Capitolo 14: Informazioni varie.
21. L’antico stemma di Yaroslavl che raffigura un orso che tiene un’asta cosacca con in cima una mezzaluna ottomana. Queste aste erano considerate un simbolo di potere in tutta Europa fino al XVII secolo.
Abbiamo già visto la mezzaluna ottomana, ossia atamana, su molti antichi stemmi. Oggi, questo non è perfettamente comprensibile a causa della riforma storica e geografica lanciata dai Romanov alla fine del XVIII secolo. Gli usurpatori istigarono una seconda ondata di ridenominazione di massa, relativa in particolare agli stemmi cittadini e regionali. Come risultato, la mezzaluna ottomana (atamana) svanì dagli stemmi russi. Abbiamo già parlato della prima ondata di ridenominazioni, che aveva afflitto la storia russa del XVII secolo. Evidentemente, non era stata sufficiente e così i Romanov decisero di ottimizzare la storia russa, rifinendola in qualche modo. Bisogna fare attenzione al fatto che, intorno al 1781, sono stati introdotti numerosi stemmi, e spesso venivano modificati anche drasticamente, come si può vedere sopra nella sezione degli stemmi delle città russe (Cronologia4, Capitolo 10:2; anche [162]). Bisogna anche notare la scomparsa della mezzaluna ottomana (atamana) dallo stemma di Kostroma.
Quanto sopra non può non farci chiedere dello stemma di Yaroslavl, ricostruito nella cornice della nostra teoria. Oggi l’orso tiene un’asta con una mazza sulla sua spalla, ma bisogna ricordare che questa versione dell’insegna fu introdotta solo nella seconda metà del XVIII secolo e cioè nel 1777 ([409], pag. 10). Un disegno più vecchio dello stemma di Yaroslavl, ci è noto dall’ “Almanacco Nazionale” compilato nel 1672. “Lo stemma della città di Yaroslavl… disegna un orso eretto che tiene un protasan sulla spalla destra” ([409], pag. 9). Nel 1692 questo disegno fu usato per realizzare il sigillo del principato, accompagnato dalla scritta “Sigillo Reale del Principato di Yaroslavl”. Gli storici dichiarano che questa versione dello stemma di Yaroslavl sia del XVII secolo; comunque, ammettono che il disegno sia basato su una tradizione popolare tracciabile fino alla fondazione di Yaroslavl ([409]). Vedremo brevemente perché gli storici siano così riluttanti a riconoscere la versione dello stemma col protasan come più antica del XVII secolo.
Cos’è in realtà il protasan? Diamo un’occhiata a un antico disegno dello stemma di Yaroslavl, preso dal “Grande Sigillo di Stato” che risale al XVII secolo ([162], pag. XI; vedi fig. 14.82). Il disegno proviene dal diario di Korb, da noi ben conosciuto. Possiamo vedere l’orso che tiene un’asta con in cima una mezzaluna (vedi fig. 14.108). Il protasan è perciò una lancia dove la punta è rimpiazzata da una mezzaluna. In più si scopre che l’asta del protasan era normalmente decorata in qualche modo: “Dipinta e tappezzata con argento o velluto” ([85], Volume 35, pag. 111). E così, secondo la costruzione di cui sopra, i protasan erano assolutamente identici ai bunchuk cosacchi, che erano anch'essi adornati e avevano delle mezzelune sulle punte. Ai nostri giorni, si presume che il bunchuk sia stato un simbolo puramente turco. Tuttavia, lo si trova sullo stemma dei Cosacchi Yaik, per esempio (vedi fig. 10.7). Conseguentemente, il bunchuk era stato il simbolo di stato dell’intero Grande Impero “Mongolo” e non già della sua parte precedente ottomana. In più scopriamo che i bunchuk con le mezzelune, o protasan, erano utilizzati come simbolo di potere fin dal IX-VIII secolo. Scopriamo che: “il protasan era usato come un’arma… utilizzato dalle guardie del corpo dei signori feudali dell’Europa Occidentale fino al XVII secolo. In Russia, i protasan erano utilizzati dalle guardie del corpo nel XVII secolo, e nel XVIII secolo il protasan si trasformò in un’arma cerimoniale portata dagli ufficiali di alto rango, perdendo la sua utilità di arma da combattimento” ([85], Volume 35, pag. 111).
Figura 14.108.
Stemma di Yaroslavl sul Sigillo di Stato della Russia risalente al XVII secolo.
Un orso con un protasan, ossia una mezzaluna ottomana
su una lunga asta . Il diario di Korb. Tratto da [162].
Figura 14.109.
Lo stemma Beloozero sul Sigillo di Stato della Russia
risalente al XVII secolo. Una mezzaluna ottomana
con una croce (o una stella).
Il diario di Korb. Preso da [162].
Effettivamente, il Grande Sigillo di Stato del diario di Korb contiene ancora una mezzaluna ottomana (atamana) che può essere trovata nello stemma di Beloozero (vedi fig. 14.109). Quest’ultima è una storica città russa situata a nord di Yaroslavl. Quella che vediamo è una costellazione di antiche insegne con le mezzelune intorno a Yaroslavl. L’attuale città di Yaroslavl ne ha una sulla sua insegna, come pure le vicine Kostroma e Beloozero.
22. “L’antico Olimpo” e la Russia erano l’Orda nel XIV – XVI secolo.
22.1. Kronos e gli altri dei dell’Olimpo nell’Europa Occidentale.
Poiché la maggior parte di noi già conosce la mitologia classica fin da bambino o adolescente, è stato instillato nelle nostre teste che gli dei dell’antica Grecia siano presumibilmente vissuti in tempi immemorabili sul monte Olimpo in Grecia. I rappresentanti del pantheon in questione sono i protagonisti o partecipano a un gran numero di poemi o leggende dichiarate oggi “antiche”: Kronos, Zeus, Atena, Afrodite e molti altri potenti dèi, anticamente venerati dai greci.
Rivolgiamoci alla “Storia” di Giovanni Malalas, un importante storico bizantino del Medio Evo ([938], [338] e [503]). Evidentemente, Malalas è dell’opinione che Kronos, Zeus e gli altri “antichi dèi greci, abbiano iniziato le loro carriere divine come primi re dell’Assiria, ovvero come primi zar di Russia, come possiamo capire oggi; cioè, gli zar russi del XIV secolo: Ivan Kalita, o Califfo, Georgiy Danilovich e i loro numerosi discendenti.
Questo è ciò che Giovanni Malalas riporta: “La stessa tribù di Shem, che era al governo della Siria, della Persia e di molte altre terre orientali, traccia le sue origini fino al primo figlio di Noè, un gigante chiamato Kronos, chiamato perciò Damius da suo padre... Aveva una forza formidabile che lo rese famoso ancora prima di diventare re... E governò sull’Assiria per molti anni... impietoso e senza paura, in battaglia non aveva pietà” ([338], pag. 24; anche [503], pagg. 195-196).
Malalas continua riferendo che la moglie di Kronos era conosciuta col nome di Semiramide, o Area, o Ira/Irene. I figli di Kronos furono chiamati Zeus, Nin e Ira ([338], pag. 24; anche [503], pag. 196). Vediamo i numerosi riferimenti allo stesso nome femminile di Irene, o Ira. Zeus era anche conosciuto come Pik e Diy ([503], pag. 196). Il figlio ed erede di Zeus, o Pik, era conosciuto come Velon ([338], pag. 25). Secondo la nostra ricostruzione, i primi zar Assiri erano stati i khan, ossia gli zar dell’Orda o antica Russia; vissero nel XIV secolo. In particolare, Ivan Kalita = Califfo, anche conosciuto come Batu-Khan, viene riflesso in numerose cronache come Kronos, il Dio dell’Olimpo.
