CAPITOLO 3: LA BATTAGLIA DI KULIKOVO FU DESCRITTA DAGLI”ANTICHI” GRECI ANCHE CON IL NOME DELLA FAMOSA BATTAGLIA DI SICILIA, DEL PRESUNTO 413 a.C.
6. L'ESERCITO DELL'AGGRESSORE NICIA È UN ENORME ESERCITO DI PROFESSIONISTI. LO STESSO SI DICE DELL'ESERCITO DEL KHAN MAMAI, L'AGGRESSORE.
Nella guerra di Sicilia, del presunto V secolo a.C., gli aggressori erano gli Ateniesi guidati da Nicia. Attaccarono la Sicilia. Tucidide dice: “In Sicilia vivevano tanti popoli Greci e barbari, e contro un'isola così grande (insula = popolazione - Aut.) GLI ATENIESI DECISERO DI ANDARE IN GUERRA con il plausibile pretesto di aiutare i loro compagni di tribù e alleati, ma in realtà cercando di soggiogare l'intera isola” [924], p. 264.
Tucidide cita poi un lungo discorso di Nicia, cioè il Khan Mamai, in cui si parla della guerra futura. Nicia esita, rendendosi conto di quanto pericolosa sarà questa campagna militare. Tuttavia, la pressione del “partito della guerra” è così forte che Nicia alla fine accetta di lanciare un’invasione [924], pp.271-272. A proposito, Nicia sottolinea ancora che la Sicilia è una terra “con una grande popolazione” [924], p.266.
Gli "antichi classici" affermano costantemente che l'esercito ateniese era molto numeroso e composto da combattenti professionisti, vedi sopra. Plutarco aggiunge che Nicia "trascorse l'inverno spendendo molto nel mantenimento dell'ENORME ESERCITO" [660], v.2, p.226.
Tucidide riporta: “Un fremito unanime trascorse la città e tutti gli sguardi cercarono con desiderio il mare: i veterani nella certezza incrollabile di soggiogare le genti a cui muovevano, e nella fede che neppure una disfatta avrebbe mai scalfito uno strumento da guerra così gagliardo: sulla gioventù matura alla leva agiva l’incanto nostalgico della lontananza, di poter toccare finalmente e godersi con gli occhi quell’isola remota, mentre era in fiore la speranza di rimpatriare un giorno, salvi. Intanto, il nerbo copioso delle truppe covava il miraggio di un guadagno rapido e, per l’avvenire, il pensiero che un tal acquisto di potenza avrebbe assicurato al governo fondi inesauribili per i salari delle forze armate. Finché l’eccessivo rapimento della folla dissuase chiunque, anche se in taluni la volontà di dissentire non mancava, dall’opporsi, nel dubbio timoroso che un voto contrario lo potesse mettere nella luce sinistra di perfido cittadino. [924], p. 273.
Il tardo editore razionalista Tucidide, ci assicura che il motivo principale della guerra di Sicilia fu semplicemente il desiderio di un saccheggio su larga scala e l'estensione dell'influenza ateniese nelle nuove terre. Tuttavia, ci rendiamo già conto che il nocciolo della questione è probabilmente diverso. Il conflitto inevitabilmente imminente, era RELIGIOSO. Il khan Mamai, cioè Nicia, era a capo dei cristiani reali ed ereditari che resistevano ferocemente alla crescente influenza dei cristiani apostolici, i quali contavano sul sempre maggiore sostegno statale dello zar-khan Dmitrij Donskoy. Da qui l'“entusiasmo appassionato” della maggioranza del popolo ateniese = Mamaiti per attaccare la Sicilia. In questo caso, la gente era attirata dalla campagna, non da pensieri di saccheggio, ma piuttosto da sentimenti religiosi; per difendere la propria fede, per sconfiggere la tendenza apostolica del cristianesimo, che odiavano. Da qui l'inconciliabilità e l'eccezionale crudeltà della campagna di Sicilia = battaglia di Kulikovo. Non si combatteva per il denaro, ma per la fede. Il saccheggio passò in secondo piano.
Per cui, “Dopo questi avvenimenti, ormai al colmo dell’estate, la flotta prendeva il mare aperto per la Sicilia …
Ed ecco fu l’ora, e in procinto di separarsi verso un futuro denso di minacce, sentivano insinuarsi nei cuori uno sgomento più forte di quando decretarono in assemblea la campagna oltremarina: pure era una consolazione accompagnare con l’occhio la generosità spiegata in ogni particolare, e cogliere il senso di forza che dall’ordinato complesso spirava. I forestieri e l’altra moltitudine erano accorsi curiosi, nel presentimento d’assistere a un’esperienza di singolare interesse, a un progetto che pareva chimerico. Poiché fu questo il primo armamento varato con le proprie forze da un’unica città con equipaggi interamente greci, il più largo di mezzi e il più magnifico tra quanti, fino a quei tempi, s’erano mai allestiti. Per numero di unità navali e di fanterie anche la campagna di Pericle contro Epidauro, poi condotta da Agnone contro Potidea, non era riuscita inferiore: all’offensiva navale partecipavano allora quattromila opliti cittadini, trecento cavalieri e cento triremi, oltre a cinquanta provenienti da Lesbo e da Chio. Al seguito, naturalmente, una folla varia di alleati. Ma l’azione in quella circostanza si protendeva per breve raggio, allestita con uno spiegamento di forze ordinario. Quest’ultima flotta, invece, salpava per una campagna che si presagiva di lunga durata, forte di un duplice armamento per affrontare, ove si presentasse l’urgenza uno scontro sia sui mari che di fanterie.
