Capitolo 1: Le cronache russe e la versione Miller-Romanov della storia russa.
- I primi tentativi di scrivere la storia dell’antica Russia.
Una buona panoramica dei tentativi di mettere per iscritto la storia russa la storia viene offerta da V.O. Klyuchevskiy ([396], pagine 187-196). I fatti che racconta non sono conosciuti ad un pubblico molto vasto, eppure sono molto interessanti. Li riportiamo secondo il racconto di Klyuchevskiy.
1.1 Il XVI-XVII secolo e l’editto di Alessio Michajlovic.
È risaputo che le origini della storia russa risalgono al XVIII secolo e che gli autori furono Tatischev, Miller e Schlezer. Cosa fecero i loro predecessori per conoscere la Russia di Kiev? Praticamente niente, a quanto pare. Tuttavia, sappiamo che i russi stavano dimostrando interesse per la loro storia antica già nel XVI-XVII secolo.
Secondo V. O. Klyuchevskiy, “l'idea iniziale di studiare la storia collettivamente è anteriore a Schlezer per moltissimi anni… in questo senso, il XVI secolo è particolarmente importante, poiché fu il periodo di massimo splendore cronologico… i governanti russi e lituani fecero compilare moltissime cronache singole; si trattava di opere vaste e complete, con tanto di indici dettagliati e tavole genealogiche… Nelle narrazioni cronografiche si cominciavano a vedere i primi segni di criticismo storico; ci furono tentativi di farle corrispondere a un piano metodico e si cercò di inserire alcune idee politiche note all’epoca... Venne compilata una gigantesca raccolta di cronache, a cominciare dalla leggenda di Vladimiro II il Monomaco che fu incoronato imperatore bizantino” ([396], pagina 188).
A quanto pare, la versione della storia russa che ebbe inizio con Vladimiro Monomaco fu creata in quell’epoca. Nei capitoli successivi prenderemo in considerazione il suo processo di creazione; per ora ci limitiamo a dirvi che la prima Russia di Kiev, ossia la storia russa prima di Vladimiro II, sembra essere stata esclusa in questa versione.
Fu seguita da un periodo di inattività che terminò intorno alla metà del XVII secolo, quando “il 3 novembre 1657 lo zar Alessio Michailovic diede ordina di creare un ufficio speciale noto come Ufficio Cronache e nominò a un impiegato di nome Kudryavtsev di “scrivere gli ordini e i gradi reali, a partire dal grande zar Fëdor Ivanovic”; in altre parole, l'impiegato doveva continuare il Libro dei Gradi Reali (Stepennaya Kniga), che terminava con il regno di Ivan il terribile. Il capo di questo nuovo ufficio era assistito da due scrivani e da sei funzionari minori…
Questa “commissione storiografica”, per mancanza di una parola migliore, dovette affrontare moltissimi problemi all’inizio; quando finalmente ciò accadde, gli storiografi si trasferirono in un’angusta e squallida capanna di legno, che dovevano condividere con detenuti e guardie. Tutto ciò era in contrasto con l’editto reale. I funzionari minori non vennero nominati affatto; persino l'Ufficio degli Ambasciatori si rifiutò fermamente di fornire documenti alla commissione. La ricerca delle fonti fu un compito davvero arduo... [Kudryavtsev] si rivolse a un ufficio dopo l'altro, ottenendo sempre la solita risposta che non c'erano libri disponibili ad eccezione della regolare documentazione d'ufficio, nonostante il fatto che successivamente furono rinvenuti manoscritti e alcuni documenti molto utili...
Verso la fine del 1658 lo zar stesso indirizzò l’attenzione del suo storiografo verso un importante archivio di documenti storici: la Biblioteca Patriarcale. Kudryavtsev si impossessò del catalogo della biblioteca e indicò i manoscritti di cui aveva bisogno. Tuttavia... l'ordine reale rimase inadempiuto ancora una volta... l'ufficio patriarcale rispose che lì non c’era “nessun documento disponibile” con informazioni sui patriarchi, i metropoliti e i vescovi del regno di Fedor Ivanovich e quelli successivi. Non ci fu un solo ufficio che si prese la briga di dare una risposta a Kudryavtsev, nonostante le sue numerose segnalazioni...
Quando Kudryavtsev fu sollevato dal suo incarico all'inizio del 1659, da nessuna parte si trovarono i frutti dei suoi 16 mesi da storiografo. Il suo successore sottolineò che “l’Ufficio delle Cronache nemmeno iniziò a soddisfare l’ordine reale”. Era sparito persino il vecchio Libro dei Gradi Reali, che l'ufficio avrebbe dovuto continuare, e nessuno dei funzionari aveva idea di dove fosse finito o cosa venne scritto nei nuovi capitoli. Tuttavia, anche il secondo impiegato non riuscì a portare a termine nessuno dei due lavori” ([396], pagine 189-190).
Tutto quanto detto sopra ci porta alle seguenti e ovvie conclusioni:
- I primi ordini reali per “iniziare la scrittura delle cronache storiche” risalgono alla metà del XVII secolo, durante il regno di Alessio Michailovic Romanov.
- Le persone preposte all'adempimento dell'ordine non riuscirono a trovare nemmeno un documento relativo all'ultimo secolo della storia russa.
- La scomparsa del famoso Libro dei Gradi Reali è davvero molto strana.