Torniamo al nome Diy, che, secondo Malalas, apparteneva al dio dell’Olimpo Zeus, come anche al re Assiro ([503], pag. 196). Non conosciamo alcun nome di questo tipo oggi, ma c’è una prova che suggerisce che un tempo veniva usato, almeno in Russia. Bisogna ricordare il grande villaggio che ancora esiste vicino a Yaroslavl, chiamato Diyevo Gorodishche (che si traduce come insediamento di Diy); si presume sia stato fondato nel XV secolo (vedi [409], pag. 66). Il villaggio era inizialmente un insediamento fortificato. Possiamo perciò vedere come il nome Diy non sia stato inventato dall’autore bizantino Malalas e che se ne possono trovare ancora tracce nella toponomastica russa. A parte questo, il nome “Diy” potrebbe derivare dalla parola Russa “deyu”, che si traduce come “io faccio”, “io creo” etc. La parola “theos”, o “deos” (“dio”) ha un’origine simile, in quanto è il creatore del mondo.
Giovanni Malalas dà un approfondito resoconto della campagna occidentale lanciata da Kronos, cioè Ivan Kalita, cioè Batu-Khan, e ci descrive un certo numero di dettagli importanti: “Kronos lasciò suo figlio Pik in Assiria con sua moglie Area, anche conosciuta come Semiramide, e si mise in marcia con un enorme esercito verso le terre occidentali che non avevano re per governarle… mentre Botiu rimase all’Est governando da lì sull’intera terra” ([338], pag. 25). La parola “Botiu” ci colpisce inizialmente come strana, ma è molto probabilmente una variazione del nome Batu che i commentatori non hanno riconosciuto come tale.
Perciò, secondo Malalas, Kronos, il re dell’Assiria, anche conosciuto come Ivan Kalita e Batu-Khan, che venne trasformato nel dio dell'Olimpo Kronos, in molte “antiche” leggende e poemi, non tornò dalla sua campagna poiché aveva fondato una nuova capitale nell’ovest. Evidentemente, durante i primi anni, quando le comunicazioni non erano ancora sufficientemente sviluppate lo zar o khan russo, aveva difficoltà a governare le distanti provincie dell’ovest dalla sua capitale sul Volga, Novgorod la Grande. Giovanni Malalas specifica che la capitale occidentale di Kronos, il re dell’Assiria, era in Italia ([338], pag. 26; anche [503], pag. 196). Questo rende istantaneamente chiaro perché la residenza della Santa Sede sia chiamata Vaticano; anche N. A. Morozov ricorda che il nome Vaticano si traduce come “Batu-Khan” ([547]).
Ci sentiamo obbligati a ricordare ai lettori che la cronologia scaligeriana sposta la campagna di Batu-Khan = Ivan Kalita = Kronos l’Assiro, al XIII secolo, con un errore di 100 anni. Una volta che si osserva la storia del Vaticano nel XIII secolo, scopriamo il fatto più sorprendente. Proprio all’inizio del XIII secolo, Papa Innocenzo appare nell’arena storica: il nome si può tradurre come Ivan-Khan! Viene riportato che, oltre ad essere il Santo Pontefice, era anche il regnante laico dell’intera Europa (vedi fig. 14.110). L’intera Europa doveva semplicemente pagargli dei tributi: “Innocenzo era una persona estremamente ambiziosa e vanesia... Innocenzo III riuscì a guadagnare il controllo, non solo sull’episcopato, ma anche sui regnanti laici. Divenne il sovrano di vasti territori in Europa: i re di Scandinavia, Portogallo, Aragona e Inghilterra, come i regnanti di Serbia e Bulgaria, lo riconobbero come il loro sovrano e gli versarono grandi tributi. Anche altri paesi pagarono le tasse di San Pietro [ancora una volta, un'altra tassa che andava a Innocenzo (Ivan Kalita) Aut.], ed erano costretti a subire le ingerenze del papa nei loro affari di stato... Egli era assistito da una struttura fiscale e amministrativa di agenti, perfettamente organizzata. Il Concilio Curiale e i legati spediti in ogni paese d’Europa, controllavano l’esecuzione degli ordini del Papa” ([492], pag. 124).
Riflettiamo sul nome “Concilio Curiale”. La parola Latina “curia” significa una confederazione di dieci clan ([85], Volume 24, pag. 99). La parola russa kuren, usata storicamente dai cosacchi, significa la stessa cosa e suona anche simile, il che rende la parola latina, probabilmente derivata da questa. La concreta “antica” divisione della popolazione romana in curie, deve essere stata introdotta dopo la Grande Conquista “Mongola” dell’Europa nel XIV secolo, e da nessun altro se non Ivan Kalita = Batu-Khan l’Assiro = Papa Innocenzo.
Si scopre anche come Ivan-Khan, o Innocenzo, sia stato “l’ideatore della Quarta Crociata [che portò alla caduta di Costantinopoli - Aut.], alla fondazione dell’Impero Latino sul territorio bizantino e alle università di Parigi e Oxford. Gli emergenti nuovi ordini monastici iniziarono una nuova era nella cristianità medievale. Anche la trasformazione della capitale apostolica [ossia il Vaticano, ossia la casa di Batu-Khan - Aut.] ... in uno dei più potenti centri di poteri finanziario in Europa, va attribuito a Papa Innocenzo III” ([402], pag. 125). Ricordiamo ai lettori che, secondo la nostra ricostruzione, la parola Ordine (Ordo) deriva dalla parola Russa “Orda”.
Figura 14.110.
Ritratto medievale di papa Innocenzo III (o Ivan Kalita (Califfo),
noto anche come Batu-Khan, secondo la nostra ricostruzione
) sull’affresco di Raffaello intitolato “Disputa”.
Notate i lineamenti slavi del Papa.
Tratto da [713], pagine 334-337.
Vedere anche [402], pagina 125.
La nostra ricostruzione dà una nuova prospettiva alle imprese del Papa. Esse arrivarono nel corso della Grande Conquista “Mongola” dell’Europa da parte di Batu-Khan = Kronos l’Assiro = Papa Innocenzo. Vediamo l’introduzione di una nuova organizzazione dei clan, la curia o kuren, la fondazione del Vaticano o residenza di Batu-Khan in Italia, la sua capitale occidentale, i lavori statali di costruzione in tutta l’Europa e così via.
È anche molto probabile che Innocenzo III = Ivan Kalita non sia stato seppellito a Mosca ma piuttosto in Egitto, vedi fig. 14.111.
A proposito, non si può non notare che i lineamenti fisici, nel ritratto di Papa Innocenzo III, vedi fig. 14.110, sia molto diverso da quello dei Papi successivi, ovviamente suoi successori. Gli zigomi di Innocenzo III sono tipicamente slavi e ha una lunga barba.
Tuttavia, ritorniamo alla descrizione della Grande Conquista “Mongola” come ci viene restituita dalla Storia di Giovanni Malalas, che riferisce che dopo che le truppe di Kronos avevano lasciato l’Assiria per marciare a Occidente, suo figlio Zeus era rimasto al comando per gli affari di casa. Questa immagine storica è stata successivamente trasformata nella leggendaria immagine dello Zeus, dio dell’Olimpo. Il suo duplicato nella versione russa della storia, si chiama Simeone il Fiero, figlio di Ivan Kalita. Qualche tempo dopo, Simeone, ossia Zeus, raggiunse il padre a ovest e vi rimase a regnare. Il trono Assiro, ossia Russo, passò a Nin, secondo figlio di Kronos.
Il nome Nin sembra essere una leggera corruzione di Ioann/Ivan/Giovanni. Malalas si deve riferire a Ivan Ivanovich Krasniy (“il Rosso”), il secondo figlio di Ivan Kalita = Kronos l’Assiro = Batu-Khan, che ascese davvero al trono dopo la “misteriosa scomparsa” di Simeone il Fiero (secondo gli storici sapienti, morì di peste). Secondo Malalas, Simeone il Fiero (cioè Zeus, cioè Pik) non morì di nessuna peste, in quanto andò in Italia a governare come successore del padre per molti anni ( [338], pag. 26; vedi anche [503], pag. 196).
Malalas descrive l’Europa Occidentale dell’epoca, come una terra selvaggia e poco coltivata, senza tante città o paesi: “Non c’erano né città né fortificazioni nelle terre Occidentali, solo alcuni nomadi discendenti di Jafet, che vivevano qua e là.” ([338], pag. 28). Pare che in molte parti dell’Europa Occidentale le persone mantenessero un livello di vita molto primitivo, non costruivano città, né costruivano fortificazioni di qualche tipo. Malalas è perciò dell’opinione che Kronos l’Assiro (che evidentemente si identifica con Batu-Khan, o Ivan Kalita), non ebbe difficoltà a conquistare le terre occidentali.