La squadra navale esigeva un impegno poderoso da parte dei trierarchi e dell’economia statale. Il tesoro pubblico passava ai marinai una dracma giornaliera di soldo a testa: aveva inoltre fornito gli scafi di sessanta vascelli da combattimento, quaranta di navi per trasporto truppe, con ai remi ciurme selezionate …
Nell’armata terrestre militavano, tratti da leve meticolose, elementi scelti, in mezzo ai quali s’era accesa una rivalità appassionata tra chi sfoggiasse le armi migliori e l’equipaggiamento più efficiente. Si trovò che non solo in seno all’armata dominava lo spirito d’emulazione, a seconda del servizio cui ciascuno era stato assegnato, ma che l’operazione nel suo complesso si poteva intendere più come una parata dimostrativa della potenza e grandezza ateniesi agli occhi degli altri Greci, che un reale armamento ai danni dei nemici …
E questa spedizione rimase celebre non meno per lo spettacoloso ardimento e il fulgido quadro che offriva all’occhio, che per la supremazia strategica sul nemico che si andava ad attaccare; perché inoltre, era l’offensiva transmarina inferta agli obiettivi più remoti che mai in passato dalle proprie basi, e l’impresa scortata dalle speranze più liete per l’avvenire, nate ammirando le disponibilità presenti.” [924], p.276.
Molto probabilmente, qui ci viene detto che una parte dell'esercito di Mamai si stava preparando a salpare su chiatte sul fiume DON, cioè sul fiume Moscova.
Prosegue Tucidide: “Ormai le truppe gremivano le navi e s’era già tutta stivata l’attrezzatura che avrebbero portato via con sé, quando uno squillo di tromba segnalò il silenzio. E gli equipaggi, non da ogni singolo vascello, ma ad una voce, guidati dall’araldo, ripeterono le preghiere di rito prima del distacco; e in ogni angolo della flotta, attingendo dai crateri colmi di vino con coppe d’oro e d’argento tutti, truppa e ufficiali, libarono. Si fondeva alla preghiera anche la voce dell’altra gente stipata sui moli: cittadini e quanti, per sentimento d’amicizia, s’erano raccolti laggiù. Poi s’intonò il peana e conclusa la cerimonia le navi si staccarono, uscendo dapprima in lunga fila dalla rada, poi sfidandosi subito in velocità fino ad Egina.” [924], p.276.
Dopo questi preparativi, un'enorme flottiglia gettò l'ancora e si trasferì in Sicilia. Tucidide elenca a lungo la composizione della flotta e delle forze di terra [924], p.282. Si tratta chiaramente dell'imminente battaglia tra popoli. Nell'esercito degli Ateniesi ci sono molti alleati. In particolare, c'erano: “centotrentaquattro triremi, oltre a due navi di Rodi a cinquanta remi (tra esse cento erano attiche, di cui sessanta unità veloci; il rimanente per trasporto truppe; il resto della flotta apparteneva a Chio e agli altri alleati). In tutto gli opliti erano cinquemilacento (tra cui millecento ateniesi forniti dalle classi di leva cittadine, settecento erano teti imbarcati come combattenti sulle navi; gli altri partecipavano in qualità di alleati: parte tributari, parte Argivi, cinquecento, parte milizie di Mantinea, che con le truppe mercenarie assommavano a duecentocinquanta). Complessivamente gli arcieri erano quattrocentottanta (tra cui ottanta provenienti da Creta); c’erano poi settecento frombolieri di Rodi, centoventi fuoriusciti di Megara con armatura agile. Seguiva da ultimo un solo bastimento per trasporto di truppe a cavallo, con trenta cavalieri a bordo …
Erano dunque tali le proporzioni del primo contingente di spedizione che varcava il mare alla guerra con in coda un convoglio di trenta vascelli da carico, in cui era stivato tutto l’occorrente in vettovaglie, con a bordo fornai, muratori, carpentieri e un’attrezzatura completa per opere di fortificazione e d’assedio. Di fianco al convoglio veleggiava un centinaio di battelli da carico requisiti: liberamente s’era invece aggregato un nutrito gruppo di legni mercantili e altri bastimenti, per ragioni di traffico.” [924], p.282.
Ripetiamo che in questa storia il nome dell'“antica” ATENE indica molto probabilmente DON = TANA. Cioè, l'area intorno a Mosca, la regione del DON. In precedenza la parola DON indicava generalmente un fiume, si veda il libro "Nuova cronologia della Rus'".
L'invasione è dunque iniziata. L'aggressore è forte, le sue truppe sono numerose e ben addestrate.
7. I SICILIANI APPRENDONO L'INIZIO DELL'INVASIONE ATENIESE. L'ESITAZIONE INIZIALE NELL'ACCAMPAMENTO SICILIANO = KULICOVESE. QUINDI, VIENE FORMATA UNA MILIZIA POPOLARE.
