Capitolo 11: L’identità di Tamerlano (Timur), il famoso conquistatore.
Il periodo tra la morte di “Ivan il Terribile”, conosciuto anche come Simeone, e il Periodo dei Torbidi.
1. Introduzione.
Tamerlano (o Timur), il grande conquistatore asiatico, è un personaggio storico estremamente interessante. Riteniamo necessario discutere la storia delle sue conquiste, poiché è strettamente correlata alla storia russa. La nostra analisi e la ricostruzione che ne risulta, hanno ben poco in comune con la versione Romanov Miller. Gli storici hanno problemi con Timur da molto tempo. Ad esempio, l'accademico M. Gerasimov ha trovato estremamente problematico far concordare i risultati delle sue ricerche sul cranio di Timur, con il punto di vista consensuale. Il suo lavoro è di massimo interesse e inizieremo la nostra discussione da questo.
2. L'aspetto fisico di Timur, ricostruito da Gerasimov dal teschio ritrovato nella sua tomba. Potrebbe essere che Timur fosse caucasico?
Passiamo al libro intitolato Tamerlano (Mosca, “Gourash”, 1992). Oltre all’“Autobiografia di Tamerlano” e al “Codice di Timur”, contiene una serie di pubblicazioni scientifiche che trattano i diversi aspetti della vita e delle gesta del grande signore della guerra asiatico. Questo libro contiene anche l'articolo dell'eminente scienziato M. Gerasimov, intitolato Il ritratto di Tamerlano ([829], pagine 506-514). Gerasimov è noto per aver sviluppato un metodo per ricostruire ritratti scultorei, in particolare dai teschi; la ricostruzione del ritratto scultoreo di Tamerlano è una delle sue realizzazioni più famose. Cosa ci dice Gerasimov della sua ricerca sul ritratto scultoreo di Tamerlano? È risaputo che la tomba di Timur fu ritrovata nel 1941, durante gli scavi del mausoleo di Gur-Emir a Samarcanda.
“Nel corso degli scavi, fu scoperta una bara di legno, perfettamente identica a quelle usate oggigiorno” ([829], pagina 506). Ricordiamo ai lettori che la cronologia di Scaligero e Miller datano la morte di Timur al 1405. Facciamo una semplice domanda. Come facciamo a sapere che il corpo trovato nel sepolcro è davvero il cadavere di Timur, come insiste la storia di Scaligero? La domanda è tutt’altro che retorica. Secondo Gerasimov, “documentare l’autenticità della tomba di Timur era uno degli obiettivi principali della spedizione. L'iscrizione sulla lapide non è bastata a risolvere la questione [?! – Aut.]. Solo uno studio dello scheletro potrebbe fornirci una risposta esaustiva” ([829], pagina 507).
Ciò significa che alcuni scienziati dubitavano che il corpo trovato nella tomba, appartenesse davvero a Timur. Questo ci porta a un’altra domanda, altrettanto toccante. Se “l’iscrizione sulla lapide non era sufficiente a risolvere la questione”, cosa diceva effettivamente? Cosa c'era scritto sul sepolcro? Perché Gerasimov si astiene dal pubblicare il testo integrale della formula funebre? Potrebbe esserci una ragione? L'iscrizione è stata riportata da qualche parte?
Figura 11.1.
La ricostruzione di Gerasimov del volto di un uomo,
dal mausoleo di Tamerlano a Samarcanda.
Le caratteristiche sono decisamente europee;
Nonostante tutti i suoi tentativi,
Gerasimov non è riuscito a smussarle in alcun modo.
Presa da [829], pagina 2.
Gerasimov prosegue raccontandoci quanto segue: “Le nazioni orientali hanno una moltitudine di leggende sul più grande conquistatore del XV secolo. Il solo nome dello Zoppo di Ferro, aveva fatto rabbrividire la lontana Cina e l’India, per non parlare dell’Asia Centrale. La fama del suo potere e della sua fenomenale ricchezza aveva raggiunto l'Europa. I biografi descrissero le sue campagne con molto entusiasmo; tuttavia, si dice molto poco del suo aspetto fisico. Le informazioni che abbiamo sono oscure e contraddittorie” ([829], pagina 507). Qui incontriamo la principale contraddizione enigmatica, che farà manovrare Gerasimov tra la Scilla del metodo scientifico e il Cariddi della storia di Scaligero. Da un lato, è “risaputo” che Timur fosse un mongolo, presumibilmente originario del territorio dell'odierna Mongolia. D'altra parte, numerose fonti medievali affermano che Timur apparteneva alla razza caucasica (vedere [829], pagina 507). Al giorno d'oggi nessuno crede a queste fonti, si dice che fossero sbagliate. Chi oserebbe affermare che Tamerlano il mongolo fosse caucasico? E così Gerasimov ha a sua disposizione il teschio di Timur e ricostruisce il suo ritratto scultoreo. Con stupore scopre che il volto risultante è chiaramente caucasico (vedi fig. 11.1). Il viso è convesso e non piatto. Essendo uno scienziato, Gerasimov non può nascondere questo fatto, anche se deve aver cercato di far sembrare il ritratto il più mongoloide possibile (nel significato moderno della parola), per quanto il metodo lo consentisse.
Proviamo a metterci nei panni di Gerasimov. Il suo metodo produce un ritratto che sembra perfettamente caucasico (vedi fig. 11.1). Tuttavia è “comunemente noto” che Timur fosse un “mongolo”, cioè che provenisse dalla lontana Mongolia. Una dichiarazione pubblica del fatto che Timur fosse davvero caucasico, avrebbe screditato immediatamente Gerasimov e il suo metodo che “trasforma i mongoli in europei”. La sua reputazione di scienziato sarebbe diventata immediatamente difettosa. D'altra parte, Gerasimov non può falsificare i suoi risultati e scolpire un volto mongolo, a dispetto del proprio metodo. L’unica via d’uscita è scolpire qualunque cosa il metodo consenta (ovvero un volto caucasico), ripetendo più e più volte il mantra secondo cui il ritratto “sembra mongoloide”, ignorando l’ovvio. Questo è ciò che Gerasimov fu costretto a fare: come abbiamo visto, non aveva altra scelta.
Esaminiamo l’articolo di Gerasimov e vediamo come commenta il suo scioccante risultato per sfuggire alla furia dei seguaci di Scaligero.
Gerasimov fa la seguente osservazione cautelativa: “Il tempo non ha preservato alcun vero ritratto di Timur. Le numerose [sic! – Aut.] miniature, per la maggior parte iraniane e indiane, sono molto contraddittorie tra loro e risalgono a un'epoca molto successiva, il che le rende inaffidabili. Anche le fonti scritte non sono molto informative; tuttavia, la prova che Timur fosse appartenuto a un clan mongolo, caduto sotto l'influenza turca, può essere considerata sufficiente per respingere lo studio delle miniature iraniane e indiane che ritraggono Timur come un tipico rappresentante della razza caucasica [sic! – Aut.]” ([829], pagina 507).
Ciò ci porta alla seguente domanda: perché le prove sopra menzionate delle “origini mongole” di Timur, dovrebbero invalidare le abbondanti prove del suo aspetto caucasico? Soprattutto, considerando il fatto che siamo giunti alla conclusione che la parola “Mongolo” applicata a Timur, significa in realtà che aveva vissuto nel Grande Impero Mongolo. Abbiamo già identificato quest'ultimo come l'antica Russia, ossia l'Orda, che si estendeva lungo territori enormi.
Timur il Mongolo si traduce come Timur il Grande, il che elimina completamente la contraddizione. Naturalmente, la parola “mongolo” ha perso il suo significato originario e ne ha acquisito uno nuovo oggi; si riferisce alla cosiddetta “razza mongolide”. Tuttavia, questo termine è di origine relativamente recente e deriva dalla tradizione storica esistente, che aveva trasferito gli storici “Mongoli” nel territorio della odierna Mongolia in Estremo Oriente.
Tuttavia, dobbiamo pagare il nostro debito all’integrità scientifica di Gerasimov. Dopo aver calmato la sua censura storica con il passaggio di cui sopra e dichiarato la sua lealtà, Gerasimov riporta accuratamente quanto segue: “Lo scheletro scoperto apparteneva a un uomo forte, la cui altezza (circa 170 cm) era atipica per un mongolo” ([829], pagina 507). Tuttavia, il problema principale di Gerasimov era la necessità di spiegare ai lettori le caratteristiche chiaramente caucasiche del ritratto scultoreo di Tamerlano. Trovò la seguente soluzione: “Nonostante la concavità poco evidente della mascella superiore e l'acutezza degli zigomi nella parte frontale, ci rimane l'impressione di un viso che non è così piatto come in realtà era” ([829], pagina 510).