Figura 14.111.
Un'altra fotografia della lapide realizzata nel XVII secolo
come replica e trovata presso il “sepolcro di Ivan Kalita”
nella Cattedrale dell'Arcangelo nel Cremlino di Mosca.
Abbiamo realizzato questa fotografia nell'aprile del 2002,
con un'illuminazione diversa rispetto all'altra fotografia
della stessa lapide che riproduciamo sopra, nella fig. 14.11.
Si può vedere chiaramente che anche
l'iscrizione trovata sulla replica romanoviana,
non è sfuggita all'attenzione dei censori.
L'autentico sepolcro di Ivan Kalita (Califfo),
noto anche come Batu-Khan, è molto probabile
che si trovi nel cimitero reale “mongolo” in Egitto,
sulla Piana delle Piramidi o a Luxor.
Incontriamo anche un interessante riferimento “all'antico” Diodoro fatto da Malalas; riguarda il luogo di sepoltura di Zeus (Simeone il Fiero?) sull’isola di Creta. Fu sepolto in un tempio eretto appositamente per quello scopo:
“E i suoi figli avevano eretto un tempio in memoria del loro padre, e lo deposero in una bara sull'isola di Creta; la bara esiste ancora oggi” ([338], pagina 29; anche [503], pagina 196).
È possibile che alcuni resti della tomba di Zeus, o Simeone, siano sopravvissuti fino ai nostri giorni. La questione merita un ulteriore approfondimento. Diventa chiaro il motivo per cui l'isola di Creta era anticamente conosciuta come Candia, che è il nome di cui abbiamo parlato sopra. Era presente su alcune mappe fino al XIX secolo, vedi la mappa nella fig. 14.102, per esempio.
La ragione potrebbe essere che il nome Candia deriva da Khan Diy. Secondo Malalas, questo nome era stato indossato da Zeus, o Simeone il Fiero, un gran principe russo. L'antico nome dell'isola implica che Zeus, ossia Diy, fosse un Khan, il che è in perfetta corrispondenza con la nostra ricostruzione.
Malalas menziona anche altri discendenti del re Assiro Kronos = Ivan Kalita (Califfo), come Ermes etc. Tutti questi antichi “dèi Greci” erano un tempo stati i principi di Persia o Assiria secondo Malalas, ovvero Zar Russi (Gran Khan) nella nostra ricostruzione. Hanno regnato in Italia, Egitto e altri paesi che sono stati sotto il dominio dell’Assiria, o Russia, nel XIV-XVI secolo ([503], pag. 196).
La nostra ricostruzione rende tutto perfettamente chiaro. Malalas ci parla del primi Zar del Grande Impero "Mongolo", che dominarono la Russia, ossia l'Orda (anche conosciuta come la Biblica Assiria) fin dal XIV secolo. È naturale che gli abitanti di tutte le terre possedute dall’Orda abbiano guardato ai khan come dei possenti signori e sovrani. Più tardi, in Grecia e in altri paesi caldi sulle coste del Mediterraneo, il ricordo dei precedenti sovrani Assiri, Russi, fu trasformato nei miti e nei possenti dèi che abitavano nel lontano monte Olimpo, alto e nebbioso, da cui lanciavano i loro fulmini (cannonate) facendo tremare di paura i ribelli. Potevano anche occasionalmente visitare i loro adoratori in forma mortale, prendere concubine mortali e generare semidei. Questi ultimi avrebbero conseguentemente regnato per conto degli “autentici dèi Greci” nella magnifica “antica” Ellade, in Italia, in Gallia, in Egitto e così via.
Sottolineiamo anche come il nome Ira, o Irene (Irina) fosse molto comune tra i primi re Assiri (successivamente deificati). È possibile che ci sia una connessione col Tempio di Santa Irene a Costantinopoli.
22.2. Il nome Irina si riflette nella toponomastica storica del Grande Impero “Mongolo”.
Il più antico tempo in Zar-Grad era conosciuto come il tempio di Santa Irene, vedi Cronologia6. Il nome Ira o Irene, ovviamente si è riflesso nella toponimia delle regioni che sono entrate direttamente in relazione col Grande Impero "Mongolo": Irlanda, Iran (Persia) e così via. Ricordiamo ai lettori che, secondo la nostra ricostruzione, il nome Persia è una versione del nome Prussia, o Russia Bianca. Dobbiamo anche sottolineare il fatto che la moglie di Yaroslav il Saggio era chiamata Irina ([404], pag. 264). La nostra ricostruzione identifica Yaroslav con Batu-Khan, Ivan Kalita e Ivan il Califfo. Crediamo che sia per questo che il nome della moglie è stato immortalato nei nomi dei luoghi che fecero parte del Grande Impero "Mongolo".
E poi c’è un altro fatto sorprendente. Si scopre che il nome Irina era posseduto dalla madre del Re Biblico Salomone, o dalla moglie del Re Biblico David. Prendiamo la famosa Bibbia di Gennadio, che si presume del 1499 (più precisamente, la fotocopia che fu pubblicata nel 1992 - vedi [745]). Nelle prime righe del Vangelo secondo Matteo, leggiamo che “il Re Davide generò Salomone da Irina” ([745], Volume 7, pag. 15; vedi figg. 14.112 e 14.113). Potrebbe essere questa Irina, quella rappresentata nel mosaico di Santa Sofia in Zar Grad che riproduciamo nella fig. 14.114? Sarebbe ovvio, poiché, secondo la nostra ricostruzione, il Biblico Re Salomone si identifica con il famoso Sultano Ottomano o Atamano Solimano il Magnifico, conosciuto anche come il “restauratore” di Santa Sofia nel XVI secolo. Secondo la nostra ricostruzione non “restaurò” alcunché, bensì costruì il tempio (vedi Cronologia6, Capitolo 12).
Questo frammento della Bibbia di Gennadio deve veramente essere sembrato eretico, al meticoloso editore del XVII secolo che ha fatto del suo meglio perché il nome Irina contrastasse il meno possibile con i vicini nomi di David e Salomone.
Come si può vedere nella fig. 14.113, il piccolo cerchio della O è stato messo davanti alla prima lettera del nome, trasformando il suono da I a OU. Gli antichi testi russi come la Bibbia di Gennadio, usavano trascrivere la lettera U o come la lettera greca γ scritta a mano, o con la combinazione di due lettere, O e U (ογ). La lettera che corrisponde al suono I si chiamata “izhitsa” (y) e assomiglia molto a una γ; tuttavia, bisogna che sia preceduta da una O per essere letta “OU”. La lettera mancante fu gioiosamente aggiunta dall’editore. Sottolineiamo che si tratta evidentemente di un pedice posteriore, poiché la “presunta lettera oy” non è scritta in questa strana maniera da nessun’altra parte nella Bibbia di Gennadio. In più, ci sono due tratti sopra l’izhitsa (vedi fig. 14.113), un segno diacritico che si usa solo per il segno I e non è mai usato nella combinazione “oy”.
Figura 14.112.
La prima pagina del Vangelo secondo Matteo nella Bibbia di Gennadio, che si presume risalga al 1499.
Tratto da [745], volume 7, pagina 15
Figura 14.113.
Fotografia delle prime righe del Vangelo secondo Matteo nella Bibbia di Gennadio, che si presume risalga al 1499.
La moglie di David e madre di Salomone si chiama esplicitamente Irina. Tratto da [745], volume 7, pagina 15.
Figura 14.114.
L'Imperatrice Irina. Mosaico della Cattedrale di Santa Sofia.
È la stessa donna che è moglie di David e madre del biblico Salomone (Solimano il Magnifico), secondo la Bibbia di Gennadio?
Tratto da [1123], pagina 36.
Figura 14.115.
Citazione dalla Bibbia di Ostrog (Matteo 1:6).
Cosa dice la traduzione sinodale? È possibile che abbia preservato il nome Irina? Ovviamente no; la traduzione moderna è piuttosto obliqua e dice così: “Avendo David generato Salomone da una dei parenti di Uriah” (Matteo 1:6). vedi fig. 14.115 per l’originale in Slavo Ecclesiastico.