Ricordiamo che nella storia della battaglia di Kulikovo, tutte le fonti russe notano la profonda esitazione del principe Dmitrij Donskoy, che riflette se valga la pena di farsi coinvolgere in una guerra con Mamai e se non sia meglio chiudere la questione in pace, dopo aver raggiunto un accordo con l'Orda. Inoltre, in un primo momento anche San Sergio di Radonez era propenso a questa strategia. Fu discussa l'idea di pagare un grosso tributo a Mamai e di evitare uno scontro militare diretto. A queste ESITAZIONI PRIMA DELLA BATTAGLIA, gli annali russi dedicano molta attenzione. Allo stesso modo, in una dei riflessi evidenti sulla battaglia di Kulikovo, ovvero quello nelle pagine dell'epopea “antica” indiana Mahabharata, un intero libro chiamato “Bhagavadgita” è dedicato a queste profonde riflessioni ed esitazioni prima della grande battaglia religiosa sul campo di Kuru = Kulu. Si vedano i dettagli nel nostro libro "I cosacchi ariani: dalla Rus' all'India".
La stessa cosa la vediamo letteralmente anche nella storia della guerra di Sicilia. I Siciliano-Kulikovesi, all'inizio non credono affatto alle voci sull'invasione, inoltre, in un primo momento vogliono sottrarsi alla battaglia.
Così appare nel racconto di Tucidide.
“Frattanto, da diversi punti, continuavano ad affluire a Siracusa dispacci sull’attacco ateniese, ma per vari giorni non riscossero il minimo credito. Finché, convocata un’assemblea, tra gli altri oratori che si fecero avanti sostenendo con opposte ragioni, simili a quelle riferite più sotto, chi l’opportunità di prestar fede agli avvisi che circolavano sull’offensiva ateniese, chi invece di non darvi peso, si presentò anche Ermocrate figlio di Ermone, che certo di disporre sull’argomento informazioni sicure, prese la parola proponendo questa linea d’azione: …
“Inverosimili forse, come già è toccato ad altri, potranno suonarvi le indicazioni che sto per rivelare sulla concreta e prossima minaccia di un’offensiva ateniese. Mi rendo conto: chi dà una notizia o riferisce un evento che non pare credibile, oltre a non convincere, si guadagna anche la reputazione di persona senza criterio. Ma non sarà questa paura a serrarmi la bocca: la patria corre pericolo, ed io sono convinto di avere notizie più fidate di chiunque da annunciare. Atene prende di mira proprio noi, e voi fate quell’aria stupita! Un’armata immensa, di navi e fanterie: formalmente per onorare l’alleanza con Segesta e restituire a quelli di Leontini la loro sede, ma il movente originale è la passione per la Sicilia, in particolare per la nostra città, poiché s’aspettano, se la riducono sotto di sé, d’aver via libera per nuove conquiste …
Animo dunque, e provvediamo alla difesa della città” …
Qui Ermocrate concluse il suo discorso. All’assemblea in Siracusa le fazioni opposte si fronteggiarono con violente polemiche: chi sconfessava con energia che ci fosse possibilità per gli Ateniesi di una invasione in Sicilia, attribuendo ad Ermocrate tutta una serie di menzogne; chi poi si domandava, supponiamo che passino, che offese potrà infliggere quest’attacco senza subirne di più serie in cambio? Per qualche altro non era neppure il caso di considerare l’evenienza di un’invasione, e tutto finiva in ridere senz’altro. In pochi l’avviso di Ermocrate suscitava credito e il futuro apprensione. Finché si fece innanzi Atenagora, personalità del partito popolare e, di quei tempi, la voce più ascoltata.” [924], pp.278-279.
Tucidide racconta anche il lungo discorso di Atenagora. Tra l'altro, anche il ragionamento di Ermocrate fu stato molto prolisso. Atenagora afferma che le voci sulla campagna militare degli Ateniesi sono false, inventate da diverse persone per raggiungere i loro bassi obiettivi, ecc.
Allora uno dei comandanti si alzò e propose all'assemblea popolare dei Siracusani (i cosacchi dello zar? - Aut.) di considerare il discorso di Atenagora come conclusivo. Inoltre, disse il comandante, di cui Tucidide per qualche motivo non fa il nome, non è saggio per noi ora fare accuse reciproche. Se dobbiamo davvero combattere, dovremmo iniziare i preparativi per la guerra. Dovremmo inviare spie e ambasciatori da tutte le parti e iniziare a raccogliere truppe ed equipaggiamenti.
Abbiamo delineato questa storia molto brevemente. In realtà, Tucidide dedica diverse pagine a queste argomentazioni. Da qui si evince che i Siciliani = Kulikovesi erano molto eccitati e cercavano di capire cosa stesse accadendo.
Prevalse quindi l'opinione del COMANDANTE MILITARE che, nonostante gli accesi dibattiti, annunciò l'inizio dei preparativi per la guerra.