Ciò si traduce come segue: la scultura che vediamo ha un volto caucasico (convesso, non piatto). Tuttavia, questa è un’illusione: il viso è davvero piatto! Dopo aver scritto quanto sopra, Gerasimov procede immediatamente a pagare il suo debito alla storia di Scaligero: “Non è necessario essere troppo lungimiranti per vedere che il ritratto di Tamerlano è tipicamente mongolide: distintamente brachicefalo, ovviamente piatto; la lunghezza e la larghezza del volto testimoniano lo stesso. Tutto ciò è in perfetta corrispondenza con le prove documentali che fanno risalire le origini di Timur al clan dei Barlas” ([829], pagina 511).
Studiamo però ancora una volta la scultura di Timur (fig. 11.1). Se levassimo il cappello “mongolo” di Gerasimov dalla testa di Timur, vedremmo un volto tipicamente caucasico. Tuttavia, Gerasimov non riesce a mantenere a lungo la sinfonia del “mongolo tradizionale”: una momentanea perdita di controllo gli fa scrivere quanto segue: “Tuttavia, la base del naso vistosamente sporgente e la forma della fronte superiore, testimoniano il fatto che l'inclinazione della palpebra mongola non è particolarmente evidente” ([829], pagina 511). In effetti, come avrebbe potuto Gerasimov dire qualcos'altro, essendo uno scienziato?
Inoltre: “Nonostante l'usanza popolare di radersi la testa, al momento della sua morte, i capelli di Timur erano relativamente lunghi” ([829], pagina 513). Se Timur fosse stato mongolo nel senso moderno della parola, i suoi capelli dovrebbero essere neri. Cosa vediamo nella realtà? Gerasimov è costretto a dirci la verità: Timur aveva i capelli di un europeo. Egli scrive quanto segue:
“I capelli di Timur sono folti e lunghi, di colore grigio-rossastro, con le tonalità dominanti marrone scuro e rosso. Le sopracciglia sono in condizioni peggiori, tuttavia questi resti ci permettono di ricostruirne la forma. Alcuni singoli peli ci sono pervenuti in perfette condizioni... il loro colore è marrone scuro... Si scopre che Timur aveva lunghi baffi in contrasto con la varietà rasata prescritta dalla fede maomettana... La barba di Timur era corta e folta. I suoi peli sono ruvidi, quasi lisci e piuttosto folti; il loro colore è rosso, con molto grigio” ([829], pagina 514).
Gli storici di Scaligero sapevano da molto tempo che Timur aveva i capelli rossi. Ciò è ovviamente in contraddizione con la sua “origine mongola” nel senso moderno del termine. Cosa potevano fare al riguardo? Hanno suggerito che Timur avesse in realtà i capelli neri, ma che li avesse tinti con l'henné e quindi “sembrava avere i capelli rossi”. Tuttavia, se provassimo a tingere i capelli neri con l’henné, difficilmente diventerebbero rossi. Al giorno d'oggi, dopo la scoperta della tomba di Timur, non abbiamo bisogno di ricorrere a delle congetture: i capelli di Timur erano rossi. Questo è ciò che ci dice Gerasimov:
“Anche uno studio preliminare dei peli della barba con un binocolo, dimostra che il colore rosso è naturale e non si tratta di una tintura all'henné come avevano suggerito gli storici” ([829], pagina 514). Questo fatto da solo invalida gli sforzi degli storici tradizionalisti di eludere l’ovvio. Concludiamo con un altro fatto strano scoperto da Gerasimov: “Nonostante la vecchiaia di Timur (intorno ai 70-72 anni), né il suo cranio né il suo scheletro lo rendono evidente: è molto probabile che il cranio sia appartenuto a un uomo forte e sano, la cui età biologica è al massimo di cinquanta anni [sic! – Aut.]” ([829], pagina 513).
Ci troviamo quindi di fronte al seguente dilemma:
1) Se il cadavere nella tomba di Samarcanda appartiene davvero a Timur, quest'ultimo era un caucasico dai capelli rossi. Ciò è in perfetta concomitanza con i risultati della ricostruzione di Gerasimov e con i ritratti medievali che rappresentano Timur come un europeo dai capelli rossi.
2) Se il cadavere trovato nella tomba di Timur appartiene a qualcun altro, ciò compromette seriamente la versione di Scaligero e Miller, i quali sostengono che la tomba di Timur a Samarcanda sia autentica. Un'ultima domanda: quando è vissuto veramente Timur? La bara sembra moderna; potrebbe in realtà risalire al 1405?
3. I nomi arabi nella storia russa.
Secondo la nuova cronologia che proponiamo, i “Mongoli” e i “Tartari” si identificano in realtà con i cosacchi, ovvero l’esercito regolare russo, noto anche come Orda. Sarebbe naturale supporre che “Tamerlano il Mongolo” fosse stato davvero un signore della guerra cosacco, uno zar, un khan, un emiro o un principe.
Facciamo la seguente osservazione per evitare confusione. Le fonti moderne usano nomi presi da quelle turche per riferirsi alla storia “mongola”: “padishah”, “emiro” e così via; questo lascia una “impressione orientale”, che è dannosa per la comprensione della materia. Sembra che gli autori orientali non si riferissero proprio alla Russia. Gli storici ci dicono che "la storiografia orientale del XV secolo, essendo al corrente della geografia e della storia dei paesi islamici, ignora completamente la Russia" ([829], pagina 11).
Tuttavia, i cronisti orientali hanno fatto numerosi riferimenti a qualche paese asiatico chiamato “Mongolia”, che secondo gli storici moderni aveva solo una relazione molto lontana con la Russia: i Mongoli presumibilmente avevano conquistato la Russia, da qui i nomi usati dagli autori stranieri: Tartaria e Mongolia.
Per esempio, immaginiamo un libro di storia russa del XIX secolo, in cui tutti i fatti sono lasciati intatti, ma i nomi delle persone, dei luoghi e i titoli sono sostituiti da termini simili della lingua araba, presi da un libro arabo sulla storia della Russia. Difficilmente saremo in grado di riconoscere qualcosa. Questo è esattamente ciò che è accaduto alla storia medievale della Russia. I primi Romanov hanno distrutto tutte le fonti che riuscirono a trovare, e la storia russa di quell'epoca è arrivata fino a noi nelle sue interpretazioni occidentali e arabe, che l'avevano rispettosamente chiamata Mongolia e Tartaria, o semplicemente Grande Tartaria. Gli arabi avevano naturalmente alterato tutti i nomi e i titoli nei loro equivalenti arabi. Ad esempio, non troviamo la parola “Mongolo” in nessuna fonte russa; ciò che troviamo è la parola “Grande”. I khan erano conosciuti come zar e gli emiri come principi o murza. Se sostituissimo i nomi turchi con i loro equivalenti russi, mentre familiarizziamo con la storia della “Tartaria e della Mongolia”, troveremmo molto più facile comprendere la materia in questione.
4. Temir (Tamerlano) e Mehmet II (Maometto II).
L’osservazione di cui sopra, così come tutto ciò che già sappiamo sulla storia della Russia (nota anche come “Mongolia”), ci porta ad una nuova comprensione della famosa biografia di Tamerlano. La nostra ricostruzione rende l'immagine di Tamerlano una raccolta di due personaggi storici, per la maggior parte reali, il primo dei quali è Temir Aksak, ossia lo "Zoppo di Ferro", della fine del XIV secolo, e il secondo è il Sultano Mehmet II (Maometto II), il famoso conquistatore del XV secolo, che prese Costantinopoli nel 1453. Si sovrapposero l'uno all'altro a causa di uno spostamento di 90 anni inerente alla storia russa.
Ancora una volta ricordiamo che quando parliamo di “sovrapposizioni”, intendiamo che la biografia scritta di un personaggio è stata integrata dai dati della biografia scritta per l'altro. La fonte primaria in questo caso è la biografia di Mehmet II.
Secondo gli storici, “Timur regnò per procura di due khan: Souyourgatmysh (1370-1388) [Principe di Sourgout? – Aut.] e poi suo figlio, il Sultano Mahmoud-Khan (1388-1402) [Sultano Mehmet – Aut.]. Non c'erano altri khan delegati e si continuò a coniare monete che portavano il nome di questi due” ([829], pagina 42).
Come fanno gli storici a conoscere questi “governanti per procura”? Perché non ci dicono semplicemente che i nomi dei sovrani presi dalle cronache, non corrispondono ai nomi sulle monete? Non ci sarebbe nulla di sorprendente in questo fatto, poiché un singolo sovrano poteva possedere in quell'epoca una moltitudine di nomi, soprattutto se regnava su più territori con lingue diverse. È molto probabile che non siano mai esistiti governanti per procura: ciò che abbiamo, non è altro che una varietà di nomi presi da monete e vari documenti (Timur, lo Zoppo di Ferro, il Principe di Sourgout e il Sultano Mehmet-Khan).
Gli storici non riescono a capirlo, e ci dicono che i diversi nomi di Timur servivano “a mantenere i buoni rapporti”; per esempio, ci dicono che “Timur aveva mantenuto ottimi rapporti con il sultano Mahmoud-Khan, che lo aveva servito come un eccezionale ed energico signore della guerra” ([829], pagina 42). Non c'è da stupirsi.