Qui, gli editori si sono spinti anche oltre, e hanno trasformato Irina in un’anonima parente di Uriah, un maschio. Evidentemente, non ritenevano che l’antico testo della Bibbia di Gennadio sarebbe circolato in molte mani e hanno pensato che nessuno si sarebbe preso la briga di decifrare il vero nome. È così che la storia antica fu “emendata”, in modo rapido e furtivo; più tardi, gli “emendamenti” vennero fatti passare per presenti dall'inizio nel testo originale.
La citazione di cui sopra è tratta dalla genealogia di Gesù Cristo, secondo quanto troviamo all’inizio del Vangelo di Matteo. Questa genealogia lega anche, cronologicamente, i Vangeli all’Antico Testamento, mettendoli alla fine della storia Biblica. Un altro fatto che va menzionato in relazione a questo, è che il passaggio genealogico da Matteo non è stato incluso nella lista delle “letture evangeliche” contenute nella Bibbia di Gennadio. Questo significa che questa parte del Vangelo non è mai stata letta ad alta voce nelle chiese medievali e poteva quindi essere purgata dal cosiddetto Vangelo Aprakos, utilizzato per la lettura durante il servizio. Il “passaggio cronologico” è perciò probabilmente apocrifo e fu introdotto dagli storici scaligeriani e romanoviani, che può anche spiegare perché il nome di Cristo viene sillabato come Ииcyc, con due lettere и, cioè la sillabazione introdotta dopo la riforma di Nikon a metà del XVII secolo. In ogni altro passaggio viene sillabato come Иcyc, cioè alla vecchia maniera (vedi [745]).
Corollario: È molto probabile che la prima pagina del Vangelo secondo Matteo della Bibbia di Gennadio, sia stata sostituita da un'altra, scritta di nuovo nel XVII secolo per corrispondere alla cronologia storica di Scaligero e dei Romanov.
23. La storia del mondo secondo alcuni autori tedeschi del XVII-XVIII secolo. Il libro di Johannes Heinrich Driemel.
Vorremmo portare all’attenzione dei lettori un libro estremamente interessante del XVIII secolo. Ci è stato segnalato da Y. A. Yeliseyev, che è anche stato così gentile da copiare alcuni passaggi per noi.
Il libro in questione fu scritto da Johannes Heinrich Driemel (o Drümel) e pubblicato a Norimberga nel 1744. Una traduzione Russa arrivò a S. Pietroburgo nel 1785 con il seguente titolo: “La Dimostrazione Storica Esemplare della Genealogia dei Russi come Prima Nazione dopo il Diluvio”. Una copia di questo libro è conservata nella Libreria Nazionale di Russia dove è stata scoperta da Y. A. Yeliseyev.
Il contenuto di questo libro piuttosto piccolo in tedesco, può essere riassunto così: la storia del mondo incomincia con il Regno Assiro, che Driemel identifica anche con il Regno degli Sciti, ossia i Cosacchi, ossia Gog e Magog, ossia il Regno Russo. Il Biblico Nimrod era di discendenza Scita o Russa. Queste sono le parole esatte che Driemel utilizza! Nel XIII secolo i Russi, conosciuti in occidente come Tartari, invasero l’Europa Occidentale. Il ricordo di questa invasione è ancora vivo, per esempio, nei toponimi della Germania. Driemel cita il nome di Monte Risen come esempio e spiega che il nome si traduce Monte Russo.
Driemel conclude nella seguente maniera: “La parola Ris è senza dubbio scita. La parola Ris si dice sia tedesca, ma può anche essere scita. I tedeschi e gli sciti hanno molti nomi comuni ed erano un tempo fratelli. È per questo che i russi sono conosciuti come anche come i Risi, i Giganti, gli Sciti, i Saci, i Curdi e gli Araratiani” ([261], pag. 46-47).
Il fatto che Driemel identifichi i Russi come Tartari e in modo assolutamente disinvolto, sembra sorprendente per un lettore moderno, ma sembrava perfettamente normale per un cittadino di Norimberga del XVIII secolo, che non doveva cercare alcuna prova a supporto. Lo considerava assiomatico!
Bisogna considerare che il libro di Driemel è stato scritto prima della diffusione della teoria “dell'orrendo giogo dei Mongoli e dei Tartari che invasero la Russia”, pensata dagli “eminenti scienziati russi” Bayer e Schlezer. Driemel non era semplicemente a conoscenza della loro grande scoperta, e aderiva semplicemente al vecchio modo tedesco di pensare che russi e tartari fossero due nomi della stessa nazione.
Per le origini storiche del nome Biblico Nimrod, Driemel dovette già portare le prove, poiché la versione scaligeriana della storia biblica era già ampiamente utilizzata nell’Europa Occidentale.
Procediamo con alcune citazioni del libro di Driemel che parlano da sole.
Driemel comincia con riferimenti ad “antichi” autori, che provano che la prima nazione dopo il diluvio siano stati i Curdi, il cui nome può essere messo in relazione con la parola “Orda” e “gordiy” (“orgoglioso”). Cosa glielo fa pensare? Evidentemente, Driemel riconosce che il moderno Kurdistan faccia parte dell’Assiria, e ogni cronista medievale sapeva che il Regno d’Assiria fu il primo ad essere fondato. Come abbiamo cercato di dimostrare nel presente libro, il vero significato di questa affermazione è che il Grande Impero “Mongolo” ossia Russo = Assiro, sia stato il primo impero a diffondersi nel mondo. Le ulteriori elaborazioni di Driemel di fatto confermano la nostra ricostruzione, poiché più avanti identifica l’Assiria Biblica come gli Sciti e la Russia. Tuttavia, Driemel segue l’erronea geografia scaligeriana e non capisce che la Biblica Assiria è davvero la Russia o l'Orda. Per questo traccia le origini dei Russi fino agli abitanti della moderna Mesopotamia o Assiria.
Driemel riporta quanto segue: “La parte a Nord di questa terra [il Kurdistan - Aut.], che comprende la maggior parte dell’Assiria, è chiamata Adiabene. . . È menzionata da Strabone nel nono libro della sua “Geografia”, dove dice che gli abitanti di questa terra sono chiamati Sacopodi o Sac… Tolomeo nelle sue “Tavole Asiatiche” cita la Scizia Saca come il posto dove Noè si era fermato... Solino scrive nel Libro XLIX che i Persiani erano inizialmente conosciuti come Korsaks, nome che si traduce come “Cordian Sacs” ([261], pagg. 26-27). Driemel commenta queste citazioni “dall'antico” autore nella maniera più straordinaria: “Questi potrebbero essere gli antenati dei Cosacchi” ([261], pag. 27). Perciò Driemel identifica apertamente gli Sciti e gli “antichi” Saci come i Cosacchi.
Driemel continua così: “I Saci sono il gruppo etnico principale in Scizia (Strabone, Geografia Libro XI) ... I Saci vengono identificati ovunque con gli Sciti (da Isidoro nelle “Caratteristiche” e da Ariano nel ‘Racconto delle Campagne di Alessandro’, Libro 3)” ([261], pag. 29). Driemel commenta così: “Il nome Scita si traduce come ‘cacciatore’... la parola ‘cacciatore’ si traduce con ‘gigante’ nella Bibbia greca; altre nazioni usano la parola ‘Scita’… Perciò, le parole “Cacciatore”, “Curdo”, “Gigante” e “Scita” sono sinonimi… la Bibbia si riferisce ai ‘Cacciatori’ come a una nazione” ([261], pag. 30). Driemel prova perciò che il Re Biblico Nimrod, il fondatore del primo regno sulla faccia della terra dopo il diluvio, era uno Scita. Questa ultima parola viene erroneamente tradotta con “cacciatore” nella versione moderna della Bibbia. Driemel più avanti identifica gli Sciti come i Russi.