- Le condizioni di lavoro create per la prima commissione storiografica per qualche mistero non erano affatto all’altezza del suo status. L’editto reale venne di fatto sabotato!
Pare proprio che V. O. Klyuchevskiy avesse ragione ad osservare che “né la mente dei moscoviti, né i documenti che avevano a loro disposizione all’epoca... eravamo pronti per un compito come questo” ([396], pagina 190). L'implicazione è che i documenti siano comparsi più tardi. Può essere che siano stati fabbricati successivamente? In questo caso, non sorprende affatto che Kudryavtsev non abbia mai trovato nulla. L'editto di Alessio Michailovic potrebbe essere servito da incentivo per la creazione dei documenti, che poi “emersero” alla fine del XVII secolo. Klyuchevskiy ce lo dice direttamente: “alcuni documenti e manoscritti molto utili furono trovati più tardi” ([396], pagine 189-190).
Naturalmente, Klyuchevskiy sembra riferirsi a fonti risalenti esclusivamente alla fine del XVI – inizio XVII secolo, ovvero a documenti dell'epoca che precedeva immediatamente il regno di Alessio Michailovic. La conclusione che trae è che questi documenti apparvero già dopo Alessio Michailovic. In questo caso, ha senso supporre che se la commissione non riuscì a trovare alcun documento del XVI-XVII secolo, la situazione con le epoche precedenti era molto peggio. Ci si potrebbe chiedere se la “vasta compilazione di cronache” con interpretazioni storiche degli eventi a partire dal regno di Vladimiro Monomaco fosse davvero esistita all’epoca di Kudryavtsev, come pure il “Libro degli Zar” che descriveva l'epoca di Ivan il Terribile. Avrebbe potuto essere stato scritto, o persino pesantemente modificato, già dopo il periodo di Kudryavtsev?
A quanto pare, siamo stati abbastanza fortunati da essere inciampati proprio nel momento in cui vennero create le cronache russe più “antiche”. Anche la celebre “Povest Vremennyh Let” (“La Cronaca degli Anni Passati”) probabilmente fu creata qualche tempo dopo, vedi sotto. Al giorno d'oggi è estremamente difficile dire quali fossero le vere prove storiche su cui si basavano tutte queste cronache “antiche”. Tali prove devono essere esistite nell’epoca di cui ci stiamo occupando ora, tuttavia la maggior parte di esse deve essere scomparsa prima dei nostri giorni. Al giorno d’oggi l’unico mezzo per studiare la storia pre-romanoviana è attraverso il prisma distorto delle cronache scritte o modificate dopo l'epoca di Koudryavtsev.
Dobbiamo andare avanti e dire ai lettori che numerosi documenti antichi risalenti al XV-XVI secolo sono tuttavia giunti fino ai nostri giorni: editti, contratti, libri stampati, fonti ecclesiastiche ecc. Tuttavia, il loro studio dettagliato rivela un quadro della storia russa completamente diverso da quello che viene insegnato oggi nelle scuole. Quest'ultimo deve la sua esistenza all'editto di Alessio Michailovic e alle opere degli storici del XVIII secolo: Tatishchev, Bayer, Miller e Schlezer. Ne discuteremo nei dettagli più avanti.
1.2 Il XVIII secolo: Miller.
Dopo averci parlato dell'impiegato Koudryavtsev, Klyuchevskiy salta Tatishchev e procede raccontandoci di Miller, la cui ricerca storica iniziò all'epoca di Elisabetta Petrovna. Cerchiamo di capire perché Klyuchevskiy non menziona Tatishchev. Dopotutto, quest'ultimo era vissuto all'epoca di Pietro il Grande, ossia prima di Elisabetta Petrovna. È risaputo che Tatishchev fu il primo storico russo. Perché Klyuchevskiy decise di ometterlo? Sembra che avesse perfettamente ragione a farlo.
Il fatto è che il libro di Tatishchev dal titolo La Storia Russa dai Primi Giorni allo Zar Michele fu pubblicato per la prima volta, dopo la morte di Tatishchev, nientemeno che da Miller! Pertanto, la prima versione della storia russa è stata pubblicata da Miller, un tedesco, vedi sotto.
Citiamo un altro passaggio di Klyuchevskiy: “Viaggiamo fino all'epoca dell'imperatrice Elisabetta e i primi anni del suo regno. Fu in quei giorni che lo scienziato straniero Gerhard Friedrich Miller venne coinvolto in laboriose ricerche sulla storia russa e si mise a lavorare presso l'Accademia delle Scienze. Trascorse quasi dieci anni viaggiando per tutta la Siberia e studiando gli archivi locali. Percorse più di trentamila verste e nel 1743 portò a San Pietroburgo un'enorme quantità di documenti copiati” ([396], pagina 191). Miller viene conosciuto come uno dei fondatori della scuola storica russa, insieme a Bayer e Schlezer.
Facciamo un riassunto:
- Miller fu il primo ad aver pubblicato la versione completa della storia russa proprio nella forma che conosciamo oggi.
- È molto strano che Miller riporti dei documenti storici “dalla Siberia”, nemmeno i documenti veri, ma piuttosto delle copie scritte a mano che si era fatto da solo. Potrebbe voler dire che non trovò vecchie cronache né a Mosca, né a San Pietroburgo; ossia in tutta la Russia centrale. Non può forse essere che questa sia una ripetizione dello scenario che accadde con l’editto di Alessio Michailovic, quando il suo stesso impiegato non riuscì a trovare fonti storiche da nessuna parte nella capitale?