5. Temir = Tamerlano = Maometto II, come prototipo di Alessandro Magno.
La personalità eclettica di Temir = Mehmet II (Mohammed o Maometto II) è servita da prototipo per la famosa biografia “dell'antico” Alessandro Magno. La sovrapposizione di Mehmet II su Alessandro di Macedonia fu scoperta da A.T. Fomenko e correlata in Cronologia1 e Cronologia2. Alessandro Magno è un riflesso del sovrano ottomano Maometto II il Conquistatore e dei sultani ottomani più vicini, i suoi eredi del XV-XVI secolo d.C., per lo più, Solimano il Magnifico (1522-1566). È proprio per questo motivo che una delle fonti primarie per la biografia di Timur è conosciuta come il Racconto Anonimo di Iskander, o il Racconto Anonimo di Alessandro ([829], pagina 9). Ricordiamo ai lettori che il nome orientale di Alessandro Magno era Iskander il Bicorno. Quest'ultimo, è molto probabilmente un riferimento diretto alla mezzaluna ottomana. Gli storici ci dicono quanto segue: “Il Racconto Anonimo di Iskander... è una fonte tanto preziosa quanto unica... È una fonte estremamente importante per la biografia di Timur, poiché contiene una serie di fatti che sono del tutto assenti nelle altre fonti” ([829], pagina 9).
Segnaliamo anche che i romanzi medievali sulle campagne di Alessandro Magno, che divennero ampiamente conosciuti nel XV secolo, ovvero nell'epoca di Mehmet (Maometto) II.
6. La storia delle campagne di Alessandro Magno. Il periodo e lo scopo della sua creazione.
Ci si potrebbe chiedere se eventi relativamente recenti (risalenti nientemeno al XV e agli inizi del XVI secolo) possano essere serviti come fonte per le descrizioni delle famose guerre “antiche” intraprese da Alessandro Magno. Dopotutto, il suo nome è menzionato in molti libri, che oggigiorno si presumono antichi. La risposta è semplice: il vero nome di Alessandro, il leggendario fondatore dell'Impero, potrebbe essere stato conosciuto prima del XV secolo (senza la parte “di Macedonia”). Tuttavia, le fonti precedenti al XV secolo, non contengono dettagli relativi alle sue campagne. È noto che descrizioni dettagliate delle conquiste di Alessandro, apparvero in Occidente solo alla fine del XV secolo, dopo la caduta di Costantinopoli, presumibilmente tradotte dal greco. Le circostanze della loro apparizione spiegano il fatto che la biografia di “Alessandro di Macedonia” è stata compilata dalle biografie di Mehmet II e persino di Solimano il Magnifico. Uno dei traduttori fu il famoso cardinale Bessarione, che era fuggito da Bisanzio in Italia, dopo la conquista di Costantinopoli da parte di Maometto II nel 1453 ([455]). Bessarione aveva portato in Occidente anche l’Almagesto di Tolomeo. Si presume che avesse cercato di organizzare una crociata a Bisanzio per riconquistare Costantinopoli dagli Ottomani. Ricordiamo ai lettori che c'erano due partiti politici a Costantinopoli, prima della conquista ottomana = conquista atamana del 1453: quello turco e quello latino. Aveva vinto il primo; Bessarione apparteneva al partito latino e cercava vendetta ([455]). Si scopre che lui e i suoi alleati avevano esortato i governanti europei a dichiarare guerra ai turchi “paragonando i turchi agli antichi persiani e ai barbari macedoni” ([1374], pagina 65). È molto probabile che gli Ottomani = Atamani del XV secolo, si identifichino con gli “antichi” Macedoni; comunque sia, il loro esercito partì verso Costantinopoli dalla penisola balcanica, dove si trova la Macedonia. A proposito, nelle vicinanze troviamo la città albanese di Tirana; il suo nome ricorda molto “la città di Tiras”, ovvero “la città dei Turchi”. Tenete presente che, per esempio, alcune fonti del XVII secolo sostengono che il nome "Turco" derivi dal nome "Tiras", qv in [940]. Esiste una copia di un libro di Bessarione, presumibilmente una traduzione latina di un'opera greca di Demostene. Ci racconta, tra le altre cose, delle campagne di Alessandro Magno. A margine del libro troviamo gli appunti redatti da Bessarione in inchiostro rosso, dove sottolinea gli “evidenti parallelismi” tra le “antiche” guerre di Alessandro e le campagne ottomane del XV secolo (vedi fig. 11.2); vale a dire, gli avvenimenti “antichi” che avrebbe raccontato nella sua traduzione, presumibilmente seguendo parola per parola la narrazione di Demostene, e gli avvenimenti della sua epoca ai quali aveva preso parte personalmente. Il libro di Demostene con i commenti di Bessarione è ancora conservato negli archivi della Biblioteca Vaticana (vedi [1374], pagina 65).
Figura 11.2.
Pagine della traduzione latina di Demostene fatta da Bessarione. Ai margini vediamo i commenti di Bessarione;
identifica gli “antichi” Persiani e i Macedoni di Alessandro Magno con gli Ottomani (Atamani) medievali del XV secolo.
Tratta da [1374], pagina 65.
Figura 11.3.
Il frontespizio del trattato antiturco di Bessarione
(Bessarione, “Orationes et epistolae
ad Christianos Princes contra Turcos”).
In latino. Tratto da [1374], pagina 64.
Viene da pensare ovviamente che Bessarione avesse semplicemente scritto lui stesso il libro “dell'antico Demostene”, o almeno lo avesse modificato pesantemente, raccontando gli eventi della sua epoca, sottolineando, per comodità, i “parallelismi” nella sua copia. Riteniamo che i libri sulle campagne di Alessandro siano stati scritti nel XV-XVI secolo e raccontassero gli eventi di quell'epoca. Tuttavia, furono in gran parte modificati nel XVI-XVII secolo dagli europei occidentali, i cui scopi erano chiaramente di natura politica, vale a dire l'organizzazione di una crociata contro i turchi. I libri contenevano aspre critiche alle conquiste ottomane = macedoni, sottolineando la loro natura “barbara”. Più tardi, nel XVII-XVIII secolo, questi obiettivi divennero obsoleti e il significato iniziale delle opere del XV secolo sulle campagne di Alessandro, fu dimenticato. Alessandro di Macedonia divenne un coraggioso eroe “dell'antichità” e come tale entrò nei libri di storia.
La concezione storica distorta di Scaligero e Petavio esisteva già. La Macedonia è uno stato slavo che esiste ancora oggi nei Balcani, con lo stesso nome. La storia di Scaligero aveva compresso la Macedonia e l’aveva resa parte dell’antica Grecia. La storia della Macedonia medievale aveva perso il suo collegamento cronologico con l'epoca della conquista ottomana (XV-XVI secolo) e viaggiava a ritroso nel tempo, approdando nella profonda antichità. Di conseguenza, si perse il legame tra Alessandro di Macedonia = Maometto II = Solimano il Magnifico e gli Ottomani = Atamani. Dobbiamo ribadire che gli “umanisti” fuggiti dalla cattura di Zar Grad verso l’Europa occidentale, furono molto veementi nei loro tentativi di avviare una campagna per la liberazione di Zar Grad dagli Ottomani. Continuavano a rivolgersi «ai principi cristiani perché si unissero per una grande crociata e affidassero loro la missione di liberare Costantinopoli dai Turchi. Gli umanisti riuscirono a scrivere un numero davvero vasto di missive e proclami... nel corso di circa 50 anni o più” ([1374], pagine 63-65). Il titolo di un libro antiturco di Bessarione è visibile nella fig. 11.3.
7. Tamerlano e Costantino il Grande come duplicati di Alessio Comneno.
Secondo la nostra ricostruzione, l'immagine del sovrano noto come Costantino il Grande (aka Alessio Comneno) nella letteratura storica araba, è un riflesso fantasma di Gengis-Khan, ossia il Gran Principe Georgiy, il leggendario fondatore dell'Impero “mongolo”, vedi sopra. Tutti i governanti europei medievali, compresi quelli russi, facevano risalire la loro discendenza ad Augusto, noto anche come Costantino il Grande o Alessio Comneno. Allo stesso modo, tutti i khan orientali facevano risalire la loro stirpe a Gengis-Khan, o allo stesso Augusto, che era conosciuto dagli arabi sotto un nome diverso.
Lo spostamento cronologico di 300 anni rende Alessio Comneno del presunto XI secolo, un riflesso di Tamerlano del XIV secolo. L’alias Temuchin di Gengis-Khan, deve essere un’altra versione dei nomi Timur e Tamerlano. Questa confusione aveva creato un altro riflesso di Tamerlano dell'XI secolo, conosciuto come Mahmoud Gaznavi: “le infinite guerre intraprese da Timur ci portano al confronto di questo personaggio con il conquistatore dell'XI secolo Mahmoud Gaznavi” ([829], pagina 44), in altre parole, Mehmet il cosacco. Il fatto che incontriamo il nome Mehmet associato a Timur, non è affatto un caso, per non parlare del soprannome “cosacco”.