“I nomi di Gog e Magog sono anch'essi originariamente Sciti” ([261], pag. 33). Il commento di Driemel sul passaggio di Ezechiele che cita Gog e Magog, è il seguente: “I 70 traduttori traducono come segue: ‘Rivolgi la tua faccia verso Gog, Principe di Rosh, Meshech e Tubal’… Poiché Magog si traduce come ‘Rosh’, che è il nome di una nazione che i traduttori conoscevano, essi [Gog e Magog - Aut.] erano Sciti poiché le nazioni di Magog, Meshech, Tubal, Homer e Farhaman erano Scite, le prime nazioni del Nord (Mosè, Libro I, Capitolo X 2.3), la maggior parte delle quali era conosciuta come Scizia nell'epoca di cui ci parla questa profezia… Giuseppe Flavio, lo storico Giudeo, stabilisce esplicitamente che Gog e Magog sono Scite (Libro VII, Capitolo 1)... Stromberg, vissuto presso i discendenti degli Sciti, una fonte molto affidabile, in ‘Descrizione di Europa e Asia’ (pag. 42), scrive che gli Sciti si riferiscono a sé stessi come Goug e Gioug, e che l'affisso Ma sta per Oriente; e così, Gog e Gioug sono la stessa cosa e Magog è il nome degli Sciti Orientali” ([261], pagg. 34-36).
Dopo questo, Driemel prova (come al solito, citando numerosi autori “antichi” e medievali) che gli Sciti possono essere identificati con i Persiani, citando una voce da un’enciclopedia medievale: proprio dopo la voce “Magia” leggiamo che i Persiani sono conosciuti come Magog e Nagouzei [un riferimento a Nogaisk? - Aut.] dai loro vicini… L’Assiria Superiore è la terra di origine degli Sciti. La Persia si trova a Est... Comunque, nessun’altra nazione rappresenta gli Sciti dell’Est meglio dei Persiani… Ci si riferisce a Hodollogomor, Re di Elim o Persia (Genesi, Capitolo XIV) come al Re degli Sciti (vedi i suoi commenti alla Genesi, Capitolo X) - perciò, Gog, Magog e Gioug sono tutti nomi degli Sciti” ([261], pagg. 37-38).
Si potrebbe pensare che le nazioni in questione siano di origine orientale e abbiano sempre abitato il territorio della moderna Persia. Questo non contraddice di molto la storia di Scaligero; tuttavia, Driemel va avanti provando che i russi e i tedeschi sono entrambi di discendenza Scita. Ovviamente, simili affermazioni suonano stravaganti per quanto riguarda la storia consensuale (considerato che vengono da un autore tedesco), ma concorrono perfettamente con la nostra ricostruzione, secondo la quale la Biblica Assiria conosciuta anche come Persia e la terra di Gog e Magog, si identifica con la Russia medievale, o Orda, mentre i tedeschi è probabile che siano i discendenti degli Slavi arrivati dalla Russia, o Orda, durante la Grande Conquista “Mongola”.
Continuiamo con le citazioni di Driemel: “Gli avi dei tedeschi erano conosciuti come Sciti (Plinio, ‘Storia Naturale’, Libro IV, Capitolo 25), i Geti, gli Alemanni Celti, i Franchi e i Germani... ‘Jafet’ tradotto come ‘gigante’, che è anche la parola utilizzata nella Cronaca Sarmaziana, laddove la Cronaca di Alessandria dice ‘Sciti’... I Popoli Germanici (Gudlingian, Libro 1) traducono il termine greco ‘gigante’ in tedesco come ‘Riesen’ ... la Scrittura Sacra si riferisce a uomini di altezza eccezionale, forti e coraggiosi come i Nephaim, Emim e Eand…. Le cronache norvegesi e danesi riferiscono che i Risi sono una nazione baltica che ha firmato un trattato di pace con i Normanni” ([261], pagg. 39 e 42).
Quindi, Driemel ci dice direttamente che “i Risi sono i Russi” ([261], pag. 43). “Il nome Russia in Latino è laddove i Greci usano la parola ‘Ross’ (che è indicata dagli autori greci come una Nazione Scita; nel X-XIII secolo, Kedren scrisse quanto segue nella sua ‘Breve Storia’ (pag. 453): ‘I Ross sono una tribù Scita che occupa la parte Nord della Tauride). Chiamano sé stessi Reis (Russi)’... i Tedeschi pronunciano il nome come ‘ Riesen ’” ([261] , pagg. 42-43).
“E perciò mi chiedo – qual’è l’origine del Monte Riesen? Da dove partì il nome per arrivare fino alle colline tra la Boemia e la Slesia? L’unica ragione possibile credo sia che i Tartari, conosciuti anche come Risi e Russi, purtroppo abbiano invaso la Slesia come una forza ostile nel XIII secolo” ([261], pag. 45).
È così che Driemel, con naturalezza, si riferisce all’invasione dei Mongoli e dei Tartari, chiamandola conquista russa e ovviamente non consapevole di quanto comprometta il patto fatto tra gli storici successivi sul non dover mai ricordare che i russi erano stati un tempo conosciuti come tartari o che l’Orda avesse colonizzato l’Ovest.
Ancora più avanti: “Gli scrittori di tutte le epoche riconoscono i Ris, i Ross o i Reis come una nazione Scita (Kedren)” ([261], pag. 46).
È così che un autore tedesco dei primi del XVIII secolo, vedeva la storia globale. Gli esperti dei moderni libri di testo tratteranno naturalmente le informazioni di cui sopra come evidenti sciocchezze e si chiederanno come sia possibile che un autore così ignorante come Driemel, possa aver scritto un libro e abbia potuto vederlo pubblicato. Infatti, in Cronologia5 spieghiamo (riferendoci a A. D. Chertkov) che c’erano molti libri simili pubblicati in Germania. Sarebbe molto interessante analizzarli tutti. Non lo abbiamo fatto, utilizzando un solo esempio – il libro di Driemel, che esiste anche nella traduzione russa. Come possiamo vedere, molti tedeschi ricordavano ancora il reale svolgimento della storia del mondo ai primi del XVIII secolo, sebbene in modo vago.
24. L’aquila bicefala imperiale e le possibili origini di questo simbolo.
Nel 1997 fu pubblicato il libro di G. V. Vilinbakhov intitolato "Lo Stemma Nazionale Russo: 500 Anni" ([134]). L’autore parla della storia dello stemma russo, l’aquila bicefala, ritenendo perfettamente naturale che i russi mancassero dell’immaginazione necessaria per inventare il simbolo da soli e lo avessero adottato da qualcun altro. Tre possibili fonti vengono citate: Bisanzio, l'Europa Occidentale e l'Orda d’Oro ([134], pag. 23). Evidentemente, “la figura dell’aquila nel conio dell’Orda d’Oro sembra che sia di origine orientale e non di importazione bizantina, come alcuni ricercatori suggerivano. V. I. Savva venne fuori con la teoria che l’aquila bicefala sul conio dei Juchid, rappresentasse lo stemma del khan dell’Orda d’Oro” ([134], pag. 23). Quest’idea corrisponde con la nostra ricostruzione, secondo la quale l’aquila bicefala dell’Orda d’Oro era un simbolo russo utilizzato dall’Orda fin dagli inizi.
Figura 14.116.
Uno degli stemmi dell’“Ehrenpforte” di Dürer.
La mezzaluna ottomana che emette raggi di luce
ricorda le ali spiegate di un'aquila.
Tratto da [1067], pagina 30.
Figura 14.117.
Uno degli stemmi dell’“Ehrenpforte” di Dürer.
È molto probabile che l'aquila bicefala sia una versione della stella e della mezzaluna,
o la combinazione della croce e della mezzaluna (la croce cristiana ottagonale o esagonale).
Tratto da [1067], pagina 30.
Dobbiamo anche ricordare che il sigillo di Ivan III è molto simile a quello di Ivan IV, che è precisamente come deve essere secondo la nostra ricostruzione. Entrambi i sigilli hanno semplicemente scritto il nome Ivan; ovviamente non ci sono “numeri” (vedi figg. 7.6 and 7.8, e anche Cronologia4, Capitolo 7.7).