Probabilmente, qui Tucidide ci ha parlato dell'esitazione di Dmitrij Donskoy, Sergio di Radonez e dei loro consiglieri, se valesse la pena di entrare in guerra con Mamai. Probabilmente, gli “antichi” Ermocrate, Atenagora e il comandante siracusano sono riflessi di Sergio di Radonez e Dmitrij Donskoy = Costantino I.
Come nelle cronache russe, alla fine è il COMANDANTE MILITARE CHE PONE FINE ALLE ESITAZIONI e annuncia il raduno delle truppe per la guerra. Si tratta, a quanto pare, del principe Dmitrij Donskoy, che annunciò il raduno delle milizie popolari per respingere Mamai.
La descrizione di Tucidide degli eventi nel campo dei Siciliani = Kulikovesi, è più vaga di quella del campo degli Ateniesi = Cosacchi del Don-Mamaiti. Abbiamo già detto che la storia della guerra di Sicilia è descritta principalmente dal campo del Khan Mamai. Per questo motivo Tucidide e Plutarco avevano meno informazioni su Dmitrij Donskoy. Anche il nome del comandante siciliano non è stato menzionato.
Tuttavia, sotto il nome del siciliano = kulikovese Ermocrate, probabilmente viene descritto il principe Dmitrij Donskoy. Già dopo l'inizio della guerra di Sicilia. Tucidide racconta di lui quanto segue.
“Allora si fece avanti Ermocrate figlio di Ermone, uomo di geniale talento in tutti i casi della vita, a nessuno secondo, che in più aveva fornito prova di possedere una personalità militare spiccata e sicura, per competenza e chiaro valore. Costui ridiede coraggio ai compatrioti e non permise che per lo scacco subito si lasciassero invadere dalla prostrazione. Il loro ardimento era uscito indomito dalla prova: piuttosto la carenza di disciplina li aveva perduti. Eppure avevano accumulato uno svantaggio inferiore a quello che tutte le premesse inducevano a temere: tanto più che avevano affrontato sul terreno i primi in Grecia per abilità bellica, da dilettanti, si può dire, opposti a tecnici della scienza e della pratica militare …
I Siracusani, dopo averlo ascoltato, approvarono senza eccezioni il programma suggerito da Ermocrate, e scelsero lo stesso Ermocrate. Eracleide figlio di Lisimaco e Sicano figlio di Essecesto, limitandosi a questo terzetto. Spedirono poi ambasciatori a Corinto e a Sparta per sollecitare l’alleanza e persuadere Sparta a riprendere con più vigore e senza mezzi termini l’offensiva contro Atene, a loro vantaggio: per strapparla dalla Sicilia o costringerla a sostenere il corpo di spedizione con l’invio a rinforzo di effettivi meno potenti.” [924], p.294.
Va detto che all'inizio gli Ateniesi non vedevano di buon occhio i Siciliani come guerrieri. Ad esempio, l'ateniese Alcibiade, rivolgendosi ai suoi concittadini prima dell'inizio della guerra di Sicilia, descrive lo stato dell'esercito siciliano con le seguenti parole scettiche.
“Non cambiate la vostra decisione di marciare in Sicilia per paura di incontrare lì un potente avversario. Perché la numerosa popolazione delle città siciliane è una PLEBE: queste città cambiano facilmente i loro cittadini e ne ricevono di nuovi. Pertanto, nessuno vi possiede armi per difendere la patria o sé stesso, e le città mancano delle strutture necessarie per la difesa ... Pertanto, è impossibile che una tale PLEBE, incapace persino di ascoltare all'unanimità un oratore in una riunione, possa intraprendere insieme un compito importante ...
Possiamo contare sull'aiuto di molti barbari che, per odio verso i Siracusani, li attaccheranno insieme a noi ...
"Faremo cadere l'arroganza dei popoli del Peloponneso quando vedranno che noi, ignorando la pace ormai raggiunta, abbiamo deciso di salpare per la Sicilia" [924], pp. 270-271.
Per cui, all'esercito invasore ben addestrato di Nicia = Mamai, i Siciliani, dopo lunghe esitazioni, oppongono la non sufficientemente esperta MILIZIA POPOLARE di ERMOCRATE = Dimitrii. Esattamente lo stesso quadro si osserva prima della battaglia di Kulikovo: il principe Dimitrij raduna la milizia popolare e il khan Mamai, al contrario, conduce in battaglia la maggior parte delle truppe regolari dell'Orda.
8. I SEGNI PRIMA DELLA BATTAGLIA DI SICILIA = KULIKOVO, SONO SFAVOREVOLI PER GLI ESERCITI INVASORI DI NICIA = MAMAI.
Prima della battaglia di Kulikovo, il principe Dmitrij = l'Imperatore Costantino ebbe una visione celeste. Apparve la Croce di Fuoco, grazie alla quale Dmitrij-Costantino riuscì a sconfiggere il nemico. Nella versione biblica la stessa storia è descritta come la visione notturna avuta dai nemici di Dmitrij-Gedeone e che prediceva la sconfitta dei Madianiti.