- A partire da Miller in poi, la versione consensuale della storia russa è rimasta praticamente immutata. Pertanto, le versioni successive redatte da Karamzin, Solovyov, Klyuchevskiy e altri, sono di poco ci interessa a questo riguardo. In realtà, stavano tutti elaborando i materiali di Miller.
1.3 Breve corollario.
La versione consensuale dell'antica storia russa fu creata a metà del XVIII secolo e si basava su fonti scritte o modificate tra la fine del XVII e l'inizio del XVIII secolo. A quanto pare, l’epoca compresa tra la fine del XVII secolo e la metà del XVIII, è proprio quella in cui fu creata la versione moderna della storia russa. In altre parole, la storia russa, nella sua forma attuale, è nata all'epoca di Pietro il Grande, Anna Ivanovna e Elisabetta Petrovna. Dopo la pubblicazione della Storia di Karamzin, questa versione divenne ampiamente conosciuta (solo pochi eletti la conoscevano prima). Alla fine venne introdotta nel corso scolastico di storia.
La nostra analisi dimostra che questa versione della storia russa è sbagliata. Scoprirete di più su questo argomento nei capitoli successivi.
2. La versione consensuale della storia russa e la sua genesi. Il motivo per cui tutti i fondatori della scuola di storia russi erano stranieri.
Prima abbiamo seguito il racconto di Klyuchevskiy sui primi passi nella creazione della storia russa. Ricordiamo ai lettori i seguenti fatti:
- Il XVI secolo fu il periodo di massimo splendore della storiografia. A quanto pare le cronache dell’epoca iniziarono con la leggenda di Vladimiro II il Monomaco che viene incoronato imperatore bizantino.
- Tenete presente che il 3 novembre 1657, lo Zar Alessio Michailovic diede ordine all'impiegato Koudryavtsev di continuare il Libro dei Gradi Reali, che terminò bruscamente durante il regno di Ivan il Terribile. Koudryavtsev non poté adempiere all'ordine dello za, poiché non riuscì a trovare alcuna fonte adeguata né nella biblioteca reale né in quella patriarcale. Non riuscì nemmeno a trovare il libro che avrebbe dovuto continuare.
In questo caso, come può essere vero che nel 1672 “l'ufficio degli Ambasciatori preparò il “Grande Libro Solenne, ossia le Radici dei Sovrani Russi” (noto anche come Il Libro dei Titoli, vedere [473], pagina 8)? Questo libro conteneva i ritratti dei gran principi e degli zar, a partire da Ryurik per finire con Alessio Michailovic, tutti disposti in sequenza cronologica. Prendiamo in considerazione quanto sopra con più attenzione. Non si riuscì a trovare da nessuna parte nemmeno un documento vecchio di un secolo, eppure il libro conteneva un ritratto di Ryurik, presumibilmente vecchio di 800 anni.
Questo è lo stesso periodo in cui si verificarono ed elaborarono moltissimi libri genealogici privati ([473], pagina 8). Vennero raccolti in un'unica fonte ufficiale: “Il Libro Reale della Genealogia”. La versione ufficiale romanoviana della storia russa pare che sia stata creata nello stesso periodo; non a caso la sua prima versione stampata, la cosiddetta “Sinossi”, uscì nel 1674.
Successivamente fu pubblicato il “Velvet Book”, che conteneva gli alberi genealogici dei boiardi e dell'aristocrazia russa ([473], pagina 8). Ciò coincide con il periodo in cui i libri furono ampiamente confiscati per essere “corretti”, a seguito delle riforme del Patriarca Nikon.
La confisca dei libri continuò sotto Pietro il Grande. Bisogna prestare attenzione al seguente fatto importante: il 16 febbraio 1722, “Pietro il Grande si rivolse a tutte le chiese e ai monasteri con il seguente decreto. Dovevano “inviare al Sinodo moscovita tutte le cronache e i materiali cronografici che erano in loro possesso, sia su pergamena che su carta”; era loro vietare tenersi del materiale. Inoltre, fu loro promesso che detti materiali sarebbero stati restituiti dopo la copiatura. Allo stesso tempo, il Sinodo ricevette l'ordine di inviare dei rappresentanti in tutte le regioni, per studiare e raccogliere le cronache” ([979], pagina 58). Si trattò di un'altra epurazione delle biblioteche russe intrapresa dai Romanov, il cui obiettivo era la distruzione di tutte le fonti storiche russe. Ci si potrebbe chiedere se Pietro mantenne davvero la promessa di “restituire i manoscritti originali” ai monasteri lontani e si fosse tenuto solo delle copie? Abbiamo molti dubbi al riguardo.
È risaputo che la versione “scientifica” consensuale della storia russa può essere fatta risalire a Tatishchev, Schlezer, Miller e Bayer, tutti vissuti nella seconda metà del XVIII secolo. Diamo un breve cenno delle loro biografie.
Tatishchev, Vassily Nikitich – 1686-1750, storico e funzionario statale russo. Nel 1720-1722 e nel 1734-1737 diresse le fabbriche statali nella regione degli Urali; dopodiché divenne governatore di Astrachan, 1741-1745 ([797], pagina 1303). Tuttavia, abbiamo scoperto che l'esatta natura dei suoi scritti, o addirittura il fatto stesso della sua paternità, è una questione di massima oscurità, vedere di seguito così come in [832] e [979]. Nella fig. 1.1 potete vedere un ritratto di Tatishchev.