Il libro di Vilinbakhov ci parla anche delle bandiere russe che rappresentavano palesemente il “simbolo del sole con la mezzaluna” ([134], pag. 31). È molto probabile che almeno in alcune di queste ci fosse il simbolo della stella con la mezzaluna, a noi familiare per via dell’Impero Ottomano = Atamano. È strano che la casa editrice dell’album ([134]) per qualche ragione non abbia riprodotto una singola fotografia o almeno il disegno di qualcuna di queste bandiere. Sarà dovuto forse all’esplicita rappresentazione della stella con la mezzaluna? Bisogna anche dire che il “simbolo del sole con la mezzaluna” accompagnava un tempo l’aquila bicefala imperiale ([134], pag. 31): “La composizione, che consisteva in un’aquila bicefala coronata col sole e la luna ai lati, era stata un tempo sulla cima delle bandiere donate al Principe Gregorio Cherkasskiy di Astrakhan, dallo Zar Alessio Mikhailovich nel 1662. Una simile bandiera venne ricevuta dal Principe Boulat Cherkasskiy nel 1675. Su alcune delle bandiere, il sole e la luna possono trovarsi alla destra e alla sinistra della croce sul Golgota [sic! - Aut.]; possiamo riferirci anche a un’incisione simile del tardo XVII, primi del XVIII secolo, intitolata ‘Nostra Signora e il Crocifisso’, dove i luminari celesti sono dipinti ai due lati del Cristo crocifisso” ([134], pag. 31).
Figura 14.118.
Stemma con due aquile (croci o mezzelune). Le ali spiegate formano una vera mezzaluna. Tratto da [1067], pagina 298.
Figura 14.119.
Quattro stemmi (aquile) dall’“Ehrenpforte” di Dürer. Vediamo una mezzaluna sul petto dell'aquila. Tratto da [1067], pagina 16.
Figura 14.120.
Stemma con due aquile (stella e simboli della mezzaluna)
dall’“Ehrenpforte” di Dürer.
Tratto da [1067], pagina 24.
Figura 14.121.
Stemma con due aquile = simboli della stella e della mezzaluna
dall'"Ehrenpforte" di Dürer.
Tratto da [1067], pagina 25.
Tutto ciò indica che i simboli Ottomani = Atamani erano ancora piuttosto comuni nel tardo XVII, primi del XVIII secolo.
Riflettiamo ora sulle ragioni per cui il simbolo imperiale è un uccello a due teste, dopo tutto un simile fenomeno in natura è estremamente raro ed è un’anormalità. È perfettamente ovvio che nel caso dell’aquila imperiale bicefala, la scelta del simbolo venne dettata da considerazioni speciali di qualche tipo, che non avevano nulla in comune con la biologia. Quali erano queste ragioni? Sebbene il problema non abbia per noi un’importanza capitale, è piuttosto curioso di per sé. Esprimiamo dunque la nostra ipotesi a proposito.
Rivolgiamoci alle piuttosto affascinanti e rare incisioni di Albrecht Durer, comprese nel suo famoso “Arco di Trionfo di Massimiliano I” - il cosiddetto “Ehrenpforte” ([1067]). Nella fig. 14.116 vediamo un dettaglio di queste incisioni che mostrano uno stemma disegnato da Durer. È perfettamente ovvio che qui si vede una mezzaluna con i raggi splendenti da entrambi i lati, che sembrano sorprendentemente le ali sollevate dell’uccello formato dalla mezzaluna. Qui non c’è la testa, tuttavia appare ovvio che la famosa aquila bicefala debba davvero essere una differente rappresentazione del solito simbolo con la stella (o croce) e la mezzaluna. Le due teste dell’aquila, con le schiene rivolte l’una contro l’altra, possono essere viste come un'altra versione del simbolo della stella con la croce che poggia sulla mezzaluna, ovvero le ali dell’aquila. Perciò, l’aquila bicefala con le ali aperte, è anch'essa una versione della croce cristiana (con sei o otto punte) o la mezzaluna con stella ottomana. In fondo, rappresentano tutte la stessa cosa.
Nella fig. 14.117 riproduciamo un altro stemma dall'Ehrenpforte di Durer, che disegna un'aquila bicefala le cui ali formano ovviamente una mezzaluna, laddove il corpo e le due teste sono posizionate come parti della croce. Quello che abbiamo davanti è perciò ancora un’altra versione della croce cristiana a sei o otto punte. Diventa anche chiaro il perché la versione iniziale dell’aquila abbia le ali sollevate: rappresentano la mezzaluna. Le ali chiuse sono una modificazione introdotta più tardi, quando il significato iniziale del simbolo era ormai percepito vagamente; in seguito fu per sempre dimenticato. Le ali dell’aquila devono essere state chiuse nell’epoca della Riforma, così da allontanarla il più possibile dall’associazione con la croce cristiana o con la stella con la mezzaluna ottomana.
Figura 14.122.
Stemma con l’aquila (simbolo della stella e della mezzaluna,
oppure la croce cristiana) tratto dall’“Ehrenpforte” di Dürer.
Tratto da [1067], pagina 25.
Figura 14.123.
La forma perfettamente evidente di un'aquila (croce con mezzaluna).
Tratto da [1067], pagina 31.
Nella fig. 14.118 un altro stemma tratto da [1067], pag. 298. Qui vediamo due aquile, ognuna con una sola testa, con le ali sollevate che ovviamente rappresentano la stella e la mezzaluna (ossia le croci cristiane).
Nella fig. 14.119 vediamo quattro aquile araldiche con le ali aperte che rappresentano ovviamente delle mezzelune ([1067], pag. 16). Qui, le mezzelune sulle ali sono disegnate sul corpo dell’aquila. Vediamo lo stesso con lo stemma riprodotto nelle figg. 14.120, 14.121 e 14.122. Quest’effetto è evidentissimo nella fig. 14.122, dove la mezzaluna è palese e immediatamente riconoscibile.
25. La genealogia dei Gran Principi di Mosca riscritta nel XVII secolo.
Sembra che la genealogia del Gran Principi di Mosca sia stata riscritta nientemeno che nel XVII secolo ([134], pag. 37). Questo è ciò che sappiamo sulla materia. Intorno al 1673 l’Imperatore Leopoldo I mandò un esperto di araldica, uno slavo di nome Lavrentiy Khourelich (o Kourelich), a Mosca su richiesta dello Zar [Alexei Mikhailovich - Aut.]. Nel 1673, Lavrentiy Khourelich scrisse un trattato intitolato “Genealogia dei più Santi e Venerati Gran Principi di Mosca et al. . .” La “Genealogia” fu spedita a Mosca da Vienna nel 1674, personalmente dall’autore che l’aveva affidata a questo fine a Paul Menesius; fu registrata tra i documenti del Posolskiy Prikaz [Servizio Reale per le Relazioni Estere - Trad.]. A parte le reali genealogie degli Zar Russi, da Vladimir Svyatoslavich ad Alessio Mikhailovich, e la descrizione dei legami familiari tra gli zar e i monarchi di nove altri paesi, il lavoro di Khourelich contiene i ritratti degli Zar e dei Gran Principi” ([134], pag. 37).
Perciò, gli stessi storici ci dicono che una qualche nuova genealogia degli Zar Russi e Gran Principi era stata scritta a Vienna nella seconda metà del XVII secolo e poi inviata allo Zar a Mosca, evidentemente come manuale di riferimento per la “versione autorizzata” della storia. Forse quella che avrebbe dovuto poi essere obbligatoriamente seguita?
A proposito, la “Genealogia” (a cui ci si riferisce comunemente come Il Libro dei Titoli) non è mai stata pubblicata; è ancora tenuta in un archivio, in attesa di venir distrutta in un’altra “casuale conflagrazione”.
26. Il battesimo della Russia.
I lettori moderni sono probabilmente a conoscenza della storia del battesimo della Russia dalla Povest Vremennyh Let ([716] and [715]). Quest’ultima è una fonte che risale ai primi del XVIII secolo, come dimostriamo nel Capitolo 1 di Cronologia4. Secondo questa cronaca, l’unico battesimo della Russia ebbe luogo sotto il Principe Vladimir nel 986-989 d.C. Si presume che nel 986 a Vladimir siano arrivati i delegati dei vari paesi, offrendo la conversione alla nuova fede ([716] e [715], pagg. 65-66), In questo modo iniziò la preparazione al battesimo. Il battesimo effettivo avvenne nel 989, secondo la Povest Vremennyh Let ([715], pagg. 84-85). La gerarchia ecclesiastica cristiana non esisteva prima d’allora; quando apparve, inizialmente era formata da prelati forestieri che arrivavano dalla Grecia. Il primo metropolita russo, si dice sia apparso diverse decenni dopo, sotto Yaroslav il Saggio, che è anche il periodo in cui la letteratura ecclesiastica fu tradotta dal greco allo slavo. Questa è la versione romanoviana del battesimo della Russia, quella creata nel XVII-XVIII secolo. Questa è anche la versione ufficiale, quella a cui siamo abituati.