8. Il significato del nome Timur.
Il nome Timur era conosciuto anche nella forma "Temir" ([635], pagina 230, che doveva significare semplicemente “T-Emiro”, ovvero “Principe” con il prefisso “T”, che potrebbe significare “Grande”; nel qual caso il nome Temir si traduce “Gran Principe”, un titolo medievale ben noto in Russia. Questa osservazione è confermata dal fatto che il nome Timur non è stato applicato solo a Tamerlano, ma anche ad altri personaggi storici. Ad esempio, il suo predecessore, “Tugluk-Timur, Khan del Mogolistan” ([829], pagina 19). Secondo una cronaca russa, i predecessori di Tamerlano possono essere identificati come atamani cosacchi della regione di Yaik, ossia i Tartari: “Il padre di questo Temir era stato un capo tartaro proveniente oltre lo Yaik” ([829], pagina 20). Inoltre, si presume che Temir non appartenesse al clan Genghisid, e la sua ascesa a una posizione di potere, derivò dal suo matrimonio con la figlia del Genghisid Kazan-Khan; quest'ultimo nome si traduce come “Zar di Kazan” ([829], pagina 42).
9. Le guerre tra Timur e Tokhtamysh.
Tamerlano aveva conquistato moltissime terre; tuttavia, apprendiamo che tutta la sua vita fu spesa nelle guerre per le terre di Urus-Khan, in altre parole, i territori russi. La guerra di Tamerlano non cessò durante la sua vita, nonostante le sue continue vittorie. È curioso che non avesse mai tentato di distruggere in persona il suo nemico numero uno, Tokhtamysh-Khan, anche se l'esercito di quest'ultimo fu più volte messo in rotta da quello di Tamerlano. Stiamo cominciando a capirne le ragioni: Tokhtamysh-Khan si identifica con Demetrio del Don, un discendente di Augusto. Ciò rende l'opposizione di Tamerlano e Tokhtamysh, un conflitto interno all'Orda russa. Le persone di stirpe reale non venivano assassinate come consuetudine. Riportiamo in breve il famoso resoconto delle interazioni tra Timur e Tokhtamysh, fornendone alcuni commenti. “L'Orda Bianca aveva cercato di intromettersi negli affari dell'Orda d'Oro... I passi più radicali in questa direzione, furono compiuti da Urus-Khan” ([829], pagina 30). Il nome “Urus-Khan” si traduce come “khan russo”. L’Orda Bianca doveva essere il nome della Russia Occidentale, lo stato della Lituania che comprendeva anche la Russia Bianca. Il territorio dell'Orda d'Oro aveva raggiunto Mosca in Oriente.
“Urus-Khan, che regnò sull'Orda Ak fino al 1377, decise che, oltre a lottare per diventare il khan di Saray, di unire entrambe le parti del Juchi ulus” ([829], pagine 30 e 31). La parola ulus deve essere strettamente imparentata con Urus, vista la flessione della L con la R. “Ulus” doveva essere la versione araba, mentre quella comune in Mongolia (Megalion) era “Russia”, o “Russ”.
“Uno degli... emiri [principi – Aut.] ha osato opporsi a Urus-Khan nella questione dell'Orda d'Oro, che aveva portato alla sua esecuzione. Suo figlio Tokhtamysh era fuggito dall'Orda Ak ed era andato a Timur, offrendo i suoi servizi. Ciò accadde nel 1377... Timur... aveva inviato Tokhtamysh presso l'Orda Ak per rivendicare il trono di Urus-Khan” ([829], pagine 30 e 31). Il nome “Orda Ak” si traduce come Orda Bianca, chiaramente un riferimento al trono della Russia Bianca. “Tokhtamysh riuscì a conquistare il trono dell'Orda Ak solo nel 1379” ([829], pagina 31). Tenete presente che, nella nostra ricostruzione, Tokhtamysh-Khan si identifica con Demetrio del Don; la sua capitale era Kostroma.
Dopo aver sconfitto Mamai nella battaglia di Kulikovo nel 1380, si era effettivamente impadronito del trono della Lituania, ossia la Russia occidentale. “Tokhtamysh ha giocato sul fatto che l’esercito di Mamai era stato tremendamente indebolito dalla sconfitta nella battaglia di Kulikovo, persa contro Demetrio Donskoi. Mise l'esercito di Mamai in completa disfatta presso il fiume Kalka, proprio nello stesso anno 1380” ([829], pagina 31). Le relazioni tra Timur e Tokhtamysh si deteriorarono rapidamente e finirono in continue guerre intraprese l'uno contro l'altro. Tuttavia, “le guerre tra Timur e Tokhtamysh furono tutt'altro che conquiste su larga scala: furono combattute per un gruppo relativamente piccolo... di paesi e città”. ([829], pagina 32). Ciò è perfettamente ovvio, visto che gli eventi sopra descritti erano in realtà una guerra civile in Russia, ossia nell'Orda.
10. Le città di Samara e Samarcanda.
“Timur aveva lanciato tre campagne su larga scala contro Tokhtamysh, che divenne un potente khan nel 1380 [dopo la battaglia di Kulikovo – Aut.]. Avvennero nel 1389, 1391 e nel 1394-1395... Nel 1391 Timur partì da Samarcanda... e.… l'enorme esercito di Timur affrontò l'esercito di Tokhtamysh... tra Samara e Cistopol” ([829], pagina 31).
In questo episodio, la città chiamata Samarcanda deve essere Samara, la vera capitale del Khan Temir-Aksak. Samara era infatti conosciuta come la capitale dei khan; il nome stesso può essere letto alla maniera araba (invertito) come A-Ramas. Questo si traduce con “Roma” ossia “capitale”.
Procediamo alla scoperta degli stretti rapporti tra Samara e la regione di Yaik (conosciuta oggi come Ural). In particolare, le due erano collegate da un ampio tratto antico noto come Nagaiskaya. Tenete presente il fatto che Temir-Aksak era un tartaro proveniente dalle “terre oltre lo Yaik” ([829], pagina 20). Citiamo ulteriormente: “L'ansa di Samara è attraversata dal fiume Volga, che fa una curva tra Samara e Cistopol… era stata la residenza estiva abituale dei khan dell'Orda d'Oro… Il confine meridionale dei boschi era segnato da una vecchia strada larga, conosciuta ancora oggi come Nagaiskaya... Esistono ancora i resti della cosiddetta Vecchia Strada Nagaiskaya, che collegava le regioni degli Urali e del Volga (non troppo lontano dall'odierno tratto postale tra Samara e Orenburg, precedentemente nota come Linea Militare di Samara)” ([829], pagine 441 e 442).
La cronaca indica che Temir-Aksak era originario “della terra di Samara” ([759], pagina 25). Un altro documento sopravvissuto, un editto del Khan Devlet-Kirey, fu scritto a Samara, come ivi esplicitamente dichiarato ([759], pagina 43).
Il nome del khan è scritto Devlet-Kirey, anziché Devlet-Girey. Perché? La forma in questione è più arcaica ([759], pagina 43), ed è stata modificata dagli storici successivi per ovvie ragioni: è molto probabile che il nome Kirey sia una forma della parola russa medievale Kir (cfr. Signore e Zar): il titolo usato per rivolgersi agli Zar e ai Patriarchi. Tuttavia, il nome potrebbe anche essere un derivato della parola russa per “eroe” (“geroy”). È molto probabile che anche il nome Devlet sia di origine russa: la parola “dovlet” era molto comune nell'antica Russia e si traduce sulla falsariga di “regnare”, “governare”, “comandare” ecc. ([866], volume 1, pagina 288). Pertanto il nome Devlet può essere considerato come un sinonimo della parola “sovrano”, che fa tradurre “Devlet-Kirey” come “il sovrano reale, o Nostro Signore lo Zar”. Apparentemente, molti degli antichi titoli russi furono dimenticati dopo l'ascesa dei Romanov, da qui il nostro fallimento nel riconoscerli come parole russe, quando li incontriamo nelle cronache.
11. L’Orda Nogai.
Il famoso cognome russo Nagoi deve essere strettamente correlato a quello della famosa Orda Nogai, da cui il nome delle fruste cosacche nagaika, così come i famosi coltelli Nogaisk, menzionati, ad esempio, nei resoconti dell'omicidio del principe Demetrio, un incidente associato alla famiglia Nagoi, i presunti possessori di questi coltelli ([777], pagina 76). È possibile che l'Orda Nogai sia stata fondata da Tamerlano; i suoi resti esistettero fino al XIX secolo. L’epoca di Tamerlano, ovvero il XIV secolo, fu il periodo in cui “un’altra Orda fu fondata sulla costa del Mar Nero, l’Orda Nogai, che aveva sfidato l’autorità dei khan del Volga” (N. I. Kostomarov. “La Storia Russa con le Biografie dei suoi Principali Personaggi”, Numero 1, Capitolo IX). I cosacchi separatisti erano comprensibilmente in guerra con la vecchia Orda; queste guerre potrebbero essere a noi note come quelle combattute tra Timur e Tokhtamysh (Demetrio Donskoi).