Figura 1.1
. V. T. Tatishchev. Incisione di A. Osipov del XVIII secolo.
Tratta da [331], volume 1, pagina 359
. Vedi anche pagina 64.
Bayer, Gottlieb Siegfried – 1694-1738, storico e filologo tedesco, membro dell'Accademia di San Pietroburgo nel 1725-1738, “autore della teoria pseudo-scientifica normanna” ([797], pagina 100). Nonostante soggiornò in Russia 12 anni in Russia, non imparò mai la lingua russa ([979], pagina 4). Klyuchevskiy scrisse quanto segue su Bayer e Miller: “I dotti accademici stranieri furono costretti ad affrontare la questione [dei Variaghi – Aut.] … la loro familiarità con la lingua russa e… le loro fonti storiche erano scarse o inesistenti… Bayer... ignorava il fatto che... il testo Sinossi non fu mai effettivamente una cronaca” ([396], pagina 120).
Vogliamo spiegare che la Sinossi fu la prima versione della storia romanoviana della Russia ad essere stata pubblicata. Non ha nulla in comune con una cronaca e venne compilata per fungere da libro di storia russa. Il fatto che Bayer non riuscisse a distinguerla da una cronaca, la dice lunga sulla sua familiarità con le fonti storiche russe.
Miller, Gerhard Friedrich – 1705-1783. Storico tedesco. Arrivò in Russia nel 1725. Miller “raccolse un gran numero di documenti copiati [ci si chiede quale sia stato il destino degli originali – Aut.] sulla storia russa (il cosiddetto portafoglio di Miller)” – vedere [797], pagina 803.
Schlezer, Augusto Ludwig – 1735-1800. Storico e filologo tedesco. Rimase in servizio in Russia tra il 1761 e il 1767. Divenne membro onorario straniero dell'Accademia delle Scienze di San Pietroburgo nel 1769, dopo essere tornato in Germania nel 1768 ([797], pagina 1511). Fu il primo ricercatore della versione originale della più antica cronaca russa: la Radzivilovskaya Letopis, ovvero la famosa Povest Vremennyh Let ([715], Volume 2, pagina 7; vedi sotto).
Va detto che ha senso escludere Tatishchev dalla lista dei primi storici russi, perché la sua Storia, scritta presumibilmente prima di Miller, era scomparsa. Le Bozze di Tatishchev, pubblicate da Miller, rimangono l’unico materiale scritto sotto il nome di Tatishchev che abbiamo a nostra disposizione. Vedere sotto e in [832].
Nonostante tutto ciò, già nel XX secolo, dopo la rivoluzione del 1917, gli storici trovarono diversi manoscritti presso archivi privati, che potevano essere versioni della “vera” Storia di Tatishchev. Tuttavia, gli stessi storici ammettono che tutte queste copie erano eseguite con una grafia diversa. Si suppone che Tatishchev le abbia “modificate” e che forse abbia scritto diversi passaggi minori ([832], Volume 1, pagine 59-70).
La creazione della Storia di Tatishchev e il motivo per cui non riuscì a pubblicarla, sono documentati nelle memorie di Schlezer ([979]; vedere anche [832]). Sappiamo che: “V.N. Tatishchev… nel 1719 ricevette la copia di Nestore dall’archivio di Pietro [una copia della Radzivilovskaya Letopis prodotta per Pietro il Grande a Königsberg – Aut.], che copiò immediatamente per sé... nel 1720... Tatishchev fu inviato in Siberia... dove trovò una vecchia copia da Nestore, un vecchio monaco credente. Rimase completamente sbalordito quando scoprì che questa copia era drasticamente diversa dalla precedente. Come il sottoscritto, era dell'opinione che ci sia stato un solo Nestore e un'unica cronaca” ([979], pagine 52-53).
Alla fine questa opinione “si manifestò essere vera”, dal momento che oggi tutto ciò che abbiamo in nostro possesso per descrivere la storia dell’antica Russia è un unico testo: la Povest Vremennyh Let. Le altre fonti, comprese quelle antiche originali, a quanto pare furono distrutte o nascoste.
Continuiamo riportando che:
“Alla fine Tatishchev riuscì a collezionarne dieci copie. Le usò, così come le altre versioni di cui venne a conoscenza, per compilare l'undicesima... nel 1739 la portò da Astrakhan a San Pietroburgo... Mostrò il manoscritto a un certo numero di persone; tuttavia, anziché incoraggiamento e sostegno, incontrava delle obiezioni bizzarre e riceveva consigli per tenersi alla larga da questo tentativo” ([979], pagine 52-53).
Poco dopo Tatishchev fu sospettato di essere un libero pensatore ed un eretico. Ecco cosa si diceva al riguardo: “Fu così sbadato da aver espresso un certo numero di considerazioni audaci, che potrebbero portare persino al sospetto pericolosissimo di eresia politica. Questo fu senza dubbio il motivo per cui nel 1740 il frutto dei suoi due decenni di lavori non fu pubblicato” ([979], pagina 54). Successivamente, Tatishchev cercò di pubblicare le sue opere in Inghilterra, ma senza successo ([979], pagina 54).