Un evento simile è descritto nella storia della guerra di Sicilia. In primo luogo, si parla di un'eclissi lunare, vedi sopra. Nell'accampamento degli Ateniesi era considerata sfavorevole. E ancora: “Si dice... che anche i sacerdoti riportarono molti presagi sfavorevoli per la campagna”. [660], vol. 2, p. 223. Inoltre, come abbiamo già discusso in precedenza, Plutarco e Tucidide riferiscono della misteriosa “distruzione delle erme divine”, che avvenne in questo periodo e che provocò molte voci e interpretazioni. L'evento fu considerato di cattivo auspicio per Atene.
Nel capitolo 1, abbiamo già parlato dell'eclissi lunare che precedette la battaglia di Sicilia. Da un lato, si fa riferimento all'eclissi solare che si verificò nel 1185, l'anno della crocifissione di Andronico-Cristo. L'eclissi è menzionata anche nei Vangeli. D'altra parte, la descrizione dell'eclissi in Plutarco e Tucidide ha assorbito in sé e per sé la storia del segno celeste dell'imperatore Costantino il Grande = Dmitrij prima della battaglia di Kulikovo del 1380. Come abbiamo detto, i cronisti hanno confuso gli eventi della fine del XII e della fine del XIV secolo, a causa del "doppio" Battesimo della Rus' dell'Orda. Plutarco attribuisce al segno dell'eclissi un significato eccezionale. Dedica alla sua discussione un'intera pagina [660], vol.2, p.231-232. Dice che l'eclissi incusse grande paura a Nicia e a tutti gli Ateniesi, come cattivo presagio prima della marcia verso la Sicilia.
Vediamo quindi una buona corrispondenza con la storia della battaglia di Kulikovo e il segno del cielo di Costantino = Dmitrij.
9. LA RASSEGNA DELLE TRUPPE DI DMITRIJ DONSKOY PRIMA DELLA BATTAGLIA DI KULIKOVO E LA RASSEGNA DI ERMOCRATE DELLE ARMATE SICILIANE PRIMA DELLA BATTAGLIA DI SICILIA.
Come abbiamo discusso in dettaglio nel libro "Nuova cronologia della Rus'", capitolo 6, prima della battaglia di Kulikovo, Dmitrij Donskoj tenne una rassegna delle sue forze sul Campo della Vergine. “Più di 150 mila cavalieri e fanti erano schierati in fila, e Dmitrij, cavalcando nel VASTO CAMPO DELLE VERGINI, vide con gioia spirituale una milizia molto numerosa” [362], v.5, cap.1, art.37; [635], pp.154-155. Inoltre, “Il racconto della battaglia di Mamai” dice quanto segue nel TESTO ESATTO: “La mattina dopo il Gran Principe ordinò a tutti i soldati di andare al CAMPO DEL MONASTERO DELLE VERGINI” [635], p. 155, “al campo della Vergine.”
Nell'ambito della nostra ricostruzione abbiamo indicato il Campo delle Vergini e il Monastero della Vergine a Mosca. La prima opzione è il famoso campo nell'ansa del fiume Moscova, sulla riva sinistra, dove oggi sorge il convento di Novodevichy. Questo enorme campo fu chiamato il CAMPO DELLE VERGINI [554], p.246. Qui ci sono ancora i nomi: "Passaggio Campo delle Vergini", prima semplicemente "Campo delle Vergini", in seguito Lungofiume Novodevichya, viale Novodevichy.
La seconda opzione è il Monastero della Vergine, Babi Gorodok e Polyanka sulla riva destra del fiume Moscova. Bisogna dire che il luogo vicino a Babi Gorodok era davvero adatto alla marcia delle truppe. Oggi qui ci sono PIazza Oktyabrskaya, via Polyanka e via Bolshaya Polyanka. Questi nomi stessi indicano che un tempo in questo luogo c'era un GRANDE CAMPO.
Va notato che in entrambi i casi il fiume Moscova scorre nelle vicinanze.
È interessante notare che anche il siciliano Ermocrate (Dimitri?), organizza una revisione delle sue truppe prima della battaglia. “Quella stessa estate i Siracusani, informati che gli Ateniesi, disponendo ormai di un corpo di cavalleria, si accingevano di lì a poco ad attaccarli, calcolarono che se l’armata ateniese non riusciva ad assicurarsi il controllo delle Epipole, luogo a scarpate scoscese, direttamente a piombo sulla cinta urbana, non sarebbe stata impresa da poco per il nemico, sia pure vittorioso in uno scontro campale, cingere Siracusa con un baluardo per isolarla totalmente. Quindi si decise di sottoporre i sentieri d’accesso alle Epipole a vigilanza armata, per prevenire qualunque tentativo di scalata che il nemico potesse, inosservato, intraprendere per quei valichi: salita che, per altro, risultava impossibile se non attraverso quei passi. La località intorno, infatti, è tutta un rilevarsi di colline, digradanti a balze fino alla città, da cui si gode, su ogni piega del terreno, una visibilità perfetta: e il nome imposto dai Siracusani all’altura, Epipole appunto, si deve al fatto che sovrasta lo spazio circostante. Le milizie siracusane uscirono tutte all’aurora dirette alla prateria che si distende lungo il corso dell’Anapo (solo da poco Ermocrate e i colleghi avevano assunto il comando delle operazioni). Fu effettuata una revisione delle armi e si designarono anzitutto seicento opliti scelti, agli ordini di Diomilo, un fuoriuscito di Andro, allo scopo di presidiare i punti di salita alle Epipole e di star pronti a riunirsi per intervenire celermente dove si presentasse l’urgenza …
Ma a loro volta gli Ateniesi col favore della notte (il giorno seguente i Siracusani avrebbero fatto quella loro rassegna delle armi) senza dar nell’occhio, salpati da Catania, avevano già preso posizione con l’intera armata a Leonte una località così denominata a sei, forse sette stadi di distanza dalle Epipole.” [924], p.305-306.