12. I Goti e la regione di Semirechye.
Ci discostiamo brevemente dal nostro argomento principale, per discutere dei Goti e dell'origine del loro nome. S. Herberstein, l'ambasciatore austriaco in Russia nel XVI secolo, menziona il fatto che i Polovezi all'epoca venivano chiamati “Goti” dai moscoviti ([161], pagina 165). D’altra parte il nome Polovezi veniva usato anche per riferirsi ai Tartari, ossia ai Cosacchi, in altre parole. Si scopre che i “mongoli” stanziali chiamavano i “mongoli” nomadi Djete, ossia “Goti”. Ciò concorda perfettamente con le informazioni fornite da Herberstein: i “mongoli” in questione si identificano come russi, e i “mongoli nomadi” come cosacchi. Questo è ciò che gli storici ci raccontano della “Mongolia” nell'epoca di Tamerlano, ignari del fatto che il paese che descrivono è la Russia del XIV-XVI secolo: “I Khan si stavano orientando verso una transizione, una vita stanziale nelle città, e così si sforzarono di conquistare la terra ricca e colta di Maverannakhr” ([829], pagina 15). Quest'ultima sembra essere il nome arabo delle terre russe che si trovavano a ovest del Volga, la cui capitale era Mosca.
“La differenza tra i mongoli della Semirechye e… quelli che si erano stabiliti a Maverannakhr, continuava ad aumentare. Quelli che rimasero a Semirechye… disprezzarono coloro che si erano stabiliti a Maverannakhr e persero la purezza delle loro tradizioni nomadi… Questi ultimi, a loro volta, consideravano i Chagatay di Semirechye come barbari grossolani e conservatori, chiamandoli djete… L'ulus di Chagatay [Urus = Russia - Aut.] alla fine si divise in due parti: Maverannakhr e Mogolistan, che comprendevano anche Kashgar [forse Kazan-Gorod, ossia 'città di Kazan' - Aut.] ... Ciò avvenne nel XIV secolo" ([829], pagina 15). La descrizione di cui sopra deve riferirsi alla divisione della Russia (o “Mongolia”) nel Regno di Mosca, noto anche come Maverannakhr, con le terre cosacche nelle regioni del Volga, Yaik, Don e Zaporiggia.
Il nome stesso Semirechye deve derivare da “sem rek”, ovvero “sette fiumi”, visto che i cosacchi avevano vissuto nelle regioni dei fiumi Volga, Don, Yaik, Dnepr, Dniester, Terek e Irtys.
Questo spiega anche il nome del Djuchi Ulus, o Ulus dei Goti, la regione russa dei Goti nella storia della “Mongolia”. L'Ulus di Chagatay potrebbe tradursi allo stesso modo, ovvero “Terra Russa dei Cha-Goti”, dove “Cha” (“Cza”) è una possibile versione abbreviata della parola Zar, che fa sì che “Chagatay” si traduca come “lo Zar Goto”. Anche i tedeschi erano conosciuti come Goti, il che è un altro indizio degli antichi legami esistenti tra i cosacchi e i tedeschi, così come il nome storico Prussia.
13. Gli eventi dell’epoca di Mehmet II (il XV secolo), che si sono riflessi nell’epoca di Tamerlano (il XIV secolo).
13.1. Mehmet = Maometto II.
Consideriamo ora la descrizione dello strato quattrocentesco nei documenti che ci parlano delle gesta di Tamerlano. Questo strato è di natura primaria: è da qui che inizialmente proviene la gloria di Tamerlano come conquistatore. Il prototipo di Tamerlano è molto probabilmente il famoso conquistatore del XV secolo: Mehmet (Maometto) II, il sultano turco che conquistò Costantinopoli nel 1453 e ne fece la sua capitale. Lo spostamento russo e bizantino indietro di 90 anni, sovrappone l’epoca di Maometto II all’epoca scaligeriana di Tamerlano.
13.2. La città di Samarcanda, capitale di Timur, come descritta nelle cronache che raccontano gli eventi del XV secolo, e la sua vera identità.
Ribadiamo che i nomi geografici migravano spesso da un luogo all'altro, riferendosi a città diverse in epoche diverse. Sopra citiamo i documenti che usano chiaramente il nome Samarcanda quando scrivono di Samara sul Volga. Già nel XV secolo il nome aveva assunto un significato diverso. Gli storici riportano quanto segue riguardo a Samarcanda, la capitale di Tamerlano (come abbiamo già sottolineato, il nome Samar(canda) è il nome invertito Ramas (Roma) usato dagli arabi). “Samarcanda divenne la capitale dell'enorme impero di Timur. Timur aveva desiderato città insuperabili in grandezza e bellezza; Samarcanda doveva surclassare ogni altra capitale conosciuta in precedenza" ([829], pagina 44). Gli storici suggeriscono che quanto sopra venga identificato con la piccola città di Samarcanda nell'attuale Uzbekistan.
Scopriamo anche che “Ibn Arab-Shah riferisce che Timur aveva fondato una serie di insediamenti satellite intorno a Samarcanda, dando loro il nome di città famose” ([829], pagina 44). Le parole “insediamenti satellite” possono essere considerate come un commento di un autore moderno. L'elenco delle città in questione è davvero impressionante ed è stato tratto da fonti storiche: “Misr (Il Cairo), Dimshik (Damasco), Baghdad, Sultani e Shiraz, tre delle quali erano state capitali del califfato; Damasco era la capitale del califfato di Omayad, mentre le capitali dei califfati Abbasidi e Fatimidi erano rispettivamente Baghdad e Misr. L'idea dietro il nome degli insediamenti con nomi di città famose, era di natura politica, ovviamente per proclamare la supremazia di Samarcanda su tutti loro” ([829], pagina 44).
Queste “spiegazioni” piuttosto confuse ci lasciano una strana impressione: non conosciamo altri casi in cui i sobborghi di una piccola città avrebbero preso il nome di capitali famose. Dobbiamo anche menzionare la città di Yasy, che si trovava “vicino al confine dell'impero di Timur” ([829], pagina 44). Ovviamente, gli storici la collocano nel Turkistan, per renderla più vicina a Samarcanda, ma da quelle parti non esiste una città simile. È tuttavia noto che la famosa città medievale di Yassy si trovava in Basarabia, e in effetti si trovava molto vicino al confine dell'Impero Ottomano = Atamano di Mehmet II. Il suddetto frammento di un documento medievale ci lascia senza ombra di dubbio che il nome Samarcanda, come viene usato attualmente, sembra essere uno pseudonimo di Costantinopoli.
13.3. Il Sultano Mehmet-Khan identificato come il Sultano Mehmet II. Chi ha preso prigioniero Bayazid?
Abbiamo già menzionato “il Khan Timur per procura, Souyourgatmysh… e poi suo figlio Mahmoud-Khan [lo Zar Mehmet il Sultano – Aut.] … I rapporti tra il sultano Mahmoud-Khan e Timur erano eccellenti: il primo aveva servito il secondo come un comandante eccellente ed energico... Il sultano Mahmoud-Khan prese parte alla battaglia di Ankara nel 1402, prendendo prigioniero Bayazid, il sultano turco” ([829], pagine 42 e 479).
Così, Bayazid (forse Basilio) fu fatto prigioniero dal sultano Mahmoud-Khan, un riflesso fantasma di Timur; questo fa sì che quest'ultimo si identifichi come Mehmet II, il sultano turco, con certezza quasi assoluta.
A proposito, occorre tenersi a mente la famosa pietra che reca l'incisione realizzata da Timur, trovata sul territorio del moderno Kazakistan (Cosacchi-Stan), in cui Timur è chiamato “Timur, Sultano di Turan” ([829], pagina 32). Timur, sultano della Turchia, in altre parole. La sua vecchia capitale potrebbe essere stata la città di Tiraspol sul Dniester, o Tirana nell'odierna Albania. Entrambi i nomi si traducono come “Città dei Turchi”.
Il fatto seguente potrebbe darci una buona idea di dove fossero realmente situate le terre conquistate da Timur: “L’esercito [di Timur – Aut.] partì verso le città di Yassy, Karaouchi, Sayram [Sarajevo? – Aut.] … e a Sarouk-Uzek [Siracusa? – Aut.]” ([829], pagina 439). Questi sono proprio i luoghi in cui gli storici collocano le campagne di Mehmet II = il Sultano Ottomano Mehmet-Khan: “Timur non rinchiuse il sultano a Samarcanda... portandolo invece con sé in diverse campagne” ([829], pagina 479).