Pertanto, il lavoro di Tatishchev andò perduto e successivamente pubblicato da Miller seguendo manoscritti non identificati. Si presume che Miller abbia pubblicato quest'opera perduta e scritta da Tatishchev, utilizzando le “bozze” di quest'ultimo ([832], Volume 1, pagina 54).
“Al riguardo, Miller scrive di... avere a disposizione una 'copia scadente'... e giura di non essere in grado di correggere i numerosi “errori di penna” che la cronaca presumibilmente contiene... Nella sua prefazione al primo volume, Miller menziona anche la sua direzione editoriale del testo di Tatishchev... Tutte le successive critiche di Miller non furono altro che reiterazioni di ciò che diceva nella prefazione, dal momento che nessuno dei suoi critici si è mai imbattuto nei manoscritti [di Tatishchev] usati da Miller, né in nessun altro manoscritto della Storia di Tatishchev; persino i primi [quelli presumibilmente utilizzati da Miller - Aut.] sono scomparsi e rimangono sconosciuti fino ad oggi” ([832], Volume 1, pagina 56).
Inoltre, sull’argomento in [832] troviamo l'opinione di G. P. Boutkov, “il famoso accademico e autore di “In Difesa delle Cronache Russe”. Secondo Boutkov, la Storia di Tatishchev “non venne affatto pubblicata in originale, ma piuttosto una copia di pessima qualità...” Inoltre, “quando la copia fu pubblicata, tutte le opinioni dell'autore che sembravano troppo libertarie [a Miller], furono omesse dalla pubblicazione, e ci sono molte altre lacune”.
Boutkov giunse alla conclusione che era impossibile dire con esattezza dove Tatishchev si fosse fermato cronologicamente, quali parti dei testi avesse scritto o meno, e di chi fosse la colpa se c’erano molte “incoerenze e discrepanze” tra il testo attuale e quello originale” ([832], Volume 1, pagina 56). In altre parole, i commenti di Tatishchev alla pubblicazione di Miller contraddicono il testo.
Inoltre, la pubblicazione del lavoro di Tatishchev da parte di Miller, per alcuni motivi non contiene la prima parte dell’opera, quella che descrive la storia russa prima di Ryurik. “Il testo della prima parte della Storia di Tatishchev è stato omesso dal manoscritto risalente al 1746, dove fu sostituito... da un breve riassunto del contenuto” ([832], Volume 1, pagina 59).
Non si può fare a meno di sottolineare che Tatishchev trovò la Povest Vremennyh Let tutt'altro che affidabile, almeno la sua prima parte. I manoscritti a lui attribuiti (quelli trovati nel XX secolo presso alcuni archivi privati) ci dicono esplicitamente che “il monaco Nestore non sapeva molto degli antichi principi russi” ([832], volume 1, pagina 108). Le informazioni che trovò attendibili provenivano da manoscritti e racconti popolari dichiarati assurdi dagli storici moderni. A quanto pare, Tatishchev era riuscito a capire molto più della storia russa di quanto “diceva”. A quanto pare, il suo libro fu distrutto e l'autore fu dichiarato eretico; tuttavia, il suo nome fu usato cinicamente post mortem.
Un commentatore moderno scrive quanto segue nel tentativo di trovare una “scusa” per Tatishchev: “Possiamo dare davvero la colpa a uno storico vissuto nella prima parte del XVIII secolo, per aver creduto alla Ioakimovskaya Letopis, quando anche ai nostri giorni ci sono autori che frugano nei racconti favolosi di Artynov da Rostov, alla ricerca di versioni di eventi reali, risalenti al periodo della Russia di Kiev? ([832], Volume 1, pagina 51).
Segnaliamo infine un palese dettaglio che rende i nostri sospetti ancora più fondati e dimostra quanto velocemente potesse cambiare la situazione dei materiali storici russi nel XVIII secolo. È venuto fuori che “Tatishchev aveva utilizzato proprio i materiali che non sono sopravvissuti fino ai nostri giorni” ([832], Volume 1, pagina 53). Questo lo fa sembrare stranamente diverso da Karamzin. A quanto pare, “quasi tutto il lavoro di Karamzin si basa su fonti che abbiamo ancora nei nostri archivi, con la sola eccezione della Troitskaya Letopis, che fu scritta su pergamena” ([832], Volume 1, pagina 53).
Com’è che Tatishchev per la sua opera scelse proprio quelle fonti che, da lì a poco, sarebbero “misteriosamente” scomparse?
Ecco una possibile spiegazione. A quanto pare, Tatishchev aveva utilizzato le fonti del XIV-XVI secolo, che riguardavano la storia della Siberia e della regione del Volga, così come “gli archivi di Kazan e Astrakhan che non sono arrivati ai nostri tempi” ([832], Volume 1, pagina 53).
Siamo del parere che questi archivi siano stati semplicemente distrutti nel XVIII secolo, dopo Tatishchev. Come sappiamo oggi, le fonti del XIV-XVI secolo provenienti dalla regione del Volga e dalla Siberia devono aver raccontato la vera storia dell'Orda Russa. Anche dopo le prime purghe degli archivi da parte dei Romanov, dovevano essere rimaste alcune informazioni.
Gli archivi contraddicevano la storia di Scaligero e dei Romanov e furono quindi completamente distrutti.