Pertanto, sia gli annali russi che quelli "antico-greci" parlano di una rassegna delle milizie popolari in un grande prato sulla riva di un fiume.
Tra l'altro, le fonti non dicono nulla sulla revisione degli eserciti ateniesi prima dell'inizio della battaglia siciliana e sulla revisione degli eserciti del khan Mamai prima della battaglia di Kulikovo. Si parla solo della revisione degli eserciti dei loro avversari, cioè Ermocrate-Demetrio.
10. IL DUELLO PRIMA DELLA BATTAGLIA DI KULIKOVO E IL DUELLO PRIMA DELLA BATTAGLIA DI SICILIA. ENTRAMBI I DUELLANTI MUOIONO NELLO SCONTRO.
Come sappiamo, prima della battaglia di Kulikovo ci fu un famoso duello tra il monaco Peresvet e Chelubey dell'Orda. Entrambi i cavalieri si trafissero con le lance e morirono sul posto [631], p.285. Nella Bibbia questo combattimento è descritto come la battaglia di Davide = Dmitrij, Peresvet con il gigante Golia = Mamai, Chelubey, fig.3.31.
Dovremmo aspettarci che qualcosa di simile appaia anche nella storia della battaglia di Sicilia = Kulikovo. L'aspettativa è giustificata. Ecco cosa ci racconta Plutarco. Il secondo comandante dell'esercito ateniese dopo Nicia, era Lamaco.
“Una volta la malattia lo tormentava particolarmente (Nicia - Aut.), non poteva alzarsi e rimase nell'accampamento con un piccolo numero di servi. Lamaco prese il comando ed entrò in battaglia con i Siracusani, che dal lato della città stavano erigendo un muro in opposizione a quello costruito dagli Ateniesi; in questo modo i Siracusani dovevano impedire al nemico di chiudere l'anello intorno alla città.
Sentendosi vittoriosi, gli Ateniesi ruppero i ranghi e si lanciarono all'inseguimento del nemico, e LAMACO si trovò quasi da solo a fronteggiare la cavalleria nemica, GUIDATA DA CALLICRATE, UOMO BELLICOSO E FOCOSO. CHIAMATO A UN COMBATTIMENTO SINGOLO, LAMACO ENTRÒ IN DUELLO CON LUI, FU IL PRIMO A RICEVERE Il COLPO, POI COLPÌ ANCH'EGLI IL NEMICO. CADDE E MORÌ CON CALLICRATE. Impossessatisi del suo corpo e delle sue armi, i Siracusani si precipitarono sulle mura ateniesi”. [660], vol. 2, p. 227.
Davanti a noi, c'è la descrizione quasi testuale del duello di Peresvet con Chelubey. Infatti.
- In entrambe le versioni il duello precede la battaglia principale. Il duello si svolge in piena vista di entrambi gli eserciti.
- Entrambi i duellanti sono cavalieri. Puntano i loro cavalli l'uno verso l'altro e si trafiggono quasi contemporaneamente.
- Entrambi i combattenti vengono uccisi sul posto dal colpo dell'avversario.
- In questa versione greca "antica", il nome di uno dei combattenti è CALLICRATE, mentre il suo avversario si chiama LAMACO. Forse, nel nome LAMACO suona lontanamente il nome del biblico GOLIA. È il Chelubey degli annali russi, Chelubey = Chelo + Bey. Ricordiamo che Golia viene abbattuto da un colpo di pietra in fronte (chelo). Inoltre, anche nel riflesso della battaglia di Kulikovo, chiamato dai cronisti “antichi” greci battaglia di Maratona, vedi capitolo 1, abbiamo visto un duello prima della battaglia. Inoltre, nella battaglia di Maratona muore il Polemarco CALLIMACO. Entrambi i nomi “antichi” greci, CALLIMACO e CALLICRATE, probabilmente corrispondono l'uno all'altro. Inoltre, nella combinazione CALLI, probabilmente suona anche il nome GOLIA. I cronisti tardivi erano confusi: quale dei duellanti si chiamava Golia = Chelo+Bey. Di conseguenza, questo nome biblico “passò” da un combattente all'altro.
A proposito, Tucidide menziona la morte di Lamaco con molta parsimonia, senza dettagli. Ecco le sue parole: “Lamaco si precipitò sull'ala sinistra per aiutare un piccolo distaccamento di arcieri e Argivi. Tuttavia, attraversando un fossato, fu tagliato fuori dai nemici insieme ad alcuni soldati e morì insieme ad altri cinque o sei. I Siracusani raccolsero subito i caduti e li trasportarono oltre il fiume in un luogo sicuro”. [924], p.308.