14. L’organizzazione dell’esercito di Timur. La sua Orda fu veramente “selvaggia”?
Tamerlano è solitamente visto come un invasore barbaro rozzo e ignorante, che ottiene miracolosamente una vittoria dopo l’altra, con le sue “orde selvagge asiatiche”, reclutate dalla regione di Samarcanda, una piccola città nel moderno Uzbekistan. Tuttavia, citiamo i seguenti dati tratti da un'opera fondamentale di M. I. Ivanin intitolata L'Arte della Guerra e le Conquiste dei Mongoli, dei Tartari e di altre Nazioni Medievali nell'epoca di Gengis Khan e Tamerlano (San Pietroburgo, 1875).
Un capitolo di questo libro è incluso in [829], che è la fonte che abbiamo utilizzato nella nostra ricerca. “L’esercito di Tamerlano era composto da fanteria e cavalleria… La fanteria… aveva cavalli a sua disposizione per le lunghe marce; la cavalleria, o almeno una parte sostanziale di essa, poteva anche sostare e combattere giù da cavallo, come i dragoni di oggi... I cavalieri regolari e d'élite indossavano armature leggere e pesanti. Oltre a ciò, Tamerlano aveva un corpo speciale di guardie del corpo. una sorta di guardie... Oltre a queste, l'esercito era composto anche da quanto segue:
1) Ingegneri e costruttori navali… Costruivano navi e ponti.
2) Specialisti del fuoco greco (o gregoriano).
3) Vari lavoratori, che erano in grado di montare macchine d'assedio e maneggiare catapulte... Questa parte dell'esercito era stata perfezionata ad un altissimo grado di sofisticazione. I resoconti degli assedi di Tamerlano dimostrano che aveva familiarità con quasi tutti i metodi usati dai Greci e dai Romani... Aveva elefanti, con guerrieri a cavallo, che lanciavano il fuoco gregoriano contro il nemico.
4) Tamerlano aveva un corpo speciale di fanteria da montagna per combattere sulle alture ... L'esercito era diviso in decine, centinaia, migliaia e tumyn” ([892], pagine 424-428). La parola russa per tumyn è tma (diecimila, da qui il titolo di temnik come menzionato in precedenza). Questa divisione in decine e centinaia fu caratteristica delle truppe cosacche fino al XX secolo; questa caratteristica era esclusivamente cosacca. Ciascun gruppo di dieci, cento, mille e diecimila soldati, aveva un proprio leader... Le truppe d'élite, ovvero la cavalleria pesante, erano armate ed equipaggiate con quanto segue: elmi, armature, spade, archi e frecce... I leader di ciascun gruppo di dieci... indossavano una cotta di maglia; erano armati con spade e archi... Anche i centurioni dovevano avere... una spada, un arco... una mazza e un bastone, oltre a una cotta di maglia e un'armatura a piastre... I soldati venivano lodati per il loro valore e venivano anche premiati con aumenti [si scopre che i soldati delle Orde “selvagge” ricevevano uno stipendio regolare - Aut.], regali, maggiori quote di trofei, gradi più alti, titoli onorifici e così via... I reggimenti che si distinguevano venivano corredati con tamburi di battaglia, stendardi, ecc…
Anche nell'epoca in cui le formazioni militari erano inesistenti in quasi tutti gli eserciti, e i soldati si rannicchiavano in mezzo alla folla... l'esercito di Tamerlano possedeva già la conoscenza della formazione... c'erano diverse linee di soldati che entravano in battaglia una per una... così come una nuova riserva di truppe d'élite” ([829], pagine 424-428).
Visto che tra i nemici di Tamerlano vi erano eserciti europei, quanto sopra può essere formulato così: mentre gli eserciti europei combattevano ancora in massa, le “selvagge orde nomadi asiatiche” avevano già la conoscenza delle formazioni militari e una buona organizzazione militare. Questa è la cosa più lontana da una presa in giro, è la verità. Tuttavia, bisogna sostituire le “orde selvagge” con i Russi e gli Ottomani (Atamani). Vedremo uno scenario familiare del XIV-XVI secolo, quando gli eserciti cosacchi, ottimamente addestrati, dei “Mongoli” (Grandi) e degli Ottomani (Atamani) colonizzarono l’Europa, l’Egitto, l’Asia e gran parte dell’America, vedere in Cronologia 6, Capitolo 14. Come abbiamo visto, non incontrarono molta resistenza organizzata.
“Se le truppe nemiche riuscissero a schiacciare il centro della linea del fronte, potrebbero facilmente essere… messe nella posizione dell’esercito romano nella battaglia di Cannes, quando i romani avevano eliminato il centro della cavalleria cartaginese e avevano iniziato a muoversi avanzando con un assalto troppo frettoloso, solo per ritrovarsi circondati sui fianchi dalla fanteria e dalla cavalleria di Annibale, cosa che aveva provocato la perdita della battaglia... L'incidente di Cannes non era stato casuale, e il suddetto ordine delle truppe permetteva di ripetere lo scenario a piacimento” ([829], pagine 424-428).
Non ci faremo distrarre “dall'antico” Annibale, ma dobbiamo sottolineare che il paragone molto appropriato tra le tattiche di Tamerlano e quelle di Annibale, non è venuto in mente a M. I. Ivanin. Dobbiamo anche aggiungere che Annibale aveva anche degli elefanti da battaglia, il che avrebbe sconcertato l'immaginazione dei suoi contemporanei. È pure possibile che l'antico nome Annibale sia una leggera corruzione del nome medievale Khan-Bal, ovvero Khan Bianco = Khan del Volga = Khan di Babilonia = Khan di Bulgaria. inoltre, Ivanin ci dice che: “È come se lo stesso dio della guerra avesse insegnato questo metodo a Gengis-Khan e Tamerlano; era abbastanza efficiente da rendere decisiva quasi tutte le battaglie dell'epoca, con gli eserciti nemici che venivano caoticamente messi in rotta” ([829], pagine 424-428).
Tuttavia, la cronologia di Scaligero insiste sul fatto che Gengis-Khan e Tamerlano fossero separati da oltre 150 anni. Potrebbe essere che, in questo periodo, gli eserciti nemici (tra cui le migliori truppe dell’Europa e dell’Asia) non siano riusciti ad adottare la tattica “mongola”, o a contrastarla con qualcosa di simile? Ciò sembra altamente improbabile, il che ci porta alla conclusione che le conquiste di Gengis-Khan e Tamerlano siano state davvero la stessa conquista, durata forse decenni, ma senza interruzione, in modo da non dare alcuna possibilità agli avversari di poter recuperare. Siamo del parere che quanto sopra si riferisca alla fase finale delle conquiste ottomane e “mongole” del XIV-XV secolo, vale a dire le famose campagne di Mehmet II, che in seguito divenne il Sultano di Costantinopoli = Istanbul. Al giorno d'oggi questo personaggio è erroneamente percepito come il piccolo "khan procuratore" Sultan Mahmoud-Khan, sotto Tamerlano.
Lo stesso personaggio servì da prototipo per “l'antico” Alessandro di Macedonia e Annibale, così come per Mahmoud Gaznavi (Mehmet il cosacco) del presunto XI secolo. È anche possibile che fosse realmente macedone, originario della Macedonia slava, e che le sue truppe fossero composte da cosacchi, russi, albanesi e così via.
Sottolineiamo anche che il “fuoco greco” utilizzato dall'esercito di Timur, era conosciuto anche come “fuoco gregoriano” ([829], pagine 424-428). Come stiamo cominciando a capire, quest'ultimo nome è un riferimento a San Giorgio = Gengis-Khan = Georgiy Danilovich = Ryurik. È probabile che l'arma in questione fosse un alias utilizzato per l'artiglieria.
15. La questione riguardo la religione di Tamerlano.
Passiamo ora alla questione della confessione religiosa a cui aderì Tamerlano. Oggigiorno è considerato un “musulmano veemente”; questa opinione si basa sul fatto che le fonti musulmane continuano a definirlo un “vero credente”. Tuttavia, questo di per sé non ci dice molto: abbiamo visto il termine “quelli della vera fede”, applicato ai russi dalle fonti musulmane dell’epoca. Questo è il motivo per cui gli storici non riescono a riconoscere la Russia nelle sue descrizioni arabe e sono costretti a suggerire che gli arabi “non scrissero affatto sulla Russia”, nonostante gli stretti legami commerciali tra Russia e Arabia. Riteniamo che l'equivoco di cui sopra, derivi dal fatto che lo scisma religioso formale tra cristianesimo ortodosso, islam e cattolicesimo, venne fatto risalire a una fantomatica epoca antica, mentre in realtà ebbe luogo solo nel XV-XVI secolo.
Le contraddizioni religiose potrebbero essersi accumulate; tuttavia, è possibile che gli arabi chiamassero i russi ortodossi “veri credenti”, prima dello scisma formale, anche se disapprovavano la tradizione ecclesiastica russa, trovandola estranea alla loro cultura. Pertanto, il fatto che Tamerlano sia definito un “vero credente” nelle fonti arabe, non implica che fosse musulmano: potrebbe essere stato anche ortodosso o cattolico.