Passiamo ora alla figura di G.F. Miller, Professore di Storia e storiografo ufficiale dell'Accademia delle Scienze di San Pietroburgo, che aveva ricevuto l'ordine di scrivere la storia della Russia. Non riuscì a reperire alcuna fonte storica persino nelle capitali, per cui nel periodo 1733-1743 dovette intraprendere un viaggio attraverso le province della Russia. Il suo itinerario attraversava la Siberia, il che significa che le cronache su cui si basa la storia russa oggigiorno, presumibilmente “conducono” da quelle parti. Tuttavia, è comunemente noto che possiedono aspetti distintivi e caratteristiche stilistiche del sud-ovest russo.
Dopo il suo ritorno dalla Siberia, a Miller fu data la carica di storiografo. Tuttavia, quando entrò in servizio dovette giurare di non divulgare quelle che oggi chiameremmo informazioni riservate. Così ci racconta Schlezer: “A Miller vennero detti i segreti di Stato, quelli che devono essere resi noti solo a chi è coinvolto nella creazione della storiografia russa; tuttavia, una persona del genere dovrebbe entrare nel servizio statale a vita... Allora non ero a conoscenza del fatto che Miller avesse commesso questo errore... negando... l'opportunità di essere congedato” ([979], pagina 76).
A.L Schlezer fu assunto da Miller come tutore privato per i suoi figli e invitato anche a prendere parte alle sue ricerche storico-geografiche. Ecco perché, nelle sue memorie, Schlezer scrisse riguardo l'archivio delle cronache russe che era a disposizione di Miller: “La cronaca di Kiev di padre Feodosiy e la cronaca anonima del XIII secolo... sarebbero della massima utilità se fossero pubblicate... poiché... [esse] descrivono la storia dei governanti e dei principi più importanti e ci informano anche di grandi acquisizioni di terre sin dai tempi antichi” ([979], pagina 46).
Schlezer si rifiutò di prestare giuramento di non divulgazione, per cui non ebbe accesso agli archivi di Miller. Le cronache curate da Schlezer furono ritrovate negli archivi dell'Accademia delle Scienze.
Tutto ciò significa che la concezione della storia russa che conosciamo ai giorni nostri è di origine molto tarda. A parte questo, risulta che la versione moderna della storia russa sia stata creata esclusivamente da stranieri. Gli storici moderni usano demagogicamente il nome di Tatishchev, il primo storico russo, per “difendersi”; in quanto, dopo tutto, il primo storico è stata la Russia, no? Il fatto che l’opera di Tatishchev sia andata perduta per poi essere ricostruita da Miller partendo da manoscritti non identificati, viene menzionato molto raramente.
L'atmosfera della scuola di storia Romanoviana-Milleriana, è stata ben colta da S. M. Stroyev, il quale scriveva che “questi volumi tradivano i segni di numerosi sforzi, tutti perseguenti lo stesso obiettivo: provare, convalidare, confermare e propagare le stesse postulazioni e le stesse ipotesi; solo le opere collettive e prolungate di tutti gli scienziati che lavoravano in questo campo potevano far sembrare quelle ipotesi il tipo di verità che avrebbe soddisfatto le ambizioni sia dei ricercatori che dei lettori... le obiezioni di qualcuno non venivano soddisfatte da controargomentazioni, ma venivano piuttosto sepolte sotto una pila di nomi, con il presupposto di garantire il silenzio per rispetto dell'autorità di detti nomi” ([774], pagine 3-4).
La nostra analisi della storia russa, che ha scoperto gli errori più gravi nella versione di Bayer/Miller/Schlezer, ci porta verso un'opinione completamente diversa del loro intero “lavoro scientifico”. Quest'ultimo potrebbe essere parzialmente spiegato dal fatto che, in quell’epoca, la Russia si trovava sotto una dominante influenza straniera, che era istigata dai Romanov. Ciò significa che la distorsione della vera storia russa nella versione di Schlezer/Miller/Bayer, può essere facilmente spiegata come uno degli obiettivi ideologici più importanti della dinastia Romanov. I professori tedeschi eseguirono semplicemente degli ordini e lo fecero in modo abbastanza coscienzioso. Se gli ordini fossero stati diversi avrebbero scritto qualcos'altro.
È perfettamente giusto informarsi sugli storici russi e dove si trovavano in quell'epoca. Perché la storia russa fu scritta da stranieri? C’è un qualche altro paese europeo di cui la storia è stata scritta esclusivamente da stranieri?
La risposta più comunemente suggerita la conosciamo molto bene: si presume che a quell’epoca la scienza russa fosse in uno stato rudimentale, per cui bisognava fare affidamento sugli illuminati tedeschi. Noi abbiamo un'opinione diversa. È molto probabile che dopo la debacle di Tatishchev, i Romanov abbiano deciso che gli stranieri avrebbero maneggiato meglio i segreti di Stato che riguardavano la storia russa, in quanto erano più obbedienti, avevano poca dimestichezza con la lingua ed erano emotivamente distaccati dalla storia russa.
M. V. Lomonosov era uno dei principali avversari di Miller. Sosteneva che gli slavi avessero una storia lunga quanto quella di qualsiasi altra nazione e sosteneva la sua affermazione con una serie di fonti. Nella sua Cronaca Breve scrisse quanto segue, basandosi sulle opere degli autori “antichi”: “All'inizio del sesto secolo dopo Cristo, il nome degli Slavi si era diffuso ovunque; non solo la Tracia, la Macedonia, l'Istria e la Dalmazia temevano la potenza della loro nazione, ma avevano svolto un ruolo importante nel declino stesso dell'Impero Romano” ([493], pagina 53).