Da qui si evince che la battaglia si svolse, in particolare, sulla riva del fiume. Nella battaglia di Kulikovo i guerrieri combatterono realmente sul fiume Moscova, sul fiume Naprudnaya e sulle rive dello Yauza.
11. IL BIBLICO GOLIA CHE DERIDE GLI ISRAELITI E GLI ATENIESI CHE RIDONO DI GILIPPO PRIMA DELLA BATTAGLIA FINALE IN SICILIA.
Nella Bibbia, la battaglia di Kulikovo è descritta come lo scontro tra Davide e il gigante Golia. Golia entra nel campo di battaglia e sfida a gran voce alcuni Israeliti a duello, deridendoli e schernendoli. Davide accetta la sfida e va a combattere contro Golia, vestito in modo molto semplice, senza armi pesanti, portando solo un “bastone” e una “fionda con delle pietre”. Golia si prende gioco di Davide e delle sue “armi”. Tuttavia, Davide lancia una pietra dalla fionda e uccide il gigante. Si vedano i dettagli nel nostro libro "Il battesimo della Rus'".
Questa variante del racconto della battaglia di Kulikovo è presente, a quanto pare, nel libro "antico" di Plutarco. Ecco cosa dice.
“Giunse con una trireme Gongilo da Corinto, intorno al quale concorsi essendo tutti i Siracusani, egli disse loro che Gilippo in breve arrivato sarebbe con altre navi in soccorso. Mentre per anche non sapean ossi dare intera credenza alle parole di Gongilo, ecco venire un messo da Gilippo medesimo, con ordine che dovesser eglino uscirgli incontro. Fecero allora tutti coraggio e s’armarono; e quindi Gilippo mise tosto la milizia in ordinanza, e schierolla a fronte degli Ateniesi: e come vide dall’altra parte messi in ordinanza pur questi da Nicia, egli, poste giù l’armi, mandò dicendo per un araldo agli Ateniesi stessi che li facea sicuri, se partir voleano dalla Sicilia. A quest’araldo non degnò Nicia neppur di rispondere; e alcuni de’ soldati per derisione lo interrogavano, se per la venuta di un logoro mantello e di un bastone Laconico si forti renduti s’erano tutto ad un tempo i Siracusani, che avessero a sprezzar quegli Ateniesi che restituiti aveano ai Lacedemoni trecento prigioni, già tenuti in ceppi, ben assai più robusti e più capelluti assai di Gilippo. Narrasi da Timeo che neppure i Siciliani non teneano in veruna stima Gilippo, biasimandone in progresso di tempo la sordida avarizia e tenacità, ed essendosi pur fatti a motteggiarlo, quando dapprima lo videro, sopra il vecchio e lacero vestimento, e sopra la sua lunga capigliatura. Ma vien puro narrato poi dallo stesso Timeo, che all’apparir di Gilippo, molti gli volarono intorno, come uccelli alla civetta, prontamente arrotandosi sotto di lui: e questo racconto è ben più vero del primo. Conciossiachè, ravvisando i Siracusani in quel bastone e in quel suo mantello l’insegna e la dignità di Sparta, se gli affollarono intorno e si unirono a lui. Anche
Tucidide ascrive tutta l’impresa al solo Gilippo; e così pur Filisto, che Siracusano era, e che fu spettatore di quei fatti.” [660], vol. 2, p. 228.
Anche Tucidide racconta questo evento, ma con più parsimonia. Inoltre, anche in un modo impersonale e astratto. La narrazione di Plutarco è molto più ricca e contiene più dettagli importanti. Tuttavia, citiamo Tucidide per completezza d'immagine.
“Gli Ateniesi, all’assalto fulmineo di Gilippo che alla testa dei Siracusani s’avventava contro di loro, dopo un attimo di smarrimento, riordinarono le schiere. Gilippo frenò l’armata a corta distanza e per voce di un araldo comunicò, qualora accettavano l’offerta, d’esser disponibile subito per discutere una tregua a patto che, presi con sé i propri materiali, nel termine di cinque giorni sgomberassero dall’isola. Nel campo avversario la proposta cadde inascoltata, e con un silenzio colmo di sprezzo si licenziò l’araldo. Dopo quest’episodio le armate manovravano, inquadrate per battersi.” [924], p.312.
Qui, nei racconti di Plutarco e Tucidide, in forma leggermente confusa, sono presentati molti momenti fondamentali della storia biblica di Davide e Golia, cioè della battaglia di Kulikovo. Giudicate voi stessi.
- Secondo la Bibbia, il gigante Golia, un grande guerriero, appare davanti all'esercito degli Israeliti.
Secondo Plutarco, di fronte all'esercito ateniese compare lo spartano Gilippo, un comandante eccezionale che ebbe una grande influenza sullo sviluppo dell'intera guerra di Sicilia. I nomi GOLIA e GILIPPO sono simili, in quanto la P e la T possono passare l'una nell'altra.
- Secondo la Bibbia, Golia si presenta agli Israeliti e li sfida a gran voce a duello, schernendoli. Gli Israeliti sono spaventati e non osano accettare la sfida. Perciò, all'inizio lasciano le grida di Golia senza risposta, in silenzio, come gli Ateniesi.