Chiediamoci anche se all'epoca di Tamerlano, l'Islam avesse lo stesso aspetto che ha oggi. Ciò è tutt’altro che chiaro e, molto probabilmente, falso. La questione è molto complicata per il fatto che l’epoca di Tamerlano è proprio l’epoca del “Grande Scisma” (XV secolo), quando le Chiese ortodossa, cattolica (latina) e musulmana (nestoriana), stavano muovendo i primi passi verso lo scisma.
È quindi possibile che la tradizione ecclesiastica musulmana dell'epoca, potesse differire significativamente da quella moderna ed essere vicina a quella della Chiesa ortodossa. Tenete presente il fatto ben noto che l’Islam ebbe origine come ramo nestoriano della Chiesa ortodossa. La storia dell’Islam è in generale piuttosto contorta.
In ogni caso, i fatti che citiamo di seguito dimostrano che almeno una delle seguenti affermazioni è vera:
1) o Tamerlano non era musulmano, oppure
2) i costumi musulmani dell’epoca di Tamerlano differivano significativamente da quelli moderni, ed erano più vicini ai riti cristiani ortodossi.
Così scrive Foma di Metsop, contemporaneo di Tamerlano, nel suo libro intitolato “La Storia di Timur-Lank e dei suoi Discendenti” (Tradotto dall'armeno antico, Baku, 1957). Naturalmente, oggi abbiamo solo l'edizione del XVI-XVII secolo a nostra disposizione; lo citiamo secondo la ristampa inclusa in [829]. “Un certo uomo di nome Timur-Lanka, della fede dell'anticristo Mahmet, apparve nella città di Samarcanda in Oriente” ([829], pagina 357). "Il tiranno [Timur] diede ordine di prendere tutte le donne e i bambini prigionieri e di gettare il resto dalle mura della torre, credenti e non credenti allo stesso modo... Un Mugri salì su un minareto nella città di Berkri e iniziò a gridare 'Salat Amat' ad alta voce… Il perfido Timur ci pensò e chiese la natura di quelle grida. I suoi servi risposero: “È il giorno del giudizio e Ise [Cristo] sta per resuscitare... Timur diede immediatamente l'ordine di smettere di gettare le persone dalle mura della torre e di liberare gli altri” ([829], pagina 364).
“Egli (Timur) dovette recarsi a Damasco... e, mentre si avvicinava a Gerusalemme... le mogli degli insegnanti musulmani vennero da lui... e gli dissero: 'Tu sei il padishah di questa terra, e il Signore ti ha mandato per punire coloro che si oppongono alla sua volontà... Tutti in questa città sono cattivi e sodomiti, soprattutto i mullah disonesti... chiamate i nostri padroni, e noi confermeremo tutto in loro presenza'... E così aveva ordinato [al suo esercito]: ... Portatemi 700.000 teste e mettetele nelle sette torri... Se qualcuno dice di credere in Gesù, lasciatelo andare” ([829], pagina 368). Le uniche persone che Timur decise di risparmiare furono i cristiani!
Il Cristianesimo e l'Islam si intrecciano nel modo più strano, nelle descrizioni fornite da Foma di Metsop. Nel primo caso Timur cattura la città (presumibilmente una città cristiana) e ordina che tutta la popolazione venga giustiziata. Questo lo fa sembrare musulmano. Nonostante le chiese della città siano cristiane, il grido di disperazione è arrivato da un minareto. Il grido di un musulmano? Il significato delle parole gridate ad alta voce dal minareto, è esplicitamente cristiano, almeno così le hanno interpretate Timur e il suo entourage. Queste parole hanno fatto reagire Timur come solo un cristiano avrebbe fatto: ha ordinato di fermare l'esecuzione e di liberare i prigionieri.
Di conseguenza, è impossibile capire se Timur fosse cristiano o musulmano. Nel secondo caso, gli abitanti di una città musulmana si rivolgono a Timur come al loro padishah e si lamentano dell'iniquità della loro città. Ciò rende Timur un musulmano; tuttavia, quando dà l'ordine sdegnoso di punire l'intera popolazione della città, vieta severamente di fare del male ai cristiani, ordinando di giustiziare tutti gli altri. Avrebbe potuto aderire alla fede cristiana, dunque? Inoltre, risulta che le fonti arabe erano state tutt'altro che unanimi riguardo alla religione di Timur. Alcuni autori arabi lo chiamano “l’apostata”. J. Langlais scrive quanto segue nel suo libro intitolato “La Vita di Timur” (tradotto dal francese, Tashkent, 1980):
“Arab-Shah aveva tentato di compromettere il nostro eroe come l'apostata che aveva preferito la legge di Gengis-Khan a quella di Maometto. Tuttavia, tutti gli storici concordano sul fatto che questo monarca fosse stato musulmano, o almeno avesse cercato di presentarsi come uno di loro” ([829], pagine 393-394). Langlais è quindi del parere che la conoscenza storica di Arab-Shah fosse “scarsa”.
Inoltre, è noto che la tradizione musulmana moderna vieta severamente l'ingestione del vino. Nonostante ciò, numerose fonti affermano che l’esercito di Timur beveva vino in abbondanza. Inoltre, Timur aveva persino bevuto la vodka. Questo è ciò che ci dice Rui Gonzalez de Clavijo, autore di “Il Diario di un Viaggio alla Corte di Timur a Samarcanda” (presumibilmente 1403-1406, tradotto dallo spagnolo antico, San Pietroburgo, 1881):
“Lo spazio intorno alle tende dello zar e al padiglione era pieno di botti di vino, poste a una distanza di un tiro di schioppo l'una dall'altra e che coprivano mezza lega del territorio di questo campo... C'erano molte tende accanto al padiglione, ognuna di esse copre un'enorme botte di vino. Queste bottiglie erano abbastanza grandi da contenere almeno quindici canter di vino” ([829], pagine 321-322). “Quel giorno il Signore e tutta la sua gente bevvero vino; veniva servita loro della vodka per facilitare l'ebbrezza” ([829], pagina 327).
Il fatto che Tamerlano bevesse vino fu notato da ogni viaggiatore dell'Europa occidentale che lo vide. Così dice M. Ivanin, il quale, a differenza dei contemporanei medievali, “sa” già molto bene che all'esercito di Timur non era permesso bere vino.
“È qui che Tamerlano decorava i soldati più valorosi e forniva loro ogni sorta di cibo, bevande e intrattenimento; le più belle donne prigioniere avevano servito ai guerrieri cibo e latte acido in preziosi calici”. M. Ivanin fa il commento certo ma errato che la traduzione di Lacrois “si riferisce al vino ovunque; tuttavia, Tamerlano, un devoto maomettano, difficilmente avrebbe permesso l'ebbrezza tra le sue truppe; inoltre, dove si troverebbe il vino nelle steppe, e come se lo porterebbe l'esercito?” ([829], pagina 424). Possiamo vedere chiaramente che i cosacchi russi dell'Orda non pensavano fosse decoroso astenersi dal vino.
16. Il sepolcro di Timur.
È noto che la sepoltura di Timur fu eseguita in totale spregio alla tradizione musulmana ([829]). La tradizione musulmana moderna vieta severamente di piangere i morti, a differenza del cristianesimo. Tuttavia, ci sono segnalazioni di riti di lutto eseguiti al funerale di Timur. Questo è ciò che V. V. Bartold ci racconta nel suo articolo intitolato “La Sepoltura di Timur” (Raccolta Opere. Mosca, 1964, volume 2, pagine 2, 442 e 454): “Ai principi e alle principesse fu detto di non indossare abiti da lutto, 'come dettava la tradizione musulmana e il buon senso'”. Risulta tuttavia che, nonostante questa direttiva, “le zarine e i pochi principi che erano stati al loro fianco… avevano compiuto i riti di lutto comuni tra i nomadi, assistiti dalle principesse e da altre nobildonne… I principi e gli ufficiali. anche coloro che erano stati in città, erano vestiti a lutto, così come i rappresentanti della religione islamica, come l'Al-Islama Sheikh Abd-Al-Evvel... Questa volta l'abito da lutto nero è stato indossato da tutti i cittadini e non solo dalle zarine, dai principi e dagli ufficiali ... A questo seguì lo stesso rito che fu celebrato al seguito del sultano Maometto a Onik; Il tamburo da battaglia di Timur era stato portato dalle persone in lutto, per prendere parte alla cerimonia; la pelle del tamburo veniva tagliata a brandelli per impedire che il tamburo servisse ad un altro proprietario... Le decorazioni del mausoleo avevano contraddetto le leggi islamiche, ed erano state rimosse solo dopo l'arrivo di Shahroukh a Samarcanda... Shahroukh aveva osservato scrupolosamente tutte le regole e i regolamenti islamici e si era sentito obbligato a rimuovere le decorazioni pagane dal mausoleo di Timur” ([829], pagina 493).