All'inizio del XIX secolo, nacque una nuova scuola “scettica” di storici russi. Era guidata dal professor M. T. Kachenovskiy. L'essenza delle questioni controverse era ben racchiusa nella prefazione al libro di P. Boutkov, intitolato in modo abbastanza eloquente La Difesa della Cronaca di Nestore dalle Calunnie degli Scettici ([109]).
Secondo gli scettici, le cronache antiche russe erano “una miscela eclettica di fatti reali e miti basati su lontane ripercussioni di eventi storici, trovate nei racconti popolari, così come falsificazioni, apocrifi non autorizzati e applicazione di eventi stranieri alla Russia. In altre parole, gli scettici vogliono che pensiamo che Ryurik, Askold, Dir e Oleg siano dei miti e vogliono persino limitare ciò che sappiamo di Igor, Olga, Svjatoslav, Vladimir e Yaroslav a ciò che gli stranieri dicono di questi governanti, rifiutando allo stesso tempo di datare l'epoca della migrazione slava settentrionale e la fondazione di Novgorod a un periodo precedente alla prima metà del XII secolo” ([109], pagine ii-iii).
Facendo un salto in avanti, possiamo anche dire che la ricostruzione della storia russa che proponiamo fornisce una perfetta spiegazione del fatto che gli scettici russi che avevano criticato la versione milleriana-romanoviana della storia, insistevano sul fatto che gli slavi fossero una nazione antica, citando, da un lato, fonti “antiche” come prova, mentre dall'altro si opposero con veemenza all'arbitraria età extra attribuita alla storia russa. Questa contraddizione deriva dai grandi spostamenti cronologici inerenti all’intero edificio della storia di Scaligero; essa scompare del tutto non appena spostiamo la storia “antica” nel Medioevo, come da nostra ricostruzione.
Concludiamo il presente paragrafo con un’altra citazione, la quale dimostra che la deliberata distruzione delle fonti dell'antica Russia continuò fino al XVIII e perfino al XIX secolo. Ci riferiamo all'archivio dei manoscritti del Monastero Spaso-Yaroslavskiy. “Tra i manoscritti conservati nella biblioteca del monastero c'erano... tre cronache di carattere secolare, vale a dire opere storiche: due Paleia e il famoso Cronografo Spaso-Yaroslavskiy. Tutti loro... scomparvero dalla Biblioteca Spasskaya tra la metà del XVIII e il XIX secolo” ([400], pagina 76).
3. La cronaca di Radzivilov da Königsberg come fonte principale della Povest Vremennyh Let.
3.1. Le origini delle copie più importanti della cronaca.
Inizialmente, la versione moderna dell'antica storia russa si basava su un'unica cronaca: la Radzivilovskaya Letopis. Questo è ciò che gli stessi storici ci dicono in modo molto diretto, definendo questa copia la più antica cronaca russa ([716], pagina 3).
Passiamo alla fondamentale edizione in più volumi intitolata La Raccolta Completa delle Cronache Russe, pubblicate dall'Accademia delle Scienze dell'URSS. Nella prefazione al suo 38° volume, lo storico Y. S. Lourie ci informa del fatto che “la Radzivilovskaya Letopis è la cronaca più antica giunta fino ai nostri tempi” ([716], pagina 3).
Dobbiamo immediatamente farvi notare che questa cronaca sembra un normale libro scritto a mano, con le pagine fatte di carta e una rilegatura del XVIII secolo, vedi in [716] e [715], così come la fig. 1.2. Non si tratta di un rotolo di pergamena arcaico, come quelli con cui gli artisti spesso ritraggono i cronisti russi. Sulla Radzivilovskaya Letopis (secondo [716], pagine 3-4), sappiamo quanto segue:
- La copia della cronaca che abbiamo a nostra disposizione oggi, si presuppone sia la più antica ad aver raggiunto la nostra epoca, vedi in [716], pagina 3. Risale al presunto XV secolo. Si presume che la cronaca descriva eventi storici accaduti in Russia dai primi giorni fino al presunto anno 1206, dove termina bruscamente.
- È proprio la cronaca di Radzivilov quella su cui si basa l’intero concetto moderno della storia della Russia di Kiev. Questo concetto nasce nel XVIII secolo.
- La cronaca di Radzivilov divenne nota e fu introdotta nella circolazione scientifica nei primi anni del XVIII secolo. In [716], pagina 4, troviamo il seguente passaggio: “Nel 1713 Pietro ordinò una copia della cronaca di Radzivilov, completa di miniature, mentre passava per Königsberg. Si trattava della copia usata da V. N. Tatishchev quando iniziò le sue ricerche sulle cronache russe, cosa che poi fece anche M.V. Lomonosov. La vera copia originale fu portata a San Pietroburgo quando l'esercito russo prese Königsberg dopo sette anni di guerra e venne donata alla biblioteca dell'Accademia delle Scienze nel 1761 ([716], pagina 4).
- Solo una delle copie della cronaca è datata XV secolo: la vera Radzivilovskaya Letopis che conosciamo oggi.
- Esistono altre copie della stessa cronaca, tuttavia risalgono tutte al XVIII secolo, quindi hanno origini sostanzialmente più recenti. Gli storici presumono che siano copie della Radzivilovskaya Letopis del XV secolo.