Secondo Plutarco, Gilippo si ferma proprio davanti ai suoi nemici, gli Ateniesi, e invia loro un araldo per dir loro di lasciare il paese con un forte grido. Entrambe le versioni menzionano un forte grido o una voce alta sul campo prima della battaglia. Inoltre, entrambe le versioni parlano di scherno da parte di Golia-Gilippo. Le parole di Gilippo che permette agli Ateniesi, che hanno invaso la Sicilia, di lasciare il paese senza ostacoli e immediatamente, non possono essere considerate altrimenti che una vera e propria presa in giro. Due eserciti schierati l'uno contro l'altro e il comandante di uno di essi che improvvisamente grida attraverso l'araldo che, comunque, “potete andarvene, non vi toccherò”. È chiaro che si tratta di uno schiaffo al nemico.
- La Bibbia parla di “un bastone, una fionda e delle pietre” nelle mani di Davide quando uscì in battaglia. Come abbiamo mostrato in precedenza, si trattava in realtà di un cannone - "bastone" e "pietre" - e della polvere da sparo - "fionda". La Bibbia dice: “Davide prese il BASTONE in mano, scelse per sé cinque pietre lisce dal ruscello e le mise in un sacco da pastore.... E con la sacca e con la FIONDA in mano, andò contro il Filisteo (Golia - Aut.) ... Il Filisteo guardò e, quando vide Davide, lo guardò con disprezzo, perché era giovane, bianco e bello di viso. E il Filisteo disse: “Perché ti sei avventato su di me con un BASTONE [e con delle pietre]? Sono forse un cane...?”. Davide mise la mano nella sacca, ne prese una pietra, la lanciò con la fionda e colpì il Filisteo in fronte” (1 Samuele 17:40, 17:43, 17:49).
Anche in questo caso, il BASTONE nelle mani di Davide è probabilmente un cannone di legno, il cui colpo prese il nemico. I primi cannoni fatti di tronchi d'albero potevano essere chiamati BASTONI.
In Plutarco vediamo qualcosa di simile. Egli parla del BASTONE e del MANTELLO dello spartano Gilippo. È vero, attribuisce questi oggetti a Gilippo-Golia, invece di attribuirli al comandante ateniese, come avrebbe dovuto essere in un resoconto ordinato della battaglia di Kulikovo. Tuttavia, entrambi gli oggetti importanti sono qui menzionati. Probabilmente il “bastone di Gilippo” è il “bastone di Davide” e il “mantello di Gilippo” è la “fionda di Davide”. Forse le parole PRASHCHA (fionda) e PLASHCHA (mantello), sono state confuse per il motivo che la parola russa PRASHCHA (fionda), in questo caso POROKH (polvere), si trasforma in PLASHCHA durante la transizione R-L. Inoltre, gli antichi annali imperiali erano probabilmente scritti in slavo.
Il biblico Golia sorrideva sprezzante: "Vuoi tu, Davide, sconfiggermi con “bastoni” e “pietre”? Allo stesso modo, nella versione di Plutarco, gli Ateniesi chiesero a Filippo con una risata: un mantello spartano e un bastone possono davvero vincere una battaglia?
- Plutarco sottolinea che il mantello di Gilippo era logoro, cioè vecchio. Si dice che lo spartano Gilippo fosse vestito in modo molto semplice, senza ornamenti. Si dice che fosse avaro, risparmiava il denaro per i vestiti. Ma qui vengono subito in mente le parole della Bibbia in relazione a Davide. È riportato che, a differenza di Golia, Davide andò in battaglia vestito in modo molto semplice, senza armature lussuose. Possiamo notare che Plutarco ha confuso il Davide vestito in modo semplice, con Gilippo vestito in modo semplice (qui Golia). Al contrario, secondo la Bibbia, Golia era magnificamente armato e sontuosamente vestito. Quindi, nella versione “antica” greca, il motivo di Davide vestito in modo completamente semplice è stato trasferito da Davide a Gilippo-Golia.
- È molto curioso che Plutarco citi i TRECENTO Spartani, più forti di Gilippo = Golia, restituiti dagli Ateniesi agli Spartani. È opportuno ricordare la descrizione biblica della battaglia di Kulikovo sotto forma di battaglia di Gedeone contro i Madianiti. Ricordiamo che Gedeone si lasciò alle spalle solo TRECENTO guerrieri, che sconfissero con successo il nemico con l'aiuto delle “brocche di fuoco” (Giudici 7:9-22). Cioè con l'aiuto dei cannoni, vedi il nostro libro “La Roma dei Re nella regione tra i fiumi Oka e Volga”. Probabilmente, una vaga traccia di questa trama si è riflessa anche nelle pagine di Plutarco. Non a caso, egli annotò che i TRECENTO guerrieri erano PEGGIORI di GILIPPO = Golia. Proprio così. I trecento soldati Kulikovesi, armati di cannoni, sconfissero il nemico - i Madianiti, cioè sconfissero il gigante “Golia”. Così, in ogni caso, dice la Bibbia, cioè il Libro dei Giudici.
Conclusioni. Vediamo una buona corrispondenza tra il racconto di Plutarco e la storia della battaglia di Kulikovo.