Ma vediamo come il battesimo in Russia, senza dubbio un evento importante nella storia ecclesiastica russa, fu descritto nella letteratura canonica ecclesiastica dei primi del XVII secolo. Consideriamo la Grande Catechesi, pubblicata a Mosca sotto lo Zar Mikhail Fyodorovich Romanov e il Patriarca Filarete nel 1627 ([86]). Questo libro contiene una sezione speciale del battesimo in Russia ([86], fogli 27-29). La versione contenuta è parecchio in contrasto con quella cui siamo abituati. Secondo la Grande Catechesi, la Russia fu battezzata quattro volte. La prima volta dall’apostolo Andrea, la seconda da Fozio, il Patriarca di Zar Grad, “durante il regno del Gran Zar Basilio di Macedonia e Ryurik, Gran Principe di Russia, con Askold e Dir regnanti a Kiev” ([86], foglio 28, retro). La Grande Catechesi non indica nessuna data per gli altri battesimi, tutto ciò ai primi del XVII secolo!
Al contrario dei primi due, il terzo battesimo della Russia viene datato nella Catechesi. Si dice sia avvenuto sotto la Gran Principessa Olga nell’anno 6463 da Adamo, ossia intorno al 955 d.C. Eviteremo di discutere sul perché la Catechesi insiste a convertire questa data nella cronologia a.C./d.C. in un modo piuttosto diverso (il libro insiste sul 963 d.c.). Questo può essere spiegato dalla scarsa correlazione tra “l'era di Adamo” e la cronologia a.C./d.C. che, a quei tempi, era ancora in uno stato fluido.
Il quarto battesimo della Russia è quello famoso sotto il Principe Vladimir. La Grande Catechesi lo data al 6497, che è grossomodo il 989 d.C. Questo è ciò che leggiamo: “E così egli ordinò a tutto il popolo della Russia di battezzarsi nell'anno 6496 con il Santo Patriarca Nicola Khrusovert, o Sisinio, o Sergio, Arcivescovo di Novgorod, sotto Michele, il Metropolita di Kiev” ([86], foglio 29).
La descrizione suona oggi alquanto strana. Noi “sappiamo” che la Russia era stata pagana prima del battesimo e che non esisteva alcuna gerarchia ecclesiastica prima che il Principe Vladimir convocasse i primi membri del clero cristiano dall’estero. Tuttavia, la Catechesi del XVII secolo sostiene che il battesimo sia avvenuto nell’epoca di Sergio, Arcivescovo di Novgorod, e Michele, Metropolita di Kiev, il che significa che esistevano almeno due gerarchie ecclesiastiche, a Novgorod e a Kiev. Comunque, come ci si può aspettare, la versione della storia di Scaligero e dei Romanov non sa nulla di alcun arcivescovo a Novgorod o dei metropoliti di Kiev sotto Vladimir. Oggi ci viene detto che sono tutte “fantasie medievali”, “fantasia della Catechesi” nel caso in questione.
C’è anche un’altra questione. È possibile che la gente del XVII secolo, non sapesse nulla del battesimo della Russia? Non avevano mai letto la Povest Vremennyh Let? Bisogna pensare che anche se gli autori della Catechesi non avessero avuto dei dati precisi sull’evento, il resto della popolazione, quelli che avevano usato la Catechesi come un aiuto alla lettura, avrebbero dovuto saperne anche meno. Perciò, gli storici più recenti sarebbero stati i primi a scoprire la “verità sul battesimo della Russia”: Bayer, Miller e Schlezer, che avevano “letto di questo fatto” nella Povest Vremennyh Let. Quest’opera era evidentemente sconosciuta ai loro predecessori nel XVII secolo, per la semplice ragione che la versione di questa cronaca non era ancora stata scritta; prese le sue caratteristiche romanoviane e milleriane nel XVIII secolo, vedi Cronologia4, Capitolo 1. La storia del battesimo della Russia, nella sua versione consensuale, non può che risalire alla fine del XVII secolo, poiché era vista in una luce totalmente diversa all’inizio del XVII secolo.
Comunque, ritorniamo alla Grande Catechesi che rivela molti altri risultati curiosi, a cominciare dalla data del battesimo. Secondo la nostra ricerca, l’epoca in cui la Russia fu battezzata venne sovrapposta tra il XI e il XV secolo (vedi le tabelle cronologiche nelle figg. 2.4 e 2.5 in Cronologia4, Capitolo 2). Ricordiamo che il XV secolo è la famosa epoca del Grande Scisma. Secondo la Nuova Cronologia, è a questo punto che la Chiesa Cristiana si divise in diversi rami separati tra loro. È per questo che il problema della scelta confessionale è stato una questione dolente per le autorità secolari del XV secolo. Teniamo presente che il battesimo della Russia sotto il Principe Vladimir, fu descritto nella Povest Vremennyh Let come una scelta di fede e non un semplice battesimo ([86]). Questo spiega i diversi battesimi della Russia che sembrerebbero strani davvero, se guardassimo al battesimo come la conversione dei pagani alla Cristianità; non vediamo nulla di simile nella storia di nessun altro paese. Chi c’era ancora da battezzare? Comunque, se vedessimo i successivi battesimi della Russia come scelte confessionali fatte durante gli scismi religiosi, il quadro diventerebbe perfettamente chiaro.
Un’altra cosa che smette di sembrare strana, è il modo in cui vengono elencati i patriarchi. Si suppone che il battesimo sia stato realizzato o da Nicola Khrusovert, o Sisinio, o Sergio. Se tutti questi avessero preso parte al battesimo di un paese pagano, perché la “o”? Sarebbe stata più appropriata la "e”. Se non hanno preso parte al battesimo, perché menzionarli? Se invece il battesimo della Russia dovesse essere visto come una scelta confessionale, ogni cosa comincerebbe a sembrare normale: i differenti patriarchi avrebbero rappresentato i differenti rami e l’indicazione di una scelta confessionale avrebbe anche contenuto i nomi dei suoi più importanti patriarchi. Avrebbero potuto essere diversi; l’uso della “o” diventerebbe giustificato, se assumessimo che tutti loro vennero generalmente accettati; ognuno di loro avrebbe potuto soprintendere la “scelta confessionale” con lo stesso risultato. Perciò, la congiunzione “o” è stata usata dalla Grande Catechesi per suggerire l’atmosfera di uno scisma ecclesiastico.
Consideriamo ora il modo in cui è trascritta la data del battesimo nell’originale: “seimila УЧЗ”. Contiene la lettera slava У, che sta per “400”. Tuttavia, in molti testi antichi la lettera in questione è virtualmente indistinguibile dalla Ц, vedi fig. 14.124. La differenza tra le due è veramente minima (vedi fig. 14.125). È così che queste due lettere venivano scritte in molti testi antichi, copiandole l’un l’altra. Le illustrazioni abbondano di esempi di quanto siano simili le due lettere [745].
Figura 14.124.
Pagina di un'antica edizione dell'Apostolo,
datata al presunto XIV secolo.
Un esempio dello stile di scrittura “ustav”,
in cui le lettere У e Ц sono praticamente identiche tra loro.
Tratto da [745], volume 8, pagina 197.
Figura 14.125.
Frammento dell'illustrazione precedente.
Viene evidenziata una delle lettere Ц in alto,
così come le tre lettere У in basso.
È perfettamente ovvio che la forma delle due lettere è identica.