Del resto, questo è ciò che Bartold riporta nel suo studio dei documenti relativi, in un modo o nell'altro, al luogo di sepoltura di Timur: “Quanto sopra contraddice ciò che lo stesso autore riferisce altrove, vale a dire che la costruzione di una 'tomba a forma di cupola' del Sultano Mehmet iniziò nel 1404, e che il corpo di Timur era stato collocato in un 'edificio a forma di cupola per la sepoltura'; si ritiene molto probabile che entrambe le fonti si riferiscano alla stessa costruzione” ([829], pagine 490-495). Tutto è perfettamente chiaro: i riferimenti sono fatti ad un unico edificio, poiché Timur e il Sultano Mehmet si identificano nello stesso personaggio storico.
17. Le usanze presso la corte di Timur.
Citiamo alcune testimonianze riguardanti le cerimonie comuni e gli abiti indossati alla corte di Timur, il “selvaggio asiatico”. “Il nipote dello zar era vestito sontuosamente; il suo abbigliamento era realizzato in raso blu, con ricami dorati a forma di cerchio, con un cerchio sulla schiena, sul petto e su entrambe le maniche. Il suo cappello era impreziosito da grandi perle e pietre preziose, con un rubino molto brillante sulla parte superiore” ([829], pagina 322).
È facile riconoscere negli abiti in questione le vesti cerimoniali dei re russi, con tanto di ricami a forma di cerchio e una lussuosa corona che ricorda il cosiddetto “cappello da Monomaco”.
Alcune rappresentazioni medievali degli zar russi dell'Orda, li raffigurano vestiti in modo meno cerimoniale; la parte più appariscente di questo abbigliamento informale, è il lungo cappello a forma di cono fatto di lana, vedi nelle incisioni del XVI secolo delle prime edizioni del libro di Herberstein riprodotte in [161], per esempio. Apprendiamo quanto segue su un altro copricapo indossato da Timur. G. Wambery scrive quanto segue nella sua “Storia di Bukhara” (traduzione inglese pubblicata a San Pietroburgo nel 1873, vedere pagine 217-237):
“L’abito cerimoniale di Timur consisteva in un’ampia tunica di seta, con un lungo cappello conico di lana decorato in cima da un rubino oblungo, perle ed altre gemme. Indossava orecchini grandi e costosi, seguendo l'usanza mongola” ([829], pagina 396). A proposito, l'usanza di indossare gli orecchini è stata mantenuta viva dai cosacchi fino al XX secolo. Ovviamente, Ivanin non può tralasciare l'ovvia somiglianza tra i costumi della corte di Timur e quelli degli zar russi senza commenti, e ne parla nel modo seguente: “È molto probabile che... le usanze cerimoniali... fossero state le stesse, nel dominio di ogni Khan che era stato discendente di Gengis-Khan. Alcune di queste usanze furono importate dall'Orda d'Oro, dai principi moscoviti” ([829], pagina 436).
Non c'è nulla di nuovo in queste informazioni. Tutti conoscono l'origine “mongola” dei costumi della corte moscovita. Tuttavia, la nostra idea che la “Mongolia” si identifichi con la Russia e l’Orda, come l’esercito cosacco regolare dello stato russo, ci consente un nuovo punto di vista su questo tema. Si scopre che le “antiche usanze mongole” sono di origine russa e parzialmente bizantina. Sono state per lo più dimenticate in Russia sotto i Romanov, quando questi avevano cambiato radicalmente l'intero stile di vita russo. Alcune usanze “mongole” esistono ancora in Oriente; oggigiorno, spesso ci sembrano del tutto non russi e orientali, e l'unica ragione di ciò è il fatto che ci hanno fatto dimenticare la nostra storia.
18. Tamerlano e Ivan III.
La biografia di Tamerlano ha molti parallelismi con quella del Gran principe russo Ivan III, contemporaneo del sultano turco Mehmet (Maometto) II, il conquistatore di Costantinopoli. Questi parallelismi sono stati scoperti da M. G. Nikonova.
Va detto che le fonti russe moderne rimangono vistosamente silenziose, riguardo la conquista di Costantinopoli da parte degli Ottomani = Atamani nel 1453. I pochi documenti rimasti sulla reazione della Russia a questo evento, indicano che molto probabilmente fu positivo ([372]).
I russi devono aver effettivamente partecipato all’assalto di Zar Grad, visto che l’esercito russo (l’Orda) doveva essere stato un alleato dell’esercito “mongolo” ottomano di quel periodo. Tenete presente che le relazioni diplomatiche tra Mosca e Costantinopoli, erano state interrotte 14 anni prima e che il metropolita greco fu costretto a fuggire dalla Russia. Diventa ovvio il motivo per cui non esistono documenti russi che riportino la conquista di Costantinopoli: devono essere stati distrutti dai primi Romanov nel XVII-XVIII secolo, e le ragioni non sono troppo difficili da comprendere. Quando i Romanov si accingevano a partecipare alla “liberazione” di Costantinopoli dai turchi, dopo averla concordata con l’Occidente, il ricordo delle truppe russe che aiutarono gli Ottomani nella conquista di Zar Grad nel XV secolo, doveva essere tutt’altro che il benvenuto.
Tuttavia, l'epoca in cui gli Ottomani conquistarono Costantinopoli è proprio l'epoca di Ivan III. Pertanto, devono esserci dei documenti biografici paralleli, riguardanti lui e Mehmet = Maometto II = Tamerlano. L'esistenza di un legame tra Ivan III e Tamerlano (Mehmet II) è indirettamente confermata dai seguenti fatti.
a) Le interazioni diplomatiche tra Tamerlano e l'Europa occidentale furono condotte per procura di un personaggio misterioso noto come “l'Arcivescovo Giovanni”. Aveva agito come rappresentante de facto di Tamerlano, interagendo con i monarchi dell'Europa occidentale e prendendosi cura della corrispondenza di Tamerlano per suo conto ([829]).
b) La biografia di Gengis-Khan, che rispecchia in larga misura quella di Tamerlano, presta molta attenzione alla figura di un certo “Vescovo Giovanni” o “Prete Gianni”, che era stato, contemporaneamente, sacerdote e capo di una nazione potente. È costantemente gestito nelle cronache medievali. Tuttavia, gli storici non possono dare alcuna identificazione precisa a questa figura. Ricordiamo anche che Batu-Khan, nipote di Gengis-Khan, può essere identificato come Ivan Kalita = Califfo. La vita di Ivan Kalita risale al XIV secolo, il che lo rende, nel tempo, un vicino di Tamerlano.
Tuttavia, l'immagine di Ivan Kalita (Califfo) contiene anche una parte di uno strato successivo, che è viaggiato indietro fino a quest'epoca, a partire dal XV secolo a causa dello spostamento cronologico di 100 anni inerente alla storia russa. Questo strato è costituito dai documenti del Gran Principe Ivan III, noto anche come il Khan Ivan, vedi sopra. Questo ci porta al seguente collegamento di duplicati; sono disposti per righe nella seguente tabella:
Mehmet III | Ivan III | Ivan Kalita |
= Tamerlano | = Arcivescovo Giovanni | = Califfo |
= Gengis Khan | = Ivan il Prete | = Batu Khan (“batya” = padre) |
19. Conclusioni.
Ribadiamo che non insistiamo su tutto quanto detto sopra, poiché la fase della nostra ricerca non è affatto definitiva. Tuttavia, ci sono diversi punti focali di natura primaria e non abbiamo motivo di dubitare in alcun modo della loro veridicità. Ci sono almeno sei di questi punti:
1) L'identificazione di Yaroslav, il padre di Alexander Nevskiy, come Batu-Khan, noto anche come Ivan Kalita (Califfo). Georgiy Danilovich, suo fratello maggiore, si identifica come Genghis-Khan, e il Gran Principe Dmitriy Donskoi come Tokhtamysh-Khan.
2) La città chiamata Novgorod la Grande nelle cronache è Yaroslavl sul fiume Volga. 3) Il Campo Kulikovo si identifica come Kulishki a Mosca.
4) “Ivan il Terribile” è una “raccolta” di diversi zar individuali.
5) Boris “Godunov” era il figlio dello zar Fyodor Ivanovich. Morì per avvelenamento in età relativamente giovane.
6) La storia russa contiene un parallelismo dinastico, ovvero uno spostamento del valore di circa 410 anni.
La storia antica della Russia è un riflesso fantasma o un duplicato della sua storia reale tra il 1350 e il 1600. Queste sei affermazioni principali derivano da indicazioni esplicite fornite nei documenti russi medievali. Basta abbandonare la Procuste cronologia creata relativamente di recente da Scaligero, Miller e altri che vennero sulla loro scia, e promossa in modo aggressivo.
Il risultato principale della nostra ricerca è formulato nella sesta conclusione; si basa sull'applicazione dei metodi empirico-statistici riportati in Cronologia1 e Cronologia2.