Dobbiamo farvi notare subito che le copie intermedie della Radzivilovskaya Letopis, per qualche motivo non sono giunte ai nostri giorni. Che fine hanno fatto le copie del XVI-XVII secolo?
3.2. La numerazione delle pagine della cronaca e la filigrana “testa di toro”.
Passiamo allo studio della copia della cronaca Radzivilov che risale al presunto XV secolo. A questo scopo ci rivolgiamo alla descrizione del manoscritto fornita nella Raccolta Completa delle Cronache Russe ([716]). Si scopre che questa copia presenta dei segni distintivi che tradiscono un'origine più recente, vale a dire il XVIII secolo. Pertanto, la “copia più antica” della Povest Vremennyh Let che abbiamo a nostra disposizione, è stata realizzata più o meno nello stesso periodo delle sue cosiddette “copie”, in altre parole, delle copie che sono state fatte più o meno nella stessa epoca, il XVIII secolo.
Diamo un'occhiata da vicino a come sono state numerate le pagine della cronaca. Vediamo due tipi di numerazione: una araba e una slava ecclesiastica. Si presume che quest'ultima sia stata l'originale e che sia molto antecedente alla numerazione araba. C’è scritto che “nell'angolo in basso a destra di ogni pagina c’è l’antica numerazione in cirillico” ([716], pagina 3).
Inoltre, si può presumere che la numerazione in slavo ecclesiastico fosse presente nella cronaca proprio dalla stessa manifattura; niente di straordinario, poiché una cronaca pubblicata solitamente contiene la numerazione delle pagine.
Tuttavia, abbiamo immediatamente trovato un commento sorprendente di un commentatore moderno: “È stata effettuata la numerazione in slavo ecclesiastico dopo la perdita di due pagine della cronaca... Inoltre, alcune pagine alla fine del libro sono state inserite nell'ordine sbagliato prima della numerazione ([716], pagina 3; anche [715]). Lo stesso vale per la numerazione araba ([715]). Perciò, entrambe le numerazioni furono introdotte dopo che il libro fu rilegato – altrimenti le pagine fuori posto sarebbero state messe nella posizione corretta prima della rilegatura. Visto che la cronaca ha mantenuto la sua forma originale, la rilegatura può essere avvenuta solo quando è stata creata.
In seguito abbiamo appreso che “le prime tre pagine della cronaca sono state contrassegnate con le lettere romane a, b e c” ([716], pagina 3), e che anche queste pagine sono datate XVIII secolo dalle filigrane che contengono (ibid). Potrebbe ciò significare che l'intero manoscritto è stato scritto e rilegato nel XVIII secolo? È possibile che il manoscritto sia stato creato poco prima di essere mostrato a Pietro il Grande, e specificatamente per questo scopo; vedi di più su questo argomento più avanti. Nella fig. 1.3 si vede la pagina a. È la prima pagina della cronaca. A proposito, inizia con una prefazione in tedesco.
Ci sono altre pagine della cronaca che sono state datate al XV secolo dalle filigrane; gli storici giustificano questa datazione con l’ipotesi che la filigrana “testa di toro” risalga al XV secolo. Tuttavia, la “datazione in filigrana”, così come la datazione paleografica, non può ovviamente essere considerata un metodo di datazione autonomo, poiché dipende completamente dalla cronologia delle fonti utilizzate per il riferimento e l'identificazione delle antiche grafie e filigrane. Qualsiasi cambiamento nella cronologia delle fonti, influenza immediatamente l'intero sistema della datazione paleografica e quella basata sulla filigrana.
In altre parole, per datare le fonti scritte dallo stile della grafia e/o dalle filigrane, è necessari avere i materiali di riferimento, che si presume contengano le datazioni corrette. I testi ritrovati sono datati in base alle filigrane che contengono, che li collegano ai materiali di riferimento utilizzati per le datazioni passate. Se queste si rivelano errate, è probabile che anche le altre datazioni siano errate.
Figura 1.3.
La prima pagina della cronaca di Radzivilov, che si presume sia la “cronaca più antica della Russia”. È molto probabile che sia stata scritta a Königsberg intorno al XVII-XVIII secolo. Nelle prime pagine della cronaca vediamo una prefazione che, sorprendentemente, è stata scritta in tedesco. Tratto da [715].
Inoltre, è possibile che le risme di carta risalenti al XVI-XVII secolo furono usate nel XVIII secolo per creare manoscritti che “sembrassero vecchi”. Inoltre, la filigrana “testa di toro” rinvenuta sulle pagine della cronaca e le sue variazioni, potrebbe essere stata usata dalla fabbrica che produsse la carta nel XVI, XVII e XVIII secolo, soprattutto considerando che gli stessi storici datano le prime tre pagine al XVIII secolo utilizzando lo stesso principio generale: il metodo della filigrana.
Evidentemente, Morozov aveva ragione affermando che la copia della Radzivilovskaya Letopis portata da Pietro il Grande servì da base per tutte le altre copie del Povest Vremennyh Let. Egli scrisse che “dopo che scoppiò la guerra dei sette anni, la nostra Accademia delle Scienze acquistò l’originale di Königsberg nel 1760 e lo pubblicò sei anni dopo a San Pietroburgo, nel 1767… questa è la vera origine delle cronache russe, e se qualcuno volesse dirmi che il manoscritto di Nikon esisteva già prima di Pietro, esigerò la prova di questa dichiarazione” ([547]).