Comunque, quando queste due lettere compaiono davvero nei testi, la lettera У dovrebbe di regola essere accompagnata dalla lettera O; in altre parole, il suono OU veniva trascritto con due lettere. Perciò, la similarità tra le lettere У e Ц non portava normalmente ad alcuna confusione, nella interpretazione del testo narrativo. Tuttavia, quando venivano usate come numeri, le lettere diventavano immediatamente molto ambigue, perché non c’era alcuna “O” addizionale vicino alla Y e la similarità tra le forme delle due lettere diventava problematica. Entrambe le lettere si riferivano anche al posto delle centinaia, il che avrebbe potuto portare a un errore occasionale di 500 anni nella datazione. Il fatto è che la lettera Ц stava per 900, laddove la У significava 400. Nel caso che quest’ultima venisse confusa con la precedente, la data scritta nella cifra avrebbe immediatamente guadagnato 500 anni extra nella datazione. Sono casi numerosi poiché è facile confonderle. Perciò, se una certa data slava ha la lettera У nel posto delle centinaia, la stessa data può essere stata trascritta con Ц nell’antico originale, con la possibilità di un errore cronologico di 500 anni nella nuova copia.
Questa è la situazione che abbiamo con le date del battesimo della Russia. La data in questione è il 6497 da Adamo e si trascrive con l’uso della lettera У, che sta per 400. Se la lettera in questione fosse stata la Ц, la data sarebbe diventata il 6997 da Adamo, ovvero il 1489 d.C. Perciò, è possibile che il documento antico originale avesse datato il battesimo della Russia al 1489 invece che al 989, che è la data a cui siamo abituati oggi. Il battesimo è perciò datato alla fine del XV secolo, mentre il precedente battesimo della Russia indetto da Olga, slitta alla metà del XV secolo.
Comunque sia, è lo stesso secolo in cui cade la più grande riforma della Chiesa Russa, direttamente in connessione con lo scisma religioso, il famoso Concilio di Firenze del fallito tentativo per un'unione religiosa. La storia è ben nota a tutti e raccontata in numerosi libri di testo di storia ecclesiastica. Oggi, questa riforma ci viene presentata come un importante momento della storia della Chiesa Russa, ma non proprio uno cruciale. Tuttavia, i contemporanei di questo evento scrissero alcuni libri interessanti sull’argomento. A. V. Kartashov riporta quanto segue: “Simeone di Suzdal nel suo ‘Racconto’ paragona Vassily Vasilyevich non solo al suo predecessore San Vladimir, ma anche a Costantino, il Gran Zar e ‘padre fondatore della fede ortodossa, considerato al livello degli apostoli nei ranghi della Chiesa” ([372], pag. 374). Vassily Vasilyevich è il Gran Principe Vassily II il Rosso, vissuto nel XV secolo. Evidentemente, la Povest Vremennyh Let descrive proprio quest’epoca come quella dell’ultimo battesimo della Russia sotto il Principe Vladimir. Ricordiamo anche ai lettori che il nome di battesimo di Vladimir il Santo era Vassily, com’è ben noto; vedi la Grande Catechesi, per esempio ([86], pag. 29).
Comunque, è naturale cercare di capire l’identità di Nicola Khrusovert, Sisinio e Sergio, Arcivescovo di Novgorod, la cui fede era stata scelta per il battesimo della Russia. Nessun arcivescovo con questo nome esiste da nessuna parte nell’epoca del X secolo, che è l’epoca in cui lo mettono i libri di testo di Miller e dei Romanov. Infatti, che gerarchia ortodossa poteva esserci nella Novgorod pagana “prima del battesimo”?
Tuttavia, guardiamo il XV secolo e cerchiamo là i caratteri di cui sopra. Li troviamo e sono piuttosto famosi.
Nicola Khrusovert è meglio conosciuto come il famoso Nicolaus Chryppfs Cusano, vissuto nel 1401-1464 ([936], Volume 2, pag. 212). È conosciuto come il “più grande umanista tedesco… teologo, matematico e figura pubblica, sia ecclesiastica che laica” ([936], Volume 2, pag. 212). Il soprannome di Cusano si presume derivi dal villaggio di Cusa, dove era nato ([936], Volume 2, pag. 212). Ci sembra strano che sia stato chiamato col nome di un villaggio di cui nessuno ha mai sentito parlare, piuttosto che dal nome della provincia da cui proviene. Crediamo che il suo nome si debba tradurre come “nativo di Kazan”, una famosa città del XV secolo.
Diventano chiare anche le origini del nome Khrusovert, come ricordato anche dalla Grande Catechesi. Nicola Cusano portava anche il nome Chryppfs, vedi sopra, che poteva essere letto come “Khrus” in russo antico. Ma da dove arriva la parola “vert” e cosa significa? La seguente spiegazione è possibile. A quanto pare, Nicola Cusano aveva scritto un trattato nientedimeno che sulla rotazione terrestre, “cento anni prima di Copernico”, come si ritiene generalmente ([936] , Volume 2, pag. 212). In questo caso la parola “vert” potrebbe riferirsi alla sua scoperta (cf. la parola Russa “vertef”, “rotare”, quella latina “verto” - “io giro”. Perciò, il nome Khrusovert può stare per “Khrus, lo scopritore della rotazione tellurica”, o anche “il cristiano che ha scoperto la rotazione della Terra”. Probabilmente, khrus + vert potevano stare per “converte alla cristianità”, visto anche che la Grande Catechesi lo nomina tra i padri fondatori della Cristianità Ortodossa. Il soprannome Khrus avrebbe potuto stare per “Cristiano” ed essere derivato dal nome di Cristo, o Horus. Come cominciamo a comprendere, il Gran Principe Vladimir (Vassily) deve aver battezzato al Russia mentre Khrusovert era ancora vivo o appena dopo la sua morte.
A questo punto chi poteva essere il personaggio di Sisinio? È l’attivista ecclesiastico ricordato per secondo nella Grande Catechesi. L’enciclopedia della Cristianità ([936]) non cita alcun personaggio noto nel XV secolo con quel nome. Comunque, abbiamo trovato Zosima, uno dei più famosi santi russi e il fondatore del famoso Monastero Solovki. Zosima morì nel 1478 ([936], Volume 1, pag. 562). Potrebbe essere lui la persona citata nella Grande Catechesi come Sisinio? Inoltre, si scopre che Geronti, il Metropolita di Mosca, è morto nel 1489, che è proprio l’anno del battesimo, e il suo successore è stato il Metropolita Zosima ([372], Volume 1, pag. 387). La biografia del Metropolita Zosima è complessa e molto contorta; la sua intera esistenza fu spesa nell’atmosfera di un acceso scisma ecclesiastico. I dettagli non sono molto noti ([936], Volume 1, pag. 562). È possibile che il Sisinio dell’epoca del battesimo della Russia citato nella Catechesi, sia Zosima il Metropolita Moscovita della fine del XV secolo.
Cosa possiamo dire di Sergio, l’Arcivescovo di Novgorod, che è anche citato tra gli artefici effettivi del battesimo della Russia secondo la Grande Catechesi? C’è solo una persona che può adattarsi a quel ruolo, Sergio di Radonez. Sebbene la sua morte oggi sia datata alla fine del XIV secolo, fu canonizzato nel 1452 ([936], Volume 2, pag. 553), proprio l’epoca del “quarto battesimo della Russia” sotto il Principe Vladimir, o Vassily. La vita di Sergio cade nell’epoca dello scisma ecclesiastico che, secondo la nostra ricostruzione, già germogliava all’inizio del XV secolo.
A proposito, per tornare a Nicola Cusano (probabilmente, Nicola Khrusovert), bisogna segnalare che “nel 1453, essendo stato profondamente impressionato dalla presa di Costantinopoli da parte dei Turchi, pubblicò un trattato… dove sottolineava ...la possibilità di un accordo Cristiano tra tutte le nazioni. Dopo pubblicò un'opera intitolata... ‘Riordinare il Corano’... che intendeva mettere in risalto gli stretti legami esistenti tra Islam e Cristianità” ([936], Volume 2, pag. 212). Questo dimostra la sua disposizione positiva verso gli Ottomani, o Atamani, e suggerisce le sue connessioni con la Russia medievale o l’Orda. Ricordiamo che, secondo la nostra ricostruzione, la conquista Ottomana = Atamana era stata lanciata dalla Russia, ossia dall’Orda.