mancato chi con terrori mentiti, e finti avesse ingranditi i veri pericoli. Io lascio agl'istorici la cura di fare l'apologia della storia, ed io proseguendo il filo del mio argomento cercherò di smentirla colla geologia.”
- (b.) La seconda considerazione decisiva per collocare la morte di Pompei nel 79 d.C. fu che l'evento fosse stato descritto dalla “Storia Romana” scritta nel terzo secolo da Dione Cassio. Sempre Lippi ricorda che lo scritto di Cassio “contiene li più mostruosi assurdi” e non è da prendere certamente alla lettera. “Tito guarisce un cieco applicandogli uno sputo agli occhi, sana la mano languida d'uno storpiato, calpestandogliela. Nel principio dell'eruzione si veggono giganti andar vagando per l'aria e per le terre vicine, e si sente uscir fuora dal Vesuvio un suono di trombe. Finalmente una pioggia di sassi immensi trafigge il bestiame e per colmo di fatalità cuopre interamente le due città di Pompei e d'Ercolano, nel mentre il popolo nel teatro sedea”.
“Dione, dunque, ha scritto sogni, ed uno di questi, quello cioè della distruzione e sotterramento di Pompei e d'Ercolano dall'eruzione del 79, ha mirabilmente fatto fortuna, per essere diventato un punto strepitoso, classico, e favorito degli antiquarj, e degl'istorici per lo spazio di XVII secoli.”
(11.) L'opera di De Luca (1864) ci dice che un cane stava morendo vittima di certi vapori tossici e gas tossici volatili (mofette) durante gli scavi, ma allora come avrebbe potuto Domenico Fontana far scavare un cunicolo sotterraneo proprio in quella collinetta infestata, per una lunghezza addirittura di 1.6 Km?
(12.) La struttura e la manifattura esterna del canale che attraversa la città non lascia spazio a dubbi, scrive l'ing. Tschurilow, che fosse stato costruito con il “metodo a fossa”, a cielo aperto (trench method), e non con il metodo a cunicolo (shaft method), per vie unicamente orizzontali.
I termini Revisione della cronologia o Nuova cronologia descrivono il lavoro del gruppo di studiosi che vedono la necessità, tra le altre cose, di datare la storia “romana” tra il 1000 e il 1600 d.C. Tra gli altri Garry Kasparov (link) si dice sicuro di poter mettere sulla buona strada qualsiasi studioso di storia che voglia esporsi ad una valutare seria dei dati raccolti